Lucia Valentini Terrani (Padova, 29 agosto 1946 – Seattle, USA, 11 giugno 1998)
Toscanini disse un giorno a una cantante: “lei è una pecora e a me serve una leonessa”. L’uscita pesante del direttore, Allora, non era giustificato, ma ci aiuti a capire una verità assoluta, ossia che le pecore, in teatro sono destinate purtroppo al macello. Lucia Valentini, per fortuna appartiene alla razza Leonina. Lo dimostrò già nel 1972 quando vinse il concorso televisivo “voci nuove rossiniane” cimentandosi con sorprendente bravura nel “rondò” finale della Cenerentola. Forse, presentandosi alla prova finale, questa ragazza padovana dalla molle cadenza veneta ma dal carattere di ferro aveva una gran paura: a vederla, però, sembra tranquilla come una consumata primadonna. Il vero coraggio comunque la Valentini lo avrebbe dimostrato nel 1973. Si trattava di sostituire Teresa Berganza ammalata., il pubblico se aspettavo un’altra lezione di stile, un personaggio capace di entrare in quell’universo di magiche contraddizioni della musica rossiniana, dove il realismo si sposa con la più pazza fantasia. Bene, quella sera incomincia la vera carriera della Valentini. La chiamano ovunque: Cenerentola, Il barbiere di Siviglia, l’italiana in Algeri …Per qualche anno le opere del successo, per lei, non sono più di tre. Poi il repertorio si amplia: Massenet, Mahler, Brahms, Beethoven e altri. Scavando nelle tre partiture del sommo pesarese, Lucia si impadronisce del segreto cifrario del Belcanto. Impara a usare la voce come inutile arnese, come una chiave di finissimo intaglio per “entrare” nella musica. Sposata (nel 1973) a un attore, Alberto Terrani, la Valentini dice che per cantare bene bisogna vivere “giusto”.
Cosa significa questo “vivere giusto”?
“È non volere nulla di più di quanto si possa avere, e non pensare che fuori succede di tutto, è credere che a persona che ami è lì ad aspettarti, che ti ama, che ti aiuta. È pensare che stai bene e che perciò poi consacrarti alla musica. È soprattutto essere in ordine con se stessi.”
Dicono che lei è una perfezionista, che il suo senso del dovere rasenta lo scrupolo…
“Da piccola mi hanno insegnato che non si deve mai sbagliare. Così se commetto il più piccolo errore me ne dispiaccio Come fosse una cosa di morte. Se devo fare una pastasciutta sto tre ore in cucina a sudare sui fornelli: il sugo deve essere “giusto”! Magari poi viene troppo salato…”
Ha musicisti in famiglia?
“Oh, sì, un papà che cantava da baritono”.
È vero che sempre paura di raffreddarsi, che esce sempre imbacuccata?
“Sì, lo confesso. l’ultima volta che andai al cinema con mio marito erano le quattro di pomeriggio punto non c’era quasi nessuno e io scelsi gli ultimi due posti, scomodissimi, perché erano vicini a una colonna che secondo me mi avrebbe riparata dalle correnti. Poi siccome c’era un rumore che conosco e che mi terrorizza, il rumore dell’aria condizionata, non sono stata contenta finché non ho mandato mio marito a chiedere di spegnere il condizionatore. Mi hanno accontentata. Ero felice: ora si, mi dissi, posso gustarmi il film!”
Suo marito ha rinunciato quasi completamente alla carriera per seguire lei. Non pensa che potrebbe stancarsi?
“Se dovessi avvertire in Alberto il minimo segno di stanchezza sarei prima a dirgli di ritornare al teatro. Oggi, però, questo pericolo non c’è. Viviamo entrambi per il mio lavoro: marciamo insieme, come un esercito, decidiamo insieme ogni cosa “.
Quante ore studia al giorno?
“Non più di due ore, ma senza un attimo di sosta, in un’assoluta concentrazione…”
Quando entra in un salone dove c’è tanta gente che cosa prova?
“La prima sensazione è di soffocamento… Sedendomi in una poltrona o su un divano avevo l’abitudine di mettermi un cuscino in grembo, finché un giorno mio marito mi ha detto: “Ma smettila con questi cuscini… perché vuoi nasconderti?”… Ecco ho cominciato proprio quel giorno ad amare mio marito. All’età di dodici anni per sembrare più magra mi mettevo il soprabito blu anche in agosto. Oggi porto con disinvoltura i chili in più della cantante lirica.”
Che cosa non le piace nella vita?
“Odio il telefono. E poi odio il compromesso e poi non vivere in pace.”
Che cosa le piace?
“Amo la giustizia”.
Segue la moda?
“Sì e cerco sempre il rosa fra i colori, forse perché lo sognavo da ragazza. Cerco sempre l’abitino e le camicette che vanno bene alle magre!”
Dice di non avere amiche perché?
“Perché non mi credono vera, perché la gente non crede che non ho fatto nulla per avere successo, che sono andata avanti con le mie forze”.
Ha paura delle malattie, una paura nevrotica per intenderci?
“Si, provo a volte delle sensazioni di terrore…ma non temo la morte. Ho provato solo un grande dolore quando è morta mia suocera, mi voleva bene, diceva sempre: “Beata ti e la terra che te porta”. (Estratto da “Lucia Valentini. Ho paura del successo” – Roma, 1979)