6 intermedi in musica per la commedia di Girolama Borgagli. 1° “L’armonia delle sfere”, musiche di Antonio Archilei e Cristofano Malvezzi, testi di Giovanni de Bardi e Ottavio Rinuccini; 2° “La gara fra Muse e Pieridi”, musiche di Luca Marenzio, testi di Ottavio Rinuccini; 3° “Il combattimento pitico di Apollo”, musiche di Luca Manezio, testi di Ottavio Rinuccini; 4° “La regione de’demoni”, musiche di Giulio Caccini, Cristofano Malvezzi e Giovanni Bardi, testi di Giovan Battista Strozzi e Laura Lucchesini; 5° “Il canto di Arione” musiche di Cristofano Malvezzi e Jacopo Peri, testi di Ottavio Rinuccini e Giovanni Bardi; 6° “La discesa di Apollo e Bacco col Ritmo e l’Armonia” musiche di Cristofano Malvezzi ed Emilio de’ Cavalieri, testi di Ottavio Rinuccini. Orchestra Modo Antiquo, Federico Maria Sardelli (direttore), Coro Ricercare Ensemble e Compagnia Dramatodia, Alberto Allegrezza (maestro del coro), Rossana Bertini (I° soprano), Elena Bertuzzi (II° soprano), Candida Guida (contralto), Paolo Fanciullacci (tenore), Marco Scavazza (baritono), Marco Borgioni (basso), Bandierai degli Uffizi, Valentino Villa (regia), Gianluca Sbicca (costumi), Alessandro Tutini (luci), Marco Angelilli (movimenti coreografici). Firenze Giardini di Boboli, 16 – 18 giugno 2019. 1 DVD Dynamic
Il 1589 è un anno importante per le dinamiche interne e internazionali dello stato mediceo. Il matrimonio tra il nuovo Granduca Ferdinando I – che da poco aveva lasciato la porpora cardinalizia per la corona ducale – con Cristina di Lorena giungono a chiudere un periodo di gravi incertezze politiche e istituzionali. Il nuovo Duca era asceso al trono dopo l’imprevista e ancor oggi per molti aspetti inspiegata morte del fratello maggiore Francesco I e della seconda moglie la patrizia veneziana Bianca Cappellio, morte su cui da subito si addensarono sospetto di delitto rispetto al quale Ferdinando non sarebbe stato estraneo. Inoltre il matrimonio Cristina rafforza i rapporti di casa Medici con il mondo francese, rapporti che garantivano allo stato fiorentino un minimo di autonomia diplomatica in un’Italia quasi totalmente sovrastata dall’ombrello dell’influenza spagnola sancita con la pace di Cateau-Cambrésis del 1559.
Occasione quindi da festeggiare con il massimo spolvero come dimostrazione della ricchezza e del prestigio della casa medicea. Cuore dei festeggiamenti fu la rappresentazione della commedia “La pellegrina” scritta per l’occasione da Girolamo Bargagli della senese Accademia degli intronati e soprattutto i suoi Intermedi commissionati a Giovanni Bardi e al suo circolo di musici e poeti.
Bisogna al riguardo capire cosa fossero e quanta importanza avessero gli intermedi. Nati nella cultura umanista del Quattrocento come intermezzi musicali tra gli atti delle commedie classiche erano venuti ad ampliarsi a dismisura fino a prevalere sugli stessi testi in prosa. Composizioni sempre meno brevi e sempre più strutturate con ricchi organici orchestrali, solisti di canto e cori e illustrate da spettacolari apparati scenografici. Queste composizioni in cui il canto monodico si faceva sempre più protagonista rappresentano il brodo germinale da cui nascerà qualche anno dopo il vero e proprio melodramma ma rispetto ai primi esempio di quest’ultimo potevano vantare su una ricchezza strumentale e musicale impensabile nello stretto ambito della Camerata.
Le possibilità di spesa praticamente illimitate garantite dal diretto impegno economico del granduca permisero di fare le cose nel modo più sfarzoso possibile. L’orchestra era quanto di più ricco fosse pensabile al tempo, per le musiche si impegnarono i migliori musicisti della scena fiorentina del tempo: Giulio Caccini, Jacopo Peri Cristofano Malvezzi, Antonio Archilei, Luca Marenzio ed Emilio de Cavalieri mentre i versi furono commissionati a Giovanni Bardi, Ottavio Rinuccini, Giovan Battista Strozzi, Laura Lucchesini e Girolamo Bargagli. L’allestimento fu commissionato a Bernardo Buontalenti, la figura più emblematica del tardo manierismo fiorentino che in veste sia d’architetto che di scultore da poco aveva completato l’apparato monumentale del Giardino di Boboli – il grottino è del 1575 – e della villa di Pratolino con la monumentale statua dell’Appennino.
Allestire oggi un lavoro come questo è impresa non da poco e il Maggio Musicale nel 2018 ha fatto quanto possibile per far conoscere in una forma fruibile un titolo fondamentale ma oggi quasi irrappresentabile. Tolta la commedia il regista Valentino Villa ha immaginato una cornice – un matrimonio a richiamo del contesto di nascita – in cui integrare i sei intermezzi fra loro autonomi e accomunati solo dal richiamo al potere civilizzatore della musica metafora de buon governo mediceo. Allestito nei giardini di Boboli e in gran parte intorno alla grotta del Buontalenti quello cui si assiste è uno spettacolo itinerante con il pubblico che si sposta guidato da signiferi tra un luogo e l’altra della rappresentazione mentre l’assenza di una divisione netta tra pubblico ed esecutori evoca il complesso festoso. Chiaro il richiamo a certe esperienze ronconiane degli anni 70 e nell’insieme lo spettacolo funziona. Una radiocronaca trasmessa con altoparlanti collega le varie scene raccontando con ironia l’andamento del matrimonio in cui si fondono Rinascimento e contemporaneità. Due figuranti/ballerini interpretano la coppia ducale, altri la servitù impegnata, i cantanti indossano abiti sovraccarichi e coloratissimi che reinterpretano con gusto post moderno e quasi fumettistico una certa immagine dei costumi scenici barocchi e rappresentano ad un tempo i primi esecutori e gli ospiti di riguardo.
Le soluzioni registiche non sono sempre chiarissime – come i frequenti riferimenti a pratiche sportive – e il DVD non rende pienamente giustizia a una produzione che andava vissuta dall’interno e non certo guardata solo attraverso uno schermo.
La parte scenica ha dovuto far a meno di un allestimento più filologico – anche per questioni di costi – per quella musicale si è potuta offrire un’edizione quanto mai fedele. Il grande successo degli Intermedi portò a una edizione dettagliata a stampa già nel 1591 a cura dello stesso Malvezzi la quale garantisce una conoscenza quasi unica della realtà esecutiva del tempo.
Con pochi aggiustamenti dovuti al particolare contesto esecutivo Federico Maria Sardelli offre una lettura di estrema puntualità filologica e di assoluto senso stilistico. Sardelli opta per una direzione nitida e luminosa capace di evidenziare le complessità strutturali della partitura. Una cura per il dettaglio che non va mai a scapito del senso narrativo e teatrale mantenuto sempre attivo e presente così da garantire la costante attenzione degli spettatori.
La parte corale è particolarmente complessa con sezione che arriva ad essere organizzate in sette parti, per l’occasione si sono riunite le formazioni Coro Ricercare Ensamble e Compagnia Dramatodia che agiscono con perfetta comunione d’intenti fornendo una prestazione di altissimo livello.
Tra i solisti la più impegnata è Rosanna Bertini cui è affidato il grande monologo già quasi monteverdiano “Dalle più alte sfrere” in cui l’impeccabile senso stilistico e la bella presenza vocale compensano qualche imprecisione nel canto d’agilità. Elena Bertuzzi ha voce più leggera ma chiara e luminosa e canta con gusto le parti del secondo soprano, il timbro caldo e morbido di Candida Guida lega alla perfezione il terzetto delle voci femminili.
Tra gli uomini il più impegnato è Marco Scavazza cui è affidato l’intenso monologo di Arione del quinto Intermerdio affrontato con gusto e ottima linea vocale. Perfettamente funzionali al suo fianco il tenore Paolo Fanciullacci e il basso Mauro Borgioni.