Opera in quattro atti su libretto di Etienne de Jouy e Hippolyte Bis, con aggiunte di Armand Marrast e Adolphe Crémieux.
Prima rappresentazione: Parigi, Théâtre de l’Académie Royale de Musique, 3 agosto 1829.
Primi interpreti
Henri-Bernard Dabadie (Guillaume Tell)
Adolphe Nourrit (Arnold)
Laura Cinti-Damoreau (Mathilde)
Nicholas-Prosper Levasseur (Walther)
Charles Bonel (Melchtal)
Alexandre Prévost (Gessler)
Jean-Etienne Massol (Rodolphe)
Alexis Dupont (Pescatore)
Dalla straordinaria sinfonia all’estrema nota dell’ultimo atto passa per la musica di questa opera un potente soffio epico. Benché i librettisti abbiano fatto di tutto per rovinare la tragedia di Schiller, la novità del soggetto, la grandezza dei personaggi, l’aver ridotto le scene d’amore a episodi marginali portano in primo piano la lotta eroica di un popolo per la sua libertà (argomento questo che già aveva ispirato il musicista nel comporre l’Assedio di Corinto è il Mosè), hanno indirizzato la creatività di Rossini verso una meta nuova, che egli seppe pienamente raggiungere. L’opera è veramente “colossale” non tanto per la sua mole (dura complessivamente oltre le quattro ore, il primo atto da solo un’ora e tre quarti), ma per la grandiosità dell’idea creatrice. (…)
Accanto a Guglielmo e ad Arnoldo vi è un altro personaggio che, specialmente nel primo atto, assume un rilievo imponente: il popolo svizzero. Questo popolo lo vediamo dipinto nel primo e nel terzo atto nei suoi costumi pastorali, nei suoi ritmi religiosi, nelle sue danze nelle sue canzoni popolari. Nel secondo atto scendiamo nei suoi sentimenti patriottici, nella sua dignitosa fierezza, nel suo amore per la libertà. Nella musica che lo caratterizza passa la dolcezza soave dei pascoli, la solitudine alpestre e il rumore dei ruscelli che costituiscono il paesaggio in cui vive. Nel primo atto, in cui le azioni drammatiche appena accennata in qualche frase di Guglielmo e nel dialogo con Arnoldo, il popolo è in primo piano con i suoi solenni cori religiosi e pastorali irruenti o estatici, con le sue elegantissime danze corali. È un mondo nuovo, già annunciato nella sinfonia e che qui si spalanca con una larga e stupenda intuizione musicale. (…)
L’orchestra di Rossini in quest’opera ha superato quanto è stato fatto fino ad allora da lui stesso e dagli altri. È un’orchestra dei ritmi sempre dinamicamente vivi, ricca di colori, varia e dense nei disegni, e sempre imbevuta di quelli che sono i due fondamentali caratteri dell’Opera: Il pastorale e l’eroico. il sentimento della Natura, già profondamente espresso nella sinfonia, sostiene di colori freschi ed ariosi i cori pastorali e religiosi, dando vita anche descrizioni particolari, come quelli che caratterizzano i tre diversi popoli di Untervalden, Schwitz e Uri quando giungono al convegno, nel secondo atto. I colori dell’orchestra rossiniana si incupiscono nel furioso temporale dell’ultimo atto, per rischiararsi in una luminosa ed iridata luce di arcobaleno prewagneriano nel catartico finale dell’opera, in cui uno stesso motivo passando da uno strumento all’altro, animandosi nel ritmo, si eleva una sfera lirica che esce dal puramente umano innalzando a un altezza contemplativa universale.(Estratto da “Invito all’Opera” di Gino Roncaglia, Milano, 1949)