Festival di Salisburgo 2021. “Don Giovanni”

Salzburg Festival 2021
“DON GIOVANNI”
Melodramma giocoso in due atti su libretto di Lorenza da Ponte
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Don Giovanni DAVIDE LUCIANO
Il commendatore MIKA KARES
Donna Anna NADEZHDA PAVLOVA
Don Ottavio MICHAEL SPYERES
Donna Elvira FEDERICA LOMBARDI
Leporello VITO PRIANTE
Masetto DAVID STEFFENS
Zerlina ANNA LUCIA RICHTER
Orchestra e coro MusicAeterna
Direttore Teodor Currentzis
Maestro del coro Vitaly Polonsky
Regia, scene e costumi Romeo Castellucci
Luci Alessio Valmori
Salzburg, Grosses Festspielhaus, 26 luglio 2021 (diretta televisiva e streaming)
Spettacolo di punta dell’edizione 2021 del Festival di Salisburgo il nuovo “Don Giovanni” affidato alla “coppia terribile” Castellucci – Currentzis aveva tutte le caratteristiche per attirare l’attenzione del pubblico e degli appassionati di tutto il mondo.
La parte musicale nell’insieme non ha deluso le attese pur con tutte le perplessità che il gusto originale e personalissimo di Teodor Currentzis sempre suscita. Abbiamo già mostrato apprezzamento per l’aspetto direttoriale delle registrazioni mozartiane di MusiAeterna e gran parte dei tratti caratteristici di quelle si sono riconosciuti anche nella lettura di questa esecuzione. Bisogna subito togliersi il dente dolente della “manipolazione” orchestrale dei recitativi realizzato con effetti strumentali – ampio uso del pianoforte ad esempio – stilisticamente impropri e fuorvianti. C’è da  chiedersi quante di queste scelte siano state concordate con il regista trovando riflesso anche nella parte scenica. Per quanto riguarda le scelte direttoriali si inseriscono all’interno della tradizione romantica dell’opera mozartiana. Elementi di gusto – soprattutto di ritmica e agogica – risentono filologia attuale, Gardiner in primis, ma piegati a una visione complessiva della partitura atta ad esaltare  i momenti canonici della tradizione esecutiva romantica – l’ouverture, il terzetto delle maschere, la scena del cimitero e l’apparizione del Commendatore – gli stessi su cui si concentravano le esecuzioni “storiche” del passato.
La perfetta intesa tra il direttore e i suoi musicisti contribuisce ovviamente alla resa musicale complessiva. Nell’insieme  buona la compagnia di canto con presenze di livello. Michael Spyres è un Don Ottavio di primissimo piano. Voce ampia, ricca di armonici, finalmente non esangue, dizione nitida, acuti squillanti e ricchi di suono, controllo del fiato da manuale. Una prova maiuscola. Altro elemento di forza la Donna Elvira di Federica Lombardi. Mozartiana di classe adamantina e voce di rara dovizia, colonna di suono perfettamente controllata e timbricamente affascinante che domina la tessitura con facilità imbarazzante e accarezza con eleganza e musicalità la linea mozartiana.
Buono il protagonista Davide Luciano, forse ancora da centrate su alcuni aspetti espressivi ma vocalmente molto riuscito e interpretato con gusto ed eleganza. Vito Priante è un ottimo Leporello perfettamente centrato sia vocalmente sia interpretativamente. Mozartiano di grande esperienza sa giocare con le parole e i loro sottesi uniti a una linea vocale pulita e rifinita. Esangue invece la Donna Anna di  Nadezhda Pavlova, temperamento al calor bianco ma voce non sempre ben controllata e con più di un sentore di durezza e fissità del registro acuto. Mika Kares è un Commendatore vocalmente e imponente e più musicale del solito anche se la dizione italiana resta un po’ aliena. Un po’ anonimi il Masetto di David Steffens e la Zerlina di Anna Lucia Richter.
La regia di Romeo Castellucci – autore anche di scene e costumi – merita un’attenzione maggiore di quando di solito si riserva alla parte visiva. Castellucci parte da idee molto interessanti quali la natura demoniaca di Don Giovanni energia distruttrice e divorante capace di lasciare solo rovina al suo passaggio. Molto stimolanti anche quelle di rendere con grande forza l’ambiguità del rapporto con Leporello, figure quasi speculari, facce diverse di un’unica entica diabolica, o la dimensione tragica di Donna Anna trasformata in una sorta di Elettra divorata dalle Furie vendicatrici. Castellucci è uomo di cultura sterminata e lo spettacolo è ricco di suggestioni, di riferimenti, di rimandi. Il problema è che tutto questo diventa  autoreferenziale, una messa in scena di se stesso senza logica narrativa, di costruzione dei personaggi, in una sola  parola: anti teatrale nel modo più assoluto. Forse  non dovuta – come fin troppo spesso capita di vedere – da carenze tecniche, ma scelta come specifica cifra estetica e stilistica ma che lascia comunque perplessi.
Non mancano momenti di grandissimo impatto visivo: le luci calde e carezzevoli da tramonto mediterraneo durante il matrimonio dei contadini o l’innegabile bellezza pittorica del tableau vivant durante “Non mi dir” con Donna Anna eroina antica che canta la sua aria circondata da sacerdotesse velate fra lampi di fuochi sacrificali. Un momento di ritualità  sacrale ma estranea alla vicenda, più da “Norma” belliniana. Questi sono solo alcuni tra i tanti, troppi elementi di uno spettacolo che procede a fatica tra difficoltà di comprensione: il contadino Masetto sempre accompagnato da arnesi agricoli, il povero Don Ottavio costretto a cantare le sue arie prima vestito come Roald Amundsen al Polo portando a passeggio un barboncino. la seconda trasformato in una sorta di  Heinrich der Vogler in una sorta di “Lohengrin” iperstilizzato alla Wieland.
Palcoscenico sistematicamente invaso da figuranti che servono solo a disturbare, profluvio di nudi integrali ugualmente fastidiosi, non in quanto tali, ma perché impropri e inutili allo  spettacolo.
Castellucci si riscatta – bisogna riconoscerlo – nel finale.  Leporello e Don Giovanni, finalmente separati,  si scontrano con loro stessi – del Commendatore si sente solo la voce – punto di arrivo di una lacerazione interiore ormai insanabile. Il potere distruttivo del libertino non si esaurisce però con la sua morte, alla fine tutti colore che sono entrati a contatto con lui vengono distrutti, pietrificati, trasformati in esseri inorganici in cui è palese la citazione dei calchi pompeiani di Fiorelli.
Spettacolo contradditorio, a tratti autenticamente indisponente, ma non banale e nell’insieme da vedere (sul sito del canale televisivo europeo Arte).