Venezia, Palazzetto Bru Zane: Trii con pianoforte con il Trio Amatis

Venezia, Palazzetto Bru Zane, Festival “Tanti baci da Roma”: i compositori a Villa Medici nel XIX secolo
“TRII CON PIANOFORTE”
Trio Amatis
Violino Lea Hausmann
Violoncello Samuel Shepherd
Pianoforte Mengjie Han
Max d’Ollone: Trio avec piano en la mineur; Gabriel Pierné: Expansion op. 21, Romance sans paroles pour violoncelle et piano
Lili Boulanger:  Nocturne pour violon et piano; Claude Debussy: Trio avec piano en sol majeur
Venezia, 13 luglio 2021
Riguardo alle attività previste per i pensionanti di Villa Medici, nel corso dell’Ottocento e oltre, il regolamento dell’istituto promuove, a partire dal 1894, anche la produzione di musica da camera. Tra i generi più praticati dagli “eletti” romani vi è il trio con pianoforte, all’epoca molto in voga anche fuori dalla cerchia dei Prix de Rome, come attesta il relativo repertorio, non inferiore per qualità e quantità a quello del quartetto per archi. Se Max d’Ollone – Prix de Rome nel 1897 – compose tardivamente il suo unico trio, Debussy scrisse per  la stessa formazione intorno al 1880, mentre si trovava a Fiesole, dove si stava preparando al concorso. Anche Pierné e Lili Boulanger si cimentarono in questo genere, nel percorso di perfezionamento, relativo alla scrittura per archi e pianoforte, che compirono durante i rispettivi soggiorni romani, nel 1882 e nel 1913.
A condurci in questo territorio ancora abbastanza inesplorato, almeno per il grande pubblico, era un ensemble giovane quanto preparato, com’è d’abitudine al Palazzetto Bru Zane: il Trio Amatis, composto dalla violinista tedesca Lea Hausmann, dal violoncellista britannico Samuel Shepherd e dal pianista olandese di origini cinesi Mengjie Han, che lo fondarono ad Amsterdam nel 2014. Difficoltà tecniche, problemi riguardanti l’affiatamento o la qualità del suono o l’intonazione non esistono per questi più che promettenti musicisti, che hanno dominato, da cima a fondo, il programma della serata, con giovanile nonchalance, unita a sensibilità e maturità  interpretiva.
Un perfetto lavoro d’équipe si è apprezzato nel Trio con pianoforte in la minore di Max d’Ollone, in cui si coglie l’influenza di César Franck e della forma ciclica, oltre a quella di Camille Saint-Saëns e Gabriel Fauré: un aspetto abbastanza anacronistico per un lavoro composto nel 1920 e presentato al pubblico parigino il 15 gennaio 1921, in un momento cruciale, in cui la scrittura tonale veniva messa in discussione. I tre strumentisti si sono messi in luce – nell’insieme, ma anche singolarmente – nell’iniziale Allegro ma non troppo e ben deciso – con la sua caratteristica spinta ritmica, interrotta da episodi di una grazia discreta –, dove compare il tema principale, poi riproposto più volte nel resto del brano. Un’ottima prestazione, che si è confermata anche nei movimenti successivi: l’Adagio, aperto dal pianoforte, screziato di malinconia nelle lunghe melodie degli archi su un essenziale accompagnamento della tastiera; lo Scherzo nervoso; l’emozionante finale, un Presto traboccante di energia, con uno slancio che viene mantenuto fino alla fine.
Ad una fase in cui Gabriel Pierné cercava non tanto l’eleganza stilistica quanto il favore di un vasto pubblico risale Expansion op. 21, Romanza senza parole per violoncello e pianoforte – pubblicata nel 1887 o 1888 e presentata al pubblico a Digione il 17 luglio 1888 –, che può essere accostata alle pagine di musica da salotto, prodotte dal giovane compositore, durante il suo soggiorno a Villa Medici. Il violoncello di Samuel Shepherd si è fatto apprezzare in questo breve brano, dimostrando finezza interpretativa e, in particolare, una raffinata disposizione alla cantabilità.È sui banchi del Conservatorio che Nocturne per violino e pianoforte di Lili Boulanger vede la luce, nell’ottobre 1911. La partitura originale, intitolata semplicemente Pièce courte, prevede il flauto con accompagnamento di pianoforte, con chiaro riferimento all’universo debussiano, cui rimanda anche una citazione dal Prélude à l’aprèsmidi d’un faune, nella sezione finale. Peraltro tanto l’economia dei mezzi quanto la raffinatezza armonica fanno pensare a Gabriel Fauré. In occasione della pubblicazione presso Ricordi, avvenuta dopo la morte della compositrice nel 1919, la Pièce courte diventa Nocturne con la possibilità di sostituire al flauto il violino. E il violino di Lea Hausmann ha affrontato con sensibilità e bel suono la struggente melodia di Lili Boulanger, che parte, recando l’indicazione Assez lent – con l’accompagnamento di rapidi, tenui rintocchi del pianoforte, che si fanno via via più sonori –, e procede, sinuosa e pacata, verso un culmine, per poi affievolirsi fino a scomparire En s’éloignant.
All’autunno del 1880 risale la composizione del Trio con pianoforte in sol maggiore di Claude Debussy, realizzata quando il compositore era al servizio di Nadežda von Meck, la mecenate di Čajkovskij. È per lei che compone il lavoro e lo esegue nella residenza di villeggiatura della baronessa a Firenze. Per questo suo primo lavoro da camera – rimasto inedito fino al 1986 – il giovane compositore, appena diciottenne,  guarda a Franck, Delibes e Massenet, rivelando una sensibilità ancora romantica. Ma i passaggi modali, insieme alla leggerezza e alla trasparenza della scrittura, preludono già a quello che sarà l’universo musicale di Debussy.
Ancora un perfetto insieme ed espressivi interventi individuali si sono colti in questo trio: nel primo movimento, Andantino con moto allegro, aperto da una melodia esposta da ognuno dei tre strumenti; nel successivo Scherzo-Intermezzo, dove i solisti dialogano amabilmente fra di loro, passando poi a un motivo di danza; nel terzo movimento, Intermezzo. Andante espressivo, introdotto da aurorali arpeggi del pianoforte e concluso ancora dall’arpeggiare del pianoforte, tra raffinati suoni d’acqua e sofisticate ambientazioni armoniche, che Mengjie Han ha reso con il tocco più nitido e cristallino; nel travolgente Finale. Appassionato – uno spumeggiante rondò con un refrain più volte riproposto con energia –, in cui temi ed elaborazioni varie si rincorrono in una successione avvincente, con la frequente citazione di esperienze sonore passate. A fine serata, i tre solisti, salutati da fragorosi applausi, hanno concesso un fuoriprogramma: una trascrizione di Après un rêve di Fauré.