Napoli, Teatro di San Carlo: “Da Petipa a Nureev”

"IL LAGO DEI CIGNI" / "LA BELLA ADDORMENTATA" spettacolo di balletto da Il lago dei cigni e La bella addormentata di Pëtr Il'ič Čajkovskij a cura di Clotilde Vayer, Direttore del Balletto del Teatro di San Carlo Impianto scenico | Pasqualino Marino Costumi | Giusi Giustino Luci | Mario D'Angiò Video designer | Alessandro Papa Estratti da La Bella Addormentata di Pëtr Il'ič Čajkovskij, coreografia di Marius Petipa Atto II da Lago dei Cigni di Pëtr Il'ič Čajkovskij, coreografia di Rudolf Nureyev ripresa da Clotilde Vayer Balletto del Teatro di San Carlo Orchestra del Teatro di San Carlo diretta dal M° Maurizio Agostini - Musiche registrate

Napoli, Teatro di San Carlo, Regione Lirica / Stagione estiva 2021
Da Petipa a Nureev
“LA BELLA ADDORMENTATA”
Suite dal I e III atto
Aurora ANNA CHIARA AMIRANTE
Principessa Florine CLAUDIA D’ANTONIO
Uccello Azzurro CARLO DE MARTINO
Gatti CANDIDA SORRENTINO, GIANLUCA NUNZIATA
“IL LAGO DEI CIGNI”
Suite dal II atto
Odette LUISA IELUZZ
Siegfried DANILO NOTARO
Rothbart MARCELLO PEPE
Direttrice del Corpo di Ballo Clotilde Vayer
Corpo di Ballo del Teatro di San Carlo
Orchestra del Teatro di San Carlo
diretta dal M° Maurizio Agostini – Musiche registrate
Costumi Giusy Giustino
Napoli, 9 luglio 2021
La stagione estiva post-Covid del San Carlo apre la danza al pubblico con i classici intramontabili del programma pensato e curato dalla neo-direttrice Clotilde Vayer, già vice direttrice del Corpo di Ballo dell’Opéra di Parigi
ed enfant prodige che già a quindici anni riceveva uno speciale permesso dal Ministero della Cultura per poter lavorare nel corpo di ballo francese.

I classici, si sa, non tramontano mai e ancor più nella danza sono un porto sicuro per il pubblico, ma restano banco di prova più insidioso per il corpo di ballo tutto.
Dedicato alla memoria di Carla Fracci, Da Petipa a Nureev è il percorso tracciato da Vayer per il San Carlo di Napoli, che ha debuttato il 4 luglio a Piazza del Plebiscito, per poi proseguire al Massimo dal 9 all’11. Come  ha spiegato la Direttrice stessa, la scelta di dedicare la stagione estiva 2021 a due capisaldi della storia del balletto classico ha una motivazione ben precisa: Marius Petipa, il cui stile e la cui struttura dei balletti a serata intera ha segnato un’epoca e dato nuovo volto alla danza della seconda metà dell’Ottocento e i cui riallestimenti ancora oggi sono in debito con il suo genio, e Rudolph Nureyev, che ha incarnato il nuovo modo di danzare del Novecento maschile e ha ridato vita al repertorio russo importandolo in Europa con la sua mediazione innovativa ma saldamente ancorata a una tradizione forte ma bisognosa di rinnovarsi per continuare a vivere. Due poli all’interno dei quali il balletto classico ha sviluppato la propria complessa identità. Coreografie create dal grande Marsigliese e che da Nureyev sono state rilette, oltre che interpretate col merito non comune di aver conferito ai personaggi maschili uno spessore che non si vedeva più in scena da oltre un secolo e mezzo e che hanno portato sulle scene di tutto il mondo quei risvolti più interiori dei che mancavano al classicismo estetizzante di Petipa. Una lettura che ‘veste’ al meglio la preziosa musica di Ĉjajkovskij, ricca di turbamenti e di rimandi interni, architettura imponente per il successo delle coreografie originali e posteriori.Prima parte, una suite da La bella addormentata in cui sono stati fusi alcuni momenti del I atto (Entrée di Aurore, Adagio della Rosa) e del III atto (Pas del gatto con gli stivali e Uccello azzurro): fatta eccezione per l’inizio assoluto dello spettacolo, che avrebbe meritato una introduzione musicale che conducesse con garbo e pertinenza il pubblico dalla vita quotidiana all’atmosfera del balletto (invece del secco battere di bastone del cerimoniere di corte…) e della conclusione alquanto povera (almeno un ensemble di pochi minuti sarebbe stato opportuno per chiudere il quadro) i solisti hanno portato in scena un ottimo lavoro. Anna Chiara Amirante, raffinata Aurora, sia pure non sempre impeccabile in tuti i passaggi (diagonale finale prima della tripla promenade en attutude), ma capace di una tecnica di qualità e non ostentata, di port debras molto elganti e fluidità nelle legature dei singoli passi come non si vede spesso. Claudia D’Antonio, sempre brillante e sicura in scena, è stata un Principessa Florine radiosa ed espressiva. Prestazione più che positiva anche per Carlo de Martino, che emerge però maggiormente nei ruoli di carattere.
Poco partecipativo il pubblico: persa l’abitudine allo spettacolo dal vivo a causa della reclusione di quest’ultimo anno? È probabile, perché a fine seconda parte gli applausi sono scrosciati e si è compreso che non ci si trovava più davanti a un monitor a guardare spettacoli surrogati, che niente hanno a che vedere con la spazialità reale di cui la danza ha assoluto bisogno.
La seconda parte dello spettacolo, tutta dedicata al II atto de Il Lago dei Cigni, ha dunque risvegliato il pubblico grazie innanzitutto alla presenza delle masse (sia pure numericamente ancora minime) e alla loro convincente precisione e sensibilità d’insieme: probabilmente il migliore lavoro di gruppo degli ultimi dieci anni al San Carlo in un titolo che non perdona. Clotilde Vayer ha saputo disciplinare al meglio il lavoro del corpo di ballo, per cui non si è assistito all’esibizione di tanti ‘solisti’, ma finalmente a un insieme che è stato corpo unico, unica mente pensante per quello che deve essere l’ensemble danzante, nella gerarchia dei ruoli del così poco democratico balletto classico. Ottimo lavoro, dunque, sia sui solisti che sulle masse. La Odette di Luisa Ieluzzi è apparsa convincente e personale, femminile e sognante allo stesso tempo, più fatta di carne che di ‘piume’, e questo non dispiace perché nella notte del suo incontro col principe Odette è donna, non certo spirito né animale. Le sue linee naturali le permettono facile presa sul pubblico, ma devono ancora maturare alcuni passaggi (diagonale finale del solo) e la concentrazione nei momenti cruciali (prima entrata di Odette). In ogni caso si registra una notevole crescita. Ottima, infine, la prestazione di Danilo Notaro nel ruolo del principe Siegfried: pulitissimo, giusto nella gestione del peso in passaggi di estrema difficoltà come il manège di entrelachés cerato da Nureyev dopo l’Adagio maschile, altrettanto gestito con classe e pulizia. Unico neo, una sorta di ‘trasformazione’ al momento del duo di lotta con Rothbart (interpretato da Marcello Pepe, in vero somigliante più a un buffo comico che a una figura stregonesca e rapace): troppo languido e tendente a linee poco maschili nel corpo a corpo col mago. Ottimo, in ogni caso, anche il suo lavoro come porteur. La scuola italiana di Anna Razzi, che ha formato questi ragazzi (e purtroppo loro sono alcuni degli ultimi esiti), è emersa in tutta la sua forza sia negli elementi femminili che maschili. Splendidi i costumi di Giusy Giustino. Applausi scroscianti al termine. Peccato la mancanza dell’orchestra dal vivo: la registrazione (della stessa orchestra del San Carlo diretta dal M° Maurizio Agostini) è risultata così bassa da far emergere tutto il rumore generato dal caplestio delle scarpette da punta e la bassa qualità dell’audio (purtroppo una costante quando non è presente l’orchestra) si scontra con l’alta qualità che un allestimento al San Carlo dovrebbe avere in ogni particolare.
Il bilancio complessivo dello spettacolo è tuttavia molto positivo, la gestione dei danzatori ottima e in crescita. Vedere pochi elementi in scena, soprattutto nella prima parte (le regole anticovid, si sa, hanno influito molto in merito, ma a Napoli è storia vecchia quella dell’organico…), fa comunque male. La danza a Napoli ha bisogno di un organico più che raddoppiato, com’è per gli altri due Lirici che possono vantare un corpo di ballo. Dall’andamento delle reazioni del pubblico, è stato palese il coinvolgimento maggiore nella sezione in cui le masse sono state più imponenti. Ci auguriamo che, in un Corpo di ballo con pochissimi elementi stabili e giovani che danzano ormai da tempo ruoli da primi ballerini (Amirante, D’Antonio, Notaro, Manzo sono ufficialmente ancora tersicorei di fila!) ricevano sul campo la giusta promozione. Non esistono al momento né étoiles né primi ballerini in organico e questo non è né opportuno né gratificante, ma soprattutto non è più auspicabile. (foto Luciano Romano)