Festival Bolzano Danza 2021: Olivier Dubois, “Oggi un cigno è morto”

 

Festival Bolzano Danza 2021, Teatro Comunale
“SWAN BLAST”
Coreografia e interpretazione: Olivier Dubois
Voce: Nicola Manzoni
Prima assoluta
“COME OUT”
Coreografia e scenografia: Olivier Dubois
Musica: Steve Reich “Come Out” con arrangiamenti di Olivier Dubois e François Caffenne
Danzatori: CCN-Ballet de Lorraine
Luci: Emmanuel Gary
Collaboratore artistico: Cyril Accorsi
Costumi: Olivier Dubois, Martine Augsbourger e l’atelier costumi del CCN – Ballet de Lorraine.

Interpreti: Esther Bachs Viñuela, Amandine Biancherin, Angela Falk, Inès Hadj-Rabah, Margaux Laurence, Laure Lescoffy, Valérie Ly-Cuong, Emilie Meeus, Elsa Raymond, Céline Schoefs, Jonathan Archambault, Alexis Bourbeau, Charles Dalerci, Flavien Esmieu, Nathan Gracia, Léo Gras, Tristan Ihne, Matéo Lagière, Afonso Massano, Rémi Richaud, Willem-Jan Sas.
Prima Nazionale
Bolzano, 20 luglio 2021
Olivier Dubois è la garanzia che appaga pienamente l’esigenza di godere di ciò che può offrire la danza contemporanea. Su questo non abbiamo più dubbi: che si esibisca da solo, o che lo faccia in qualità di coreografo, dimostra di essere un artista intelligente, curioso e meticoloso, che sa mettersi in gioco con autoironia e sa mettere in scena, come solo lui, quelle coreografie costruite sulla coesistenza musico-gestuale, per cui la musica supporta l’impianto coreografico e i movimenti, ripetuti come il refrain del sonoro, accompagnano le variazioni di senso. Quello che fa il coreografo francese è bello nel suo insieme, perché l’arte deve saper esaltare ciò che noi percepiamo con i sensi e ci fa provare emozioni e non quello che riusciamo a capire, o crediamo di capire, con il ragionamento. Dubois è amato dal Festival Danza Bolzano e dai suoi fedelissimi spettatori, tanto che gli sono completamente dedicate ben due giornate festivaliere, che lo vedono danzatore, con un assolo (Swan Blast) e un duetto (Prêt à baiser), mentre Come Out è interpretato dalla CCN –  Ballet de Lorraine. Il primo gli è stato commissionato da Bolzano Danza, giunto alla sua 37sima edizione, quest’anno con un programma, ricco e vario, quanto prezioso per la dedica all’archetipo Swan (Cigno) che ha con sé quel destino che porta dritto al mito: l’essere emblema, già del nuovo balletto russo, della rinascita (post pandemia da Covid-19) grazie alle reinterpretazioni (leggi rivisitazioni molto personali) delle migliori compagnie di danza de “La morte del cigno” (e di altre sue variazioni a tema), il celeberrimo assolo di Fokine per Anna Pavlova (1907). Il cigno di Dubois è l’anima del grande uccello bianco che viene riportata in vita dal corpo che giace a terra morto: un costume davvero poco soave e leggero, anzi quasi da brutto anatroccolo. Il contrasto è forte: lì, l’immagine della leggerezza del ballo sulle punte dei piedi e del movimento lento delle braccia e delle mani morbide al cielo, qui quella della pesantezza del corpo rotondo del ballerino che si muove sulle diagonali coi movimenti delle gambe e delle braccia, repentini, ripetuti e sgraziati. “Cerco di lottare a modo mio contro il regime della variazione per il profitto della coerenza”, “sono una forza del passato”, così legge in scena dal copione Nicola Manzoni (interprete di Prêt à baiser con Dubois), mentre l’anima del cigno è ripiegata su se stessa ansimante. Termina così il breve assolo: il “cigno che esplode” in realtà viene ammazzato da un colpo unico di pistola. Una morte che lo libera dalla livrea piumata per donargli eterna vita, quella che vola alta nell’immaginario di ognuno; lì dove il pensiero si finge di essere in grado di dar prova di incommensurabile bravura.
Infatti è in Come Out, in prima nazionale, che Dubois offre un balletto magistrale meritando di occupare un posto tra i coreografi più bravi al mondo. Intendiamo dire che già con  Tragédie (Bolzano Danza, 2013) ci aveva piacevolmente spiazzato, non tanto per la peculiarità del balletto in sé, quanto per la maniacale ricerca estetica che si fa manierismo. Già da quel balletto si era capito che il suo ballerino è parte di un sistema ben congegnato di movimenti distribuiti sullo spazio scenico e qui, all’opposto di Tragédie, dove è in costante movimento (completamente nudo), è fermo e muove la parte superiore del corpo (in costume aderente color pelle), prima in modo composto e sobrio, poi scomposto e frenetico. Come in Tragédie, la colonna sonora, sempre dell’amico François Caffenne, e le luci di Emmanuel Gary scardinano l’ortogonalità dei piani quando evidenziano il cambio di orientamento dei movimenti o lo scomporsi e il ricomporsi del gruppo di danzatori, e vi si evince intesa e complementarietà che ci arrivano in modo subliminale come stimolo al di sotto del livello di coscienza, ché ciò a cui assistiamo quasi ci ipnotizza e ci ossessiona. Il sipario apre dopo il loop infinito del compositore americano Steve Reich (1966) “I had to, like, open the bruise up, and let some of the bruise blood come out to show them. Come out to show them” (Ho dovuto, tipo, aprire il livido e lasciare che un po’ del sangue del livido uscisse per mostrarli. Vieni fuori a mostrarglieli) a cui, nel corso del balletto, Caffenne toglie l’eco e incupisce con effetti tecno che richiamano i brani da “You’Ve Come A Long Way Baby” dei Fat Boy Slim. Come Out è anche una gran prova di concentrazione e resistenza da parte dei 20 giovani ballerini della compagnia della Lorena perennemente in scena, ognuno con il compito di eseguire dei movimenti sul posto e non, comunque in sincrono (anche con la musica) per posizioni simmetriche e speculari. Il pensiero è che ci sia qualcuno dietro le quinte a indicare loro il momento esatto dei cambi, quasi dovessero seguire una partitura o una matrice di un rullo sonoro. Proprio questo saggio di bravura nel non cadere in qualche sbavatura o asincronia ha meritato loro un lungo applauso con richiamo a sipario chiuso. Pura danza, puro piacere intellettivo, questo è Dubois. Foto di Andrea Macchia / Bolzano Danza