Venezia, Palazzetto Bru Zane, Festival “Tanti baci da Roma: i compositori a Villa Medici nel XIX secolo”
“DA PARIGI A ROMA”
Soprano Olivia Doray
Pianoforte Marine Thoreau La Salle
In programma musiche di Charles Gounod, Jules Massenet, Lucien Hillemacher, Gabriel Pierné, Claude Debussy, Henri Rabaud.
Venezia, 15 giugno 2021
Ancora una volta il Palazzetto Bru Zane di Venezia è riuscito a suscitare l’interesse e il plauso del suo pubblico con un programma, che indaga una certa produzione di musicisti francesi dell’Ottocento, noti o meno noti, vincitori del Prix de Rome: composizioni, che non rientrano tra i compiti “canonici” dei pensionanti a Villa Medici, cui sostanzialmente è richiesto di dimostrare, nei loro lavori, il grado di assimilazione dei principi del contrappunto e della fuga. A questo scopo didattico è finalizzata la stessa prova preliminare – prevista per i giovani musicisti, aspiranti al mitico soggiorno romano –, consistente nella composizione, nel chiuso di una stanzetta, di una cantata su libretto dato, nella quale, peraltro, la padronanza tecnica deve già accompagnarsi ad altre doti importanti, per ottenere il favore della giuria, formata da membri dell’Académie des Beaux-Arts dell’Institut de France. A giudicare le cantate non sono, infatti, solo musicisti, ma anche esperti delle altre discipline artistiche, che sono sensibili a mezzi diversi rispetto alla scienza del contrappunto. Inoltre, dopo la consacrazione della vittoria, la carriera del giovane compositore resta ancora da costruire: l’approvazione accademica non consente di vivere della propria arte, occorre andare alla conquista del pubblico e dei salotti. Già durante il periodo romano, i pensionanti si impegnano, così, a sfornare lavori conformi alle esigenze commerciali degli editori musicali: pezzi brevi per pianoforte o mélodies, nella speranza, tra l’altro, di ottenere la commissione di un’opera lirica da parte dei teatri parigini. Il programma di questa intrigante serata riguarda proprio questi “invii” non ufficiali, vietati dai regolamenti di Villa Medici. Fondamentale, per la riuscita del concerto, è stato l’apporto delle due soliste: il soprano Olivia Doray e la pianista Marine Thoreau La Salle, entrambe affermatissime a livello internazionale e appassionate del repertorio lirico francese. Voce importante, dal timbro chiaro ma corposo, Olivia Doray ha dimostrato temperamento e passione, senza tralasciare la finezza espressiva, attraverso una vocalità schietta e generosa, che non ha fatto mai ricorso a soluzioni sdolcinate o troppo caricate.
Lo si è apprezzato nei brani di Gounod: “Où voulez-vous aller?” (versi di Théophile Gautier) – aria bipartita, che si basa su formule musicali ben ritmate con l’accompagnamento incalzante del pianoforte, resa dalla Doray in tono suadente e scanzonato – dove si invita una fanciulla ad assaporare la magia di un viaggio in terre esotiche su un fatato naviglio; e Le Soir (poesia di Alphonse de Lamartine), che ci ha immerso nelle tristi meditazioni notturne del poeta, che ricorda l’amata Elvire, in un paesaggio illuminato dalla luna, con il pianoforte a tratti protagonista. Il giusto accento – complice anche Marine Thoreau La Salle sempre precisa ed espressiva – si è colto anche in Poème du souvenir di Jules Massenet (versi di Armand Silvestre), dove dominano ancora la natura – misteriosa –, la sera, la notte, nel mesto ricordo della cara estinta; e in Fingal: Prélude et air de Comalha di Lucien Hillemacher (testo di Charles Darcours) – con Comalha che attende il ritorno dell’amato Fingal –, in cui il soprano ha saputo rendere con finezza interpretativa il passaggio dalla serenità dopo la battaglia alla trepida attesa. Ancora un natura incantata fa da sfondo all’estasi amorosa, al languore dei sensi in “C’est l’extase langoureuse” di Claude Debussy (poesia di Paul Verlaine), dalle fascinose le armonie, a rendere il clima mollemente estenuato, mentre di nuovo il compianto per un defunto, il figlio Azaël, si è colto ne L’Enfant prodigue: Prélude et air de Lia, sempre di Debussy (testo di Édouard Guinand) – dove la madre, affranta, si confessa indifferente al volgere delle stagioni e rattristata dai giochi dei fanciulli –, con Olivia Doray particolarmente drammatica nel recitativo e più sfumata nell’aria, dove la disperazione per la perdita di Azaël si scontra col vagheggiamento della campagna serena. La purezza della natura si contrappone al tormento di Dafne, offesa dall’ardire di un mortale, che la insegue, spinto dal desiderio di possederla, in Daphné: Introduction et air de Daphné di Henri Rabaud (libretto di Charles Raffalli), nella cui introduzione il pianoforte ci ha immerso nella concitazione della fuga, mentre nell’aria la cantante, dapprima ansimante, si è poi sciolta nella fervida invocazione al fiume che l’ha generata. Più lieve il clima – almeno almeno nella parte iniziale – in Le Moulin di Gabriel Pierné (versi di Édouard Guinand), dove all’idea di gioia e di ricchezza, suscitata dal diurno rapido girare del mulino – reso dal pianoforte con piglio concitato, quasi meccanico – si contrappone, sul far della sera, il suo evocare da lontano un fantasma. Sensibile ed espressiva la Thoreau La Salle anche nei pezzi per pianoforte solo: La Veneziana di Gounod e Barcarolle di Massenet – entrambe calme e venate di tristezza –, nonché Romance sans paroles di Gabriel Pierné, una melodia piena di pathos, che si lega intimamente all’armonia. Successo pieno, premiato da un bis: l’appassionata “Ouvre ton coeur” di Georges Bizet.