Coloratura!(2)

Abbiamo parlato della coloratura in Mozart,  in particolare nel “Singspiel”. Un altro grande maestro del canto d’agilità è  Gioachino Rossini. Sul problema dei rapporti tra Rossini e il belcanto si è scritto molto e non sempre con precisione. Si è affermato che il compositore non voleva che cantanti non si inventassero gli abbellimenti e, per questa ragione, li scriveva lui direttamente. Siamo invece fautori di una teoria esattamente opposta, cioè che Rossini era un nostalgico dell’epoca d’oro del belcanto italiano. Accorgendosi che questo glorioso stile  stava tramontando, scriveva quello che i suoi predecessori ormai non scrivevano più.  I  cantanti realizzavano, improvvisavano le agilità, in particolare nella scuola napoletana.  Rossini, invece, le scriveva perché si rende conto che si stava per chiudere l’epoca in cui il cantante era coautore  nella realizzazione di un’opera e che la  poteva tutte le sere trasformare, grazie a questo apporto creativo e geniale. È inutile indagare su tutti gli aspetti del canto di coloratura rossiniano. Fermiamoci anche qui sui personaggi femminili punto partiamo da Armida il personaggio inventato da Torquato Tasso nella “Gerusalemme liberata” e che racchiude tutta la seduzione, la sensualità dell’epoca controriformistica. Il  teatro musicale ha amato questo personaggio e, tutte le volte che compare, anche nel caso di Gluck, che ha “ripudiato” il belcanto, Armida si riveste di coloratura, perché la seduzione ha sempre dei richiami musicali, si riveste di musica. Questo lo aveva capito anche Torquato Tasso. Nel canto XVI, presentando il  Giardino Incantato, di delizie e di seduzione di Armida, scrive:
“Vezzosi augelli infra le verdi fronde
Temprano a prova lascivette note.
Mormora l’aura, e fa le foglie e l’onde
Garrir, che variamente ella percote:
Quando taccion gli augelli, alto risponde;
Quando cantan gli augei, più lieve scote:
Sia caso od arte, or accompagna ed ora
Alterna i versi lor la musica ora…. “
Ques’t’aura musicale di cui è circondata Armida, rivive in Rossini, nel punto culminante belcantistico, cioè nella famosa aria “D’amor al dolce impero”.
Da Armida a Semiramide: opera della restaurazione, reazionaria, la partitura in cui Rossini tentava di restaurare l’Opera seria del secolo che lo precedente portandola alla perfezione, senza grandi aperture verso Romanticismo. Questo è forse il Rossini più autentico quello che difende i valori della civiltà del passato e aveva paura delle innovazioni. Semiramide differisce da Armida; è un’altra apparizione femminile. Mentre Armida è la donna “pura seduzione”, Semiramide è la donna-sovrana, che  è anche la donna-madre. La  sua cavatina d’esordio: “Bel raggio lusinghier” ce la mostra  circondata da “seduzioni”,  non sono solo canore ma anche sceniche: siamo nei giardini pensili di Babilonia e la regina  ci appare in tutto il suo fulgore vocale e scenico. La donna-madre e anche la donna-amante secondo quello che è la cripto-vicenda di quest’opera.
Punto controverso degli esegeti di Rossini è quello del finale lieto. In realtà non esiste, così come non esiste il finale tragico. Esiste invece quello belcantistico, che è una cosa molto diversa. Al termine dell’opera Rossini, non suggella mai la vicenda ma realizza una fuga verso l’astrazione:  il finale con l’esplosione della voce umana. In tal senso si può affermare  che i finali delle opere serie non differiscono affatto da quelli delle opere buffe. C’è una concordanza fra il finale della Cenerentola in cui la protagonista sale al trono, con quello,  ad esempio, de La donna del lago in cui Elena si vede circondata dai suoi “affetti”. La vicenda si arresta su questo “tableau” trionfale. Quello de La donna del lago è forse quello più seducente dal punto di vista della morbidezza vocale,  soprattutto non è necessario che le esplosioni di coloratura dei finali rossiniani  sia meccanico, anzi, tanto più l’astrazione di Rossini a modo di farsi valere quanto più la cantante ha nel suo arco le possibilità patetiche.
Naturalmente la coloratura non appartiene solo al soprano. anzi, nelle opere di Rossini è collegata a tutti i tipi di vocalità,  in particolare appartiene poi all’eroe maschile che il compositore affida alla voce di contralto (Tancredi, Malcom, Arsace…). Esistono dei momenti chiave strutturalmente parlando dell’Opera che sono i duetti tra il soprano il contralto. In genere sono duetti tra  innamorati, nel caso di Semiramide,  tra madre e figlio, ma con quello il rapporto erotico, ambiguo, che è sotteso alla vicenda come abbiamo già fatto cenno. Momento “clou” di Semiramide, è il grande duetto del secondo atto. (Fine seconda parte)