Torino, Auditorium “G.Agnelli”: Concerto dell’orchestra “Les Dissonances”

Torino, Auditorium Giovanni Agnelli, Stagione Lingotto Musica
Orchestra “Les Dissonaces”
Violino David Grimal
Violoncello Mario Brunello
Pianoforte Lucas Debargue
Ludwig van Beethoven: Triplo concerto per pianoforte, violino e violoncello in Do maggiore op 56, Sinfonia n. 4 in si bemolle maggiore op. 60
Torino, 21 maggio 2021
Per la rassegna Lingotto Musica, il 21 Maggio, un Beethoven “raro”, eseguito da un gruppo francese pochissimo conosciuto, almeno in Italia, Les Dissonances. Il gruppo, nato nel 2004, come Quartetto d’archi di ugual nome ( n omaggio a Mozart per il K465, oppure le mani avanti in caso di svarioni?) ad opera del violinista David Grimal, si è sviluppato in un’orchestra con una quarantina di membri. Grimal, imbracciando il suo Stradivari “ex Roederer” , ne è il leader nelle funzioni di direttore e di violino di spalla.
Come si legge sul programma di sala, si sono esibiti ovunque in Europa, tranne che in Italia, con eccelsi direttori e con solisti di grande prestigio. Grazie a Lingotto Musica di averli portati all’Auditorium Agnelli di Torino dove hanno avuto una buonissima accoglienza ed ugual apprezzamento al termine della serata, pur se impediti dai noti vincoli temporali ad attardarsi con fuori programma.
Rarissima, e non se ne comprende la ragione, l’esecuzione del beethoveniano Triplo concerto in Do Maggiore op.56.
Un Beethoven sereno, amichevole e fors’anche affettuoso, come assai di rado avviene col musicista di Bonn. Nell’Allegro iniziale i temi sono accattivanti e svolti “con mano libera”, senza affanni. Il Largo che segue conquista con il formidabile lirismo che il violoncello infonde fin dalle prime battute. Più tradizionale e “tirato via” il Rondò alla polacca, che chiude l’opera.
Tra i solisti è preminente la parte del violoncello, un virtuoso di fama ai tempi (1804) della creazione. Qui Mario Brunello col suo secentesco Maggini non ne ha certamente demeritato. Rimane impresso il tenero galleggiare del violoncello, sugli echi lontani di corni e legni, all’inizio della melopea del Largo.
Lucas Debargues, giovane (è del 1990) astro francese del pianoforte, Cajkovskij e svariate incisioni di cd, ha il compito di emergere da una troppo facile parte, che Beethoven scrisse per omaggiare l’arciduca Rodolfo, tanto amico quanto mediocre pianista. Ne esce bene con un suono che corre e di ottima qualità. Anche il fraseggio, per quanto si possa cogliere nei brevi interventi solistici, è vivace e convincente. Speriamo che questa occasione invogli gli organizzatori ad un invito per una esibizione da solista.
Lo Stradivari di David Grimal non si perde una nota del virtuosismo richiesto, ancorché non stratosferico. La bellezza e l’espansione del suono fanno il resto: col violoncello di Brunello, un co-protagonista che non demerita.
La direzione suscita le perplessità che sempre si hanno quando lo strumentista solista stringe, se pur metaforicamente, la bacchetta del direttore. Nel nostro concerto, nonostante alcuni attacchi ruvidi e una conduzione del fraseggio irrigidita dall’eccessivo affidarsi alla regolarità del ritmo, la lunga consuetudine con l’orchestra consente a Grimal un apprezzabile risultato,
La qualità degli strumentisti è eccellente ed è confermata dall’ascolto della successiva e ben più impegnativa esecuzione della: Sinfonia n.4 Si bemolle maggiore op.60.
Questo pezzo è di meno raro ascolto del Triplo concerto ma certamente non paragonabile a quello delle consorelle. Con la n.8, anch’essa rarità in programmazione, detiene il primato di brevità, circa 25 minuti. Si rimane nel clima del pezzo precedente, anche la quarta è lirica, serena e, a tratti, giocosa e gioiosa. Un Beethoven, pacificato con la vita, che ci aiuta a pensare ad altro. Affascinante e colorata l’orchestra francese in questa circostanza. Vienna e Berlino, con le loro masse formidabili e compatte, sono, in tutti i sensi, lontane. Qui, su un tappeto vibrante di archi, emergono con appropriata personalità le voci dei legni, degli ottoni e dei timpani. L’orchestra si colora in modo inconsueto di timbri affascinanti: una tavolozza inusitata che trapunta di fiori una natura amica.
Come sono polietnici gli orchestrali così il suono dei loro strumenti è caratterizzato, ma l’unità e l’armonia viene raggiunta da una concertazione accurata e sicuramente non frettolosa. Il fraseggio è molto più libero e sinuoso rispetto al brano d’inizio, la melodia e il canto si dispiegano con libertà e piacevolezza. Il pubblico ha gratificato con molti applausi le esecuzioni. Grimal, con visibile commozione, nel ringraziare ha manifestato la propria emozione per essere ritornati a suonare dopo un lungo periodi di fermata, per averlo fatto in Italia, a Torino, per la prima volta; ha promesso che ritorneranno. Foto Juzzolo