Torino, Auditorium Giovanni Agnelli
Accademia Bizantina
Direttore al clavicembalo Ottavio Dantone
Violino, viola d’amore Alessandro Tampieri
Violini I Lisa Ferguson, Valentina Giusti
Violini II Ana Liz Ojeda, Mauro Massa, Heriberto Delgado
Viole Marco Massera, Alice Bisanti
Violoncelli Emmanuel Jacques, Paolo Ballanti
Violone Nicola Dal Maso
Liuto Tiziano Bagnati
Antonio Vivaldi: Concerti per archi e basso continuo RV 146, 161, 167, 138; Concerti per viola d‘amore e basso continuo RV 397, 394; Concerto per violino e basso continuo RV273
Torino, 10 maggio 2021
Ligi alle odierne liturgie, imposte da cautela, timore ed incertezza, siamo tornati, in pochissimi, a dire il vero, in sala da concerto; e, finalmente, abbiamo risentito il suono genuino di strumenti non più adulterati dalle diavolerie dello streaming. Per Lingotto Musica, hanno suonato gli 11 costituenti l’Accademia Bizantina, guidati al cembalo da Ottavio Dantone, con Alessandro Tampieri primo arco e solista di Violino e di Viola d’amore. Programma tutto vivaldiano:
4 Concerti per archi, inframmezzati simmetricamente da 2 concerti per viola d’amore, al centro il concerto per violino. Nello sconfinato catalogo del prete rosso, azzardo che, per i non specialisti, i numeri di catalogo dicano ben poco. Forse i soli concerti per viola d’amore, vista la peculiarità dello strumento solista, sono stati oggetto di specifiche registrazioni e pubblicazioni, rivestendo, pur nella vaghezza temporale di composizione, i caratteri di una raccolta. La viola d’amore ha le 7 corde raddoppiate, da una serie che suona “per simpatia” con quelle percorse dall’arco, il timbro, per la grande quantità di armonici che si generano, ne risulta più ovattato e quindi “amoroso”.
All’ascolto si rimane folgorati dalla sbalorditiva varietà dell’inventiva vivaldiana. Siamo ai vertici, mai più superati, della musica strumentale italiana, la stessa che ha imposto, per più di un secolo, regole e modi all’intera musica occidentale. La struttura tripartita di tutti i pezzi presenta, fin dall’introduzione dei tre tempi, una precisa impostazione armonica, saldamente confermata per l’intera durata da un basso continuo protagonista. I ritmi, ben definiti, accompagnano sicuri, ma non implacabili, le trame dei concerti. L’invenzione melodica risulta sempre suadente, allusiva, mai smancerosa. I riferimenti alla natura, lluministicamente descrittivi, sono esenti dal “panico” romantico.
A servirci quanto sopra, come meglio non si potrebbe, è l’Accademia Bizantina che, fondata nel 1983, si attesta tra le compagini leader nel repertorio barocco e vivaldiano. Assimilate le dolcezze e le lucentezze dei Musici e dei Solisti Veneti, comprese e dribblate sia le asprezze rivoluzionarie del Concentus Musicus Wien, sia l’accademismo eccessivamente formale e didattico di St Martin in the Field, grazie all’intelligenza e perseveranza di Ottavio Dantone, ha operato una sintesi che dà forma e consistenza al Vivaldi strumentale e vocale del 2000.
Nei 4 Concerti per archi e basso continuo, rispettivamente consistenti nel 60% gli archi e nel 40% i bassi della formazione, questi ultimi hanno un peso così determinante da trasformarsi da supporto a coprotagonisti. Il timbro complessivo si scurisce e la scenografia del pezzo si muta da Interno Caffè Florian a vicoli e calli con relative scene di vita e passioni. L’ultimo concerto della serie odierna RV138 La maggiore, dà la suggestione di un gruppo di soldati che nell’Allegro iniziale siano in marcia, preghino nel brevissimo Adagio, quasi un corale religioso e finalmente, nell’Allegro di chiusura, bisboccino in un campo.
Il clima e il timbro della Viola D’amore nel RV397 la minore, ci portano alla Verona di una non tragica rappresentazione di Giulietta e Romeo. I tre tempi del concerto trasfigurano le tre fasi del racconto: la festa e il ballo, il balcone e l’amore, il ritrovo conclusivo degli amici in piazza delle erbe.
Nel concerto per violino RV273 mi minore, al centro della serata, Alessandro Tampieri dispiega gran sagacia tecnica e sensibilità artistica. Vivaldi, a rivincita su un Igor Stravinsky che ne dubitava la grandezza, ci sciorina un ben più consistente Chant du Rossignol in anticipo di 200 anni. Evidentemente, in questo pezzo, gli Augelletti della Primavera stanno lì vicino. Ma, come dovrebbe essere noto a tutti: come ogni augelletto canta a modo suo, così ogni concerto di Vivaldi suona a modo proprio. Su tutti gli altri pezzi della serata, sfruttando la tavolozza di colori, di combinazioni di timbri e di ritmi dell’eccellente esecuzione, si potrebbe accostare ovvero sognare una storia. I membri dell’Accademia Bizantini, in questa serata, si sono confermati tutti solisti di valore. L’esiguità del pubblico, certamente molto al di sotto dei numeri consentiti, in una sala enorme da 1750 posti, non ha contribuito a sancire il meritato successo della serata. Credo che questa situazione congiunta ad un’età media non proprio tenera della stragrande maggioranza degli spettatori, debba dar non poche preoccupazioni alle istituzioni musicali circa una soddisfacente ripresa artistica ed economica della classica dal vivo. Foto Pasquale Juzzolino