Boris Christoff (nome d’arte di Boris Kirilov Hristov, Plovdiv, 18 maggio 1914 – Roma, 28 giugno 1993)
Chi poteva mai credere che il più timido e schivo tra i “canarini di Sòfia” – uno dei tanti cori istituiti nelle scuole bulgare – sarebbe divenuto un dominatore di platee: oggi a distanza di anni, il rossore di quel fanciullo che non osava cantare, è decifrabile in altra chiave, cioè come precoce consapevolezza di una futura dignità. Se gli chiedete quanti anni ha la sua passione per il canto, vi risponde con un episodio di infanzia. Una una sera d’estate, in un paese di campagna dove l’hanno condotto a villeggiare, mentre i suoi lo aspettano per la cena, si nasconde dietro un altro covone di paglia e li, in solitudine, da finalmente sfogo al suo canto.
L’entusiasmo del re
Un episodio, questo, che pare inventato da un da un biografo per introdurre il tema di ciò che Hector Berlioz chiama “il richiamo irresistibile dell’arte”, ma tant’è:” Il canarino di Sofia” è destinato a voli che le vicissitudini umane non riusciranno a dirottare. Una rappresentazione di Boris Godunov, negli anni di studio, lo conturba lo esalta, gli radica in cuore – per sempre – l’amore al teatro. Al liceo non manca l’ora di musica, e la sua voce oscura tutte le altre. Più tardi, finiti gli studi, diventato il magistrato Christoff è a un passo dal cambiare direzione alla propria vita. Il coro della cattedrale di Sòfia canta la presenza di Boris di Bulgaria; il re si entusiasma, vuole risentire il concerto a Palazzo. Al termine, mentre passa a ringraziare i coristi, si ferma dinanzi un giovanotto che ha intonato un assolo. Gli chiede il nome e che cosa sta preparando per il teatro. Boris Christoff , risponde e dice qual è la sua professione.
Il disappunto del re si concretizza in una lettera della Cancelleria che giunge con l’offerta di una borsa di studio. Christoff arriva in Italia. Studia con il famoso Riccardo Stracciari, con l’ostinazione di un giovane che segue il maestro perfino in vacanza. Il ritorno in Bulgaria dopo i bombardamenti del 1943, i mesi di studio a Vienna e a Salisburgo, e le vicende della guerra, sono esperienze che maturano una vocazione già dominante. Dopo la guerra, Christoff bussa ancora una volta la porta di Stracciari: non ha un soldo in tasca., ma le lezioni riprendono ugualmente. Su una fotografia dove maestro e allievo sono ritratti insieme, Riccardo Stracciari ha scritto queste parole: “Al mio prediletto Boris Christoff, futura gloria della sua patria”.
Il debutto alla Scala
Incomincia la vita vera. Il primo personaggio è Colline della Bohème; il primo grande palcoscenico, la Scala; il primo debutto internazionale al Covent Garden dove Christoff affronta, nel 1949, il Boris Godunov come protagonista. È un trionfo. Nel 1950 è già famoso in tutto il mondo. La sua galleria di personaggi si arricchisce: Mefistofele, Mosè, Don Basilio, Ivan Susanin, ecc.. Ma i modelli sovrani sono Filippo II e Boris Godunov. Con qualche direttore d’orchestra stringe rapporti di affettuosa e reciproca stima, con altri discute, o addirittura battaglia. Bisogna farsi raccontare da Christoff le sue polemiche: a distanza, le vede con il sorriso, si diverte lui stesso (ma è pronto a ricominciare). C’è l’episodio dello scenografo, che per un Boris Godunov al Covent Garden ha montato una scena che offende il decalogo del buon gusto: per l’entrata di Boris ha preparato una scala a chiocciola da cui lo zar dovrebbe emergere a poco a poco. Christoff chiede cortesemente che almeno quella scaletta scompaia. Il giorno dopo nulla è cambiato. La collera di Christoff cresce: il cantante entra in scena e mentre l’orchestra solennizza ingresso dello zar, saluta furiosamente e se ne va. In un temperamento come il suo, non sapremo immaginare polemiche e meschine vendette. L’arte è per Christoff il migliore antidoto contro i veleni. Cittadino italiano, innamorato dell’Italia, l’artista vive a Roma, in una casa dove ogni oggetto rivela la scelta preziosa. Alle pareti del salone (e del resto in ogni stanza) quadri sommi: Caravaggeschi, Tiepolo, Sodoma…”Qui – dice Cristoff – mi chiudo quando sono in collera, guardo i miei quadri e nella contemplazione della bellezza ritrovo la calma”.
Intanto, la vita privata si restringe entro margini sempre più piccoli: il lavoro, lo studio, divorano quasi tutte le ore. Viaggi, da un capo all’altro del mondo, incisioni discografiche: La parabola è sempre la stessa: solitudine assoluta il giorno che precede lo spettacolo, digiuno dall’ora di colazione fino al termine della rappresentazione – chiuso in casa – Christoff ripassa un’ennesima volta la parte, fissa gli ultimi particolari si spoglia di se stesso – poi la tensione del palcoscenico e, il giorno seguente, lo sfinimento, il faticoso risalire alla coscienza della vita reale. È la storia di ieri, di oggi, e di un lungo domani: della malattia che lo ha colpito recentemente non è rimasta traccia, se non quella diretta cognizione diretta del dolore che porta maggiore forza nell’espressione artistica. (Fine prima parte – Estratto da “Christoff, una voce dolce e possente” di Laura Padellaro, Roma, 1967)
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