Richard Wagner (Lipsia 1813 – Venezia 1883)
“Incantesimo del Venerdì Santo”
Sehr langsam (Molto lento), Sehr ruhig, ohne Dehnung (Molto tranquillo senza allargare)
Parsifal, ispirato al poema medievale Parzival scritto nel 1210 da Wolfram von Eschenbach e andato in scena a Bayreuth il 26 luglio 1882 sotto la direzione di Hermann Levi, è l’ultima e grande fatica di Richard Wagner che con essa ritornò a quel mito cristiano con il quale era venuto in contatto già nel 1845 all’epoca del Lohengrin, il cui eponimo protagonista era appunto il figlio di Parsifal. Secondo quanto affermò lo stesso Wagner nella sua autobiografia, l’idea di scrivere un’opera che avesse come contenuto le vicende di Parsifal, risalirebbe al Venerdì Santo del 1857, mentre la stesura del libretto fu completata soltanto nel 1877. L’opera è, quindi, il frutto di una maturazione progressiva che accompagna la produzione wagneriana e conduce ad un ritorno definitivo alla fede, ma, al tempo stesso, ne è una mirabile sintesi in cui la scelta della carità cristiana è, da parte di Parsifal, sicura, salda, a differenza di Tannhäuser, opera giovanile, il cui protagonista è affascinato da Venere. Parsifal, nome che deriva dall’arabo parsi che significa puro e fal che significa folle, è l’eroe che riesce, attraverso le sue azioni, a rinnovare il miracolo del Graal in una situazione in cui Amfortas, il re del castello di Monsalvat, soffre per il suo peccato di lussuria che aveva causato la perdita della sacra lancia con cui Longino aveva colpito il costato del Cristo. La lancia, sottrattagli dal perfido mago Klingsor, sarà riportata da Parsifal che compie un percorso inverso a quello del re; il puro folle, infatti, mentre si trova nel giardino incantato di Klingsor, resiste alle tentazioni della bella Kundry, una figura femminile selvaggia, rea di aver deriso il Cristo e, per questo, condannata ad una doppia natura di peccatrice e penitente, riappropriandosi della lancia, che, scagliata dal mago, si ferma sulla testa dell’eroe che la prende tracciando un segno di croce e determinando, così, la scomparsa del giardino. L’eroe può, quindi, ritornare a Monsalvat dove finalmente sarà compiuto il miracolo del Graal ed Amfortas sarà risanato dalla sua ferita, mentre una colomba bianca, simbolo cristiano dello Spirito Santo, scende dall’alto.
Parsifal, quindi, rappresenta il trionfo della carità cristiana, non solo perché il giovane la sceglie preferendola alle sensuali illusioni del castello di Klingsor, metafora, anch’esso, dell’animo umano in preda alle tentazioni, ma anche perché il suo amore si esprime nella compassione, intesa, nel senso etimologico del termine, come sofferenza insieme all’altro, che, in questo caso, è Amfortas. Tutto questo è espresso da Wagner attraverso il ricorso alla tradizione luterana del corale, basti pensare all’utilizzo dell’Amen di Dresda di Lutero, che identifica il tema del Graal, presente sia nel Preludio al primo atto sia nell’Incantesimo del Venerdì Santo, le due pagine sinfoniche di quest’opera maggiormente eseguite nelle sedi concertistiche.
L’Incantesimo del Venerdì Santo costituisce il momento culminante dell’opera, in cui Parsifal, annunciato dal tema, viene benedetto e acclamato re dei cavalieri del Graal e successore di Amfortas da Gurnemanz che porta a compimento la profezia. Al tema di Parsifal, intonato solennemente da una fanfara, segue quello grandioso del Graal perorato a piena orchestra. Dopo aver battezzato la peccatrice Kundry con l’acqua lustrale, Parsifal volge lo sguardo verso la prateria che rifiorisce mentre si diffonde una soave melodia, affidata prima all’oboe e poi al flauto, che si rivela essere il tema dell’Incantesimo del Venerdì Santo.