María de Montserrat Viviana Concepción Caballé i Folch (Barcellona, 12 aprile 1933 – Barcellona, 6 ottobre 2018)
Firenze, dicembre 1968
Montserrat Caballé, il soprano spagnolo che da qualche anno suscita le rivalità dei grandi teatri per assicurarsene la presenza nei loro spettacoli, non ha il fascino sofisticato della “primadonna”. Anzi è lei stessa si considera piuttosto “noiosa”, intendendo con questo termine una donna che non ha particolare ghiribizzi in testa, che non è disposta a far stranezze, e che parla di sé poco volentieri. Che sia una celebrità, però, non c’è dubbio; e lo dimostrano non soltanto i grandi teatri che le fanno la corte, ma anche l’insistenza e la cura con cui le case discografiche cercano di convincerla a incidere qualche recital o qualche edizione integrale integrale di Verdi o di Bellini. Ma un rischio grosso per i teatri di tutto il mondo, è che la Caballé non soltanto si sente moglie, ma soprattutto madre: ha un maschietto di due anni, davvero bellissimo, di cui porta sempre una fotografia che mostra volentieri a chi cerca di sapere qualcosa di lei. “Vede?” , mi dice. “Io tengo soprattutto a questo bambino.” Solo che la Caballé non vuole fermarsi al figlio unico: “Ho detto già a mio marito che ne voglio altri due…”
E quando le ho fatto una domanda cinica: “Ma se ha davvero un mente una programmazione del genere, che cosa diranno i sovrintendenti di teatro? Proprio ora che è nel pieno delle sue possibilità vocali?…”, la Caballé non si è affatto turbata: “Mi scusi: se non faccio dei bambini ora, quando li devo fare?… Quando sarò vecchia?… No, no: li voglio presto, finché sono giovane”. E sorride con semplicità, con i suoi grandi occhi neri.
Eppure questa donna, che se non avesse studiato il canto si sarebbe detta volentieri “atta a casa”, ricorda anche nell’aspetto fisico le grandi cantanti di altri tempi: vuole truccarsi da sola e arriva in teatro – per questo – con due ore di anticipo sulla recita: non teme di perdere la linea delle sue forme più che giunoniche, e dà qualche preoccupazione a sarte e costumisti teatrali. Ma come le cantanti di un tempo ha studiato a lungo, con tenacia, e può dire di essere quasi venuta su dalla gavetta, conquistandosi la celebrità di oggi attraverso molte delusioni, percorrendo con pazienza una strada faticosa.
Cominciò a studiare la musica a otto anni, al Liceo Musicale di Barcellona, e fino a venti si può dire che non abbia mai cessato di andare a lezione; perché per sei anni studio il pianoforte e poi per altri sei apprese la tecnica del canto dal soprano ungherese Eugenia Kamensky ottenendo appena ventenne la medaglia d’oro del liceo barcellonese che è il più alto riconoscimento spagnolo per un cantante lirico. Il suo debutto avvenne, sotto la guida del Maestro Napoleone Annovazzi, nella Nona Sinfonia di Beethoven. e fu dopo questa prima apparizione che comincio i suoi giri per l’Europa, adattandosi a piccole parti in Germania, in Francia, in Portogallo, in Olanda, in Austria.
Fu nel 1956 che decise di farsi sentire anche in Italia. “Ero totalmente “iIllusionata”, dice, “che non mi scoraggiai quando a Napoli, per esempio, lasciai quasi indifferente quelli ai quali avevo chiesto un’audizione. A Roma, poi , mi senti un maestro che mi disse: “guardi: piuttosto che cantare e perdere tempo, torni in Spagna e si sposi…Ma io ero così “illusionata” che invece di tornare in Spagna venni a Firenze, proprio nell’ultimo periodo in cui il maestro Francesco Siciliani era direttore artistico: lui mi sentì e mi disse che avevo una bellissima voce…insomma fu molto gentile con me, e penso a fin da allora che egli è l’unico che si intende di voci… Mi offrì di fare “La vida breve” di De Falla, che sembrava dovesse essere messa nel programma del “Maggio” di quell’anno… Ma io allora ero abbastanza sfortunata, e “La vida breve” non fu fatta. Però il maestro Siciliani mi chiamo lo stesso alla Sagra musica umbra, a cantare nel “Presepe” di Casals…
Fu intorno al 1964 che il nome della Caballé comincia a circolare con insistenza fra i “grandi” del teatro lirico: non erano più piccole parti quelle che venivano offerte alla cantante, e nell’estate del 1965 apparve al Festival di Glyndebourne come Marescialla nel “Rosenkavalier” e come Contessa nelle “Nozze di Figaro”. E ormai poteva guardare al suo avvenire senza la preoccupazione di essere una “illusionata”: il suo stesso repertorio, nel frattempo si è arricchito di più di quaranta opere.
Insomma la Caballé era ormai la Caballé: cominciava la grande carriera. Ma la Caballé, sul più bello, si era sposata, e aspettavo un figlio che le fece interrompere per qualche tempo l’attività. Forse questa sosta forzata le ha ancora migliorato la voce, quella voce “belcantista” che le consente di passare, al Teatro Comunale di Firenze (dove l’abbiamo incontrata mentre interpretava la Leonora nel “Trovatore”), dal “Pirata” di Bellini (con cui debuttò a Firenze durante il Maggio del 1967) all’opera verdiana.
“Ma come fa, con tanti impegni a stare col suo bambino?”, le domando. Gli occhi della Caballé si fanno ancor più languidi e lucenti: “Eh”, sospira, “è un grosso guaio non possiamo portarlo con noi; ma io faccio di tutto per assicurarmi ogni tanto una vacanza, che passo interamente a casa, con mio figlio. E poi, come le ho detto, io sono una donna “noiosa”: non faccio vita mondana, né mi dedico a qualche hobby…A meno che per hobby lei non voglio considerare, in una donna, quello di occuparsi della cucina!… Ho una grande passione per la cucina, anche se non sono molto brava. Mio marito è tanto buono, e sopporta le mie sperimentazioni “.
“I suoi genitori sono musicisti?” , domando “Amano molto la musica; questo sì”, risponde la cantante,” ma non conoscono la musica: mio padre è un chimico e mia madre è (come si dice in italiano?…)…”atta a casa”, e pensa ai figli e nipoti. Come vede anche in questo sono una buona borghese “. “Ma per poter seguire tutti gli impegni “, domando ancora,” Lei dovrà passare molte ore della sua vita in aereo “.“Certo, debbo prenderlo per forza, in molti casi: in gennaio sarò al Metropolitan come Liù “Turandot”, poi dovrò fare “Lucrezia Borgia” e poi “Luisa Miller” alla Scala… Ma quando posso prendo il treno, perché l’aereo mi fa ogni volta molta paura… (…)
(Estratto da ” Montserrat Caballè: dopo la celebrità vuole tanti bambini” di Leonardo Pinzauti)