Milano, Teatro alla Scala, concerti di canto 2021
Aleksandra Kurzak (soprano)
Tomasz Wabnic (viola)
Marek Ruszczynski (pianoforte)
Frydryck Chopin: n. 1. “Życzenie”, n. 8. “Śliczny Chłopiec”, n. 9. “Melodia”, n. 16. “Piosnka Litewska” (“Diciassette Canti Polacchi” op. 74; Robert Schumann: “Frauenliebe und – Leben”; Johannes Brahms: “Zwei Gesänge” op. 91; Frydryck Chopin / Pauline Viardot: “Separation” (Mazurka n. 14 op. 24 n. 1), “La Beauté” (Mazurka n. 44 op. 67 n. 1), “Aime moi” (Mazurka n. 23 op. 33 n. 2), “Coquette” (Mazurka n. 5 op. 7 n. 1); Pëtr Il’ič Čajkovskij: “Ne ver’ moj drug” (“Sei Romanze op. 6); “To bylo ranneju vesnoj”, “Stred’ šumnogo bala” (“Sei Romanze op. 38”); “Kolybel’naja pesnja” (“Sei Romanze op. 16”); “Otčego” (“Sei Romanze op. 6”); “Den li tsarit?” (“Sette Romanze op. 47”).
Milano, 11 aprile 2021 – in streaming
Il recital scaligero proposto dal soprano Aleksandra Kurzak si è distinto per ricchezza e originalità del programma. La cantante polacca è apparsa raramente sui palcoscenici italiani negli ultimi anni ed è stato un vero piacere apprezzarne la significativa maturazione. La voce della Kurzak da soprano lirico si è fatta molto più ricca e corposa, calda come colore e dalle sonorità molto interessante anche nel settore medio-grave. Anche il gusto si è significativamente raffinato, così come più maturi e consapevoli ci sono parsi il fraseggio e senso musicale. Il programma cameristico proposto si è caratterizzato per originalità e impegno della scrittura vocale di molti brani. Le composizioni più note fra quelle eseguite, sono stati i lieder del ciclo “Frauenliebe und – Leben” di Robert Schumann su testi di von Chamisso, eseguiti integralmente. Un ciclo affrontato dalla Kurzak con slancio appassionato. Forse questo ci è parso un limite. La sua è una lettura forse fin troppo schietta, estroversa, quasi teatrale, a scapito del ripiegamento intimo che certi brani richiedono, si sarebbe anche preferito un approccio più analitico, più attento al valore della parola. Il temperamento della Kurzak è forte e deciso, un po’ estraneo all’universo espressivo, quasi crepuscolare di certa liederistica tedesca.
Su questa linea si allineano anche gli “Zwei Gesänge” op. 91 di Johannes Brahms, che hanno visto la presenza di viola e pianoforte. Anche in questi suggestivi brani prevale la bellezza vocale, a scapito sullo scavo del testo.
La qualità interpretativa sale quando la cantante affronta una selezione dei “Diciassette Canti Polacchi” op. 74 di Chopin (che la cantante conosce bene, avendoli anche registrati in cd). La Kurzak, ovviamente, non ha problemi fonetici con la lingua polacca e può così mettere in luce tutte le sfumature espressive di questi brani caratterizzati da ritmi danzanti e accenti civettuoli (“Śliczny Chłopiec” n. 8) ma capaci di evocare l’epica drammaticità ( Melodia n. 9) con la sua evocazione di un cupo medioevo.
La versione per canto e pianoforte non fu curata dai Chopin, ma della celebre Pauline Viardot con la collaborazione di Louis Pomey (si presume con approvazione del compositore. La brillantezza dei brani si arricchisce così di una dimensione virtuosistica e belcantista. La Kurzak (all’inizio di carriera soprano di coloratura) mostra di possedere di essere una vocalità duttile e dipana con facilità trilli, vocalizzi, volate in acuto senza mai perdere di vista l’aspetto espressivo dei singoli brani.
Le romanze da camera di Čajkovskij, assai lontane dalla liederistica tedesca, mostrano un approccio più diretto, drammatico che le avvicina alle arie d’opera. Un tipo di espressività congeniale alla Kurzak che può sfruttare al meglio la ricchezza vocale e la naturale estroversione del canto. Ascoltando questi brani è difficile non pensare alle atmosfere di “Evgenij Onegin” – Stred’ šumnogo bala” – o i tormenti di Liža – “Otčego”. Particolarmente degna di nota la ninna nanna fiabesca “Kolybel’naja pesnja” in cui la Kurzak gioca magistralmente con la voce per differenziare i vari personaggi del racconto.
La cantante è affiancata da due splendidi musicisti come Marek Ruszczynski al pianoforte e Tomasz Wabnic alla viola, non semplici accompagnatori ma parti di un dialogo musicale perfettamente fuso in tutte le sue componenti.