Maurice Ravel (Ciboure, Bassi Pirenei, 1875 – Parigi 1937)
“Ma mère l’oye”
Pavane de la Belle au bois dormante (Pavana della bella addormentata nel bosco) (Lento)-Petit Poucet (Pollicino) (Molto moderato)-Laideronnette, Impératrice des pagodes (Laideronnette, Imperatrice delle pagode) (Movimento di marcia)- Les entretiens de la Belle et de la Bête (I dialoghi della bella e della bestia) (Movimento di Valzer moderato) – Le jardin féerique (Il giardino fatato) (Lento e grave)
Il mondo infantile delle fiabe di Perrault e, in particolar modo, della sua raccolta Les Contes de ma Mère l’Oye costituisce una delle fonti d’ispirazione della suite Ma mère l’oye di Ravel, la cui prima versione per pianoforte a quattro mani, dedicata ai giovani amici Mimie e Jean Godebski, fu composta tra il 1908 e il 1910. Come ricordò, in seguito, Mimie Godebski in un suo breve scritto commemorativo, Ravel molto spesso era ospite della sua famiglia in una casa di campagna presso Valvins, chiamata La Gragnette e, in quelle occasioni, era solito prenderla in braccio e raccontarle le fiabe di Laideronnette e della Bella e la bestia. Ravel sperava che i primi interpreti di questa collana di brani fossero i due fratellini, ma, con grande sollievo di Mimie che non si sentiva pronta per affrontare il pubblico, al pianoforte si sedettero, in occasione del concerto tenuto il 20 aprile 1910 nella sala Gaveau per l’inaugurazione della Société Musicale Indipendente, due giovanissime pianiste Jeanne Leleu di 11 anni e Geneviève Durony di 14 anni.
Nel 1912 la collana di brani fu trascritta per orchestra dallo stesso Ravel e rielaborata in forma di balletto con l’aggiunta di due brani, un Prélude e una Danse du rouet; in questa forma Ma mère l’oye fu eseguita per la prima volta al Théâtre des Arts di Parigi il 28 gennaio 1912. Non molto tempo dopo Ravel trasse 5 brani infantili ristabilendo l’ordine dell’originaria suite pianistica per farne una versione da concerto.
Dei cinque brani, di cui si compone la suite, i tre interni presentano un riferimento letterario che, per Pollicino, è rappresentato dall’omonina fiaba di Perrault, per Laideronnette, Impératrice des pagodes da Serpentin vert di Marie-Catherine comtesse d’Aulnoy e, infine, per La belle et la Bête da Magasin des Enfants di Madame Leprince de Beaumont.
Nella suite trovano la loro sintesi la grande capacità narrativa e descrittiva di Ravel e la sua maestria di orchestratore che, in questi delicatissimi quadretti, si esprime attraverso l’uso delicato e sempre equilibrato dei diversi colori strumentali.
Un delicato quadretto di appena 20 battute è, infatti, la Pavane de la Belle au bois dormante nella quale l’iniziale motivo dolce e cullante del flauto viene ripreso dagli strumenti e, in particolar modo, dai violini con sordina. Non meno delicato è il secondo quadretto, Petit Poucet (Pollicino), nel quale è descritto, secondo quanto recita l’epigrafe tratta dall’omonima fiaba di Perrault, il faticoso cammino del protagonista che:
“Credeva di trovare facilmente la strada grazie al pane che aveva seminato dovunque era passato; ma fu molto sorpreso quando non ne poté trovare una briciola; gli uccelli erano venuti ed avevano mangiato tutto”.
L’inquieto cammino di Pollicino è rappresentato da una forma di moto perpetuo, aperto dall’oboe, seguito dal corno inglese, in cui a variare è l’accentuazione.
Nel terzo brano, Laideronnette, Impératrice des pagodes (Laideronnette, Imperatrice delle pagode), è descritta la principessa orientale, che dà il titolo alla fiaba di Marie-Catherine comtesse d’Aulnoy, dalla quale è tratta l’epigrafe che recita:
“Ella si spogliò e si mise nel bagno. Subito Pagode e Pagodini presero a cantare e a suonare gli strumenti: alcuni avevano tiorbe fatte di guscio di noce; alcuni viole fatte di gusci di mandorla: poiché occorreva che gli strumenti fossero proporzionati alle loro dimensioni”.
L’ambientazione orientale della scena è resa dall’uso della scala pentatonica e di strumenti particolari, come lo xilofono e il tam-tam.
L’epigrafe del quarto quadretto, Les entretiens de la Belle et de la Bête (I dialoghi della bella e della bestia), recita:
«Quando penso al vostro buon cuore, non mi sembrate cosi brutto». «Oh! Sissignora! ho un buon cuore, ma sono un mostro». Tanti uomini sono più mostri di voi». «Se avessi spirito, vi farei un gran complimento per ringraziarvi, ma sono soltanto una bestia». […] «Bella, volete essere mia moglie?». «No, Bestia!… ». «Muoio contento perché ho il piacere di vedervi ancora una volta». «No, mia cara Bestia, non morirete: vivrete per diventare mio sposo!». La Bestia era sparita ed ella vide ai suoi piedi un principe più bello dell’Amore, il quale la ringraziava di aver rotto l’incantesimo.
Il quadretto cerca di rappresentare, attraverso i suoni, la celebre fiaba di Leprince de Beaumont nella quale la Bella, innamoratasi della Bestia, vuole inizialmente sposarla, scoprendo alla fine di amare un bellissimo principe. Il tema iniziale del clarinetto ha quasi un tono da incantesimo i cui effetti benefici sembrano spezzati dalla voce oscura del controfagotto, ma la ripresa della prima parte con un glissando conclusivo dell’arpa spezza definitivamente la magia e riporta la scena alla normalità. La sintesi di questo mondo fiabesco è ottenuta nell’ultimo brano della suite, Le jardin féerique (Il giardino fatato), nel quale un motivo sognante, che parte dal registro medio-grave dell’orchestra, raggiunge il suo hapax nel canto spianato dei violini. L’ascesa melodica prosegue anche nella gioiosa parte conclusiva del brano nei glissandi dell’arpa e della celesta.