Giuseppe Verdi (1813-1901): “Macbeth” (vers.1865)

Melodramma in quattro atti su libretto di Francesco Maria Piave, dall’omonima tragedia di W.Shakespeare.
Prima rappresentazione della seconda versione: Parigi, Théâtre Lyrique, 21 aprile 1865.

Primi interpreti:  Amélie Rey-Balla (Lady Macbeth), Ismael (Macbeth), Bilis Petit (Banco), Montjuaze(Macduff)
Diciotto anni dopo la prima fiorentina del 1847 l’editore francese Léon Escudier propone a Verdi di una versione francese di Macbeth. Per quest’occasione il compositore riprende la partitura che anche a distanza di anni giudica assai importante, introducendo qualche taglio e qualche integrazione. Nel primo atto Verdi aggiunge il coro delle streghe “S’allontanarono” dopo l’uscita di Macbeth e Banco. Cambia quindi ventiquattro battute nel “presto” che conclude il duetto tra Lady e Macbeth, a partire da “Oh potessi il mio delitto dalla cancellar”. Il secondo atto si apre con una nuova aria per Lady “La luce langue “, una splendida pagina di grandissima efficacia teatrale che arricchisce notevolmente il personaggio. Quest’aria prende il posto della caballetta” Trionfai! Securo alfine!”. Vi sono poi alcuni ritocchi, più che altro tecnici, durante la scena del banchetto. Il terzo atto è invece notevolmente diverso dalla versione 1847. Completamente nuovo il balletto, d’obbligo per le convenzioni dell’Opéra parigina. Vengono anche rimaneggiati il coro delle streghe che apre l’atto e la successiva scena delle apparizioni del re. L’atto si chiude con il duetto tra Lady e Macbeth “Ora di morte e di vendetta” che prende il posto di una vigorosa e forse sottovalutata, anche dello stesso Verdi, cabaletta di Macbeth “Vada in fiamme, e in polve cada”. Il quarto atto è aperto dal coro “Patria oppressa”, completamente rifatto per Parigi. Si arriva quindi alla scena finale della battaglia. Verdi rimaneggiare l’ orchestrazione. “Voi riderete – scrive il compositore a tale proposito – quando sentirete che per la battaglia ho fatto una Fuga! Io che detesto tutto quello che puzza di scuola! Ma vi dirò che in quel caso può andare bene quella forma musicale. Il corrersi dietro che fanno i soggetti e i controsoggetti possono esprimere abbastanza bene una battaglia “. Un monologo che vede Macbeth morire in scena viene soppresso nella revisione e sostituito con un’ampia pagina corale, un inno di vittoria, non del tutto convincente, che comunque crea un entusiasmo finale.
La versione parigina, che è poi quella oggi comunemente rappresentata, è accolta alla prima con grande successo di pubblico, mentre da parte della critica vengono sottolineate talune incongruenze; qualcuno addirittura giunge ad accusare il compositore di non conoscere Shakespeare, provocando così la sdegnata reazione di Verdi: “Può darsi che io non abbia bene reso il Macbeth, ma che io non capisco, non sento Shakespeare, no, per Dio, no! È un poeta di mia  predilezione, che ho avuto tra le mani fin della prima gioventù e che leggo e rileggo continuamente!”. Qualche anno più tardi, in un’occasione più mediata, Verdi deve ammettere:” Tutto sommato il Macbeth risulta fiacco. Amen “.
Una conclusione eccessiva che non toglie nulla all’unicità di quest’opera.