Wolfgang Amadeus Mozart (1756 – 1791): “Concerto in mi bemolle maggiore per due pianoforti e orchestra KV 365”

Wolfgang Amadeus Mozart (Salisburgo 1756 – Vienna 1791)
Concerto in mi bemolle maggiore per due pianoforti e orchestra KV 365 (316a nell’edizione riveduta del catalogo K6)
Allegro-Andante- Rondeau. Allegro

Tra il 15 e il 16 gennaio del 1779 Mozart aveva fatto ritorno a malincuore nella sua città natale, Salisburgo, dopo il lungo soggiorno parigino che era stato, per il giovane compositore, ricco di importanti esperienze umane e musicali. A Salisburgo Mozart poté riabbracciare le persone più care, la sorella e il padre, che si erano prodigati per accoglierlo calorosamente e rendergli la stanza più comoda arredandola con un armadio nuovo e con il vecchio clavicordo; egli, così, ritornò, sia pure controvoglia, alle dipendenze della corte dell’arcivescovo Colloredo, in qualità di organista, incarico verso il quale mostrò di avere sempre molte riserve e una profonda insoddisfazione, di cui una traccia significativa è contenuta in una lettera indirizzata al padre l’8 aprile 1781:
“Sprecare la propria gioventù nell’inattività e in un posto così miserabile, è cosa assai triste e anche un danno”.
Nonostante ciò questo periodo fu particolarmente fecondo compositivo per Mozart, che, circondato dal calore degli affetti familiari, scrisse, molto probabilmente per la sorella, il Concerto “a due cimbali”, titolo originario successivamente cambiato in quello attuale. Di questo concerto Mozart fece due diverse versioni delle quali la prima, il cui organico era semplicemente formato oltre che dagli archi, da due oboi, da due fagotti e da due corni, fu eseguita in forma privata a Salisburgo agli inizi del 1779, mentre la seconda, rinnovata nell’orchestrazione con l’aggiunta di due clarinetti, di due trombe e dei timpani, fu eseguita a Vienna il 23 novembre del 1781 con Mozart stesso in qualità di solista e direttore e con Josephine von Aurnhammer all’altro pianoforte.
La forma del concerto per due strumenti a tastiera e orchestra, frequente nel periodo barocco e classico, venne, poi, abbandonata nell’Ottocento romantico quanto fu sostituita da quella per un solo strumento solista e orchestra, simbolo della contrapposizione tra l’eroe, il solista appunto, e la massa. Johann Sebastian Bach e suo figlio Carl Phlipp Emanuel avevano composto dei concerti per due clavicembali e orchestra. Di quest’ultimo molto interessante è il Concerto in mi bemolle maggiore del 1788 nel quale vengono poste a confronto le qualità tecniche ed espressive rispettivamente del pianoforte e del clavicembalo, strumenti scelti come solisti.
Anche Mozart, proprio negli stessi anni della composizione di questo concerto, stava esplorando le possibilità compositive offerte dai concerti per due strumenti solisti e orchestra; al 1788 risalgono, infatti, il Concerto per flauto ed arpa e l’incompiuto Concerto per pianoforte e violino, e al 1779 la Sinfonia concertante per violino e viola.

Nel primo movimento, Allegro, in forma-sonata, sono già evidenti le scelte compositive di Mozart che, limitando la presenza dell’orchestra come organismo sinfonico soltanto all’introduzione, ai passi di collegamento e alla parte conclusiva, ha riservato il ruolo di protagonisti ai due pianoforti che sembrano fare a gara con i rispettivi virtuosismi; in questo caso l’orchestra accompagna con discrezione la parte solistica, limitandosi soltanto ad un breve accenno concertante nella sezione dello sviluppo nell’intervento dei due oboi. Anche nel secondo movimento, Andante, Mozart adottò la stessa tipologia di scrittura con la sostanziale differenza che i due solisti intrecciano un dialogo fiorito di raffinata eleganza. Nel Rondeau finale, che si impone subito per il tema del refrain di straordinaria plasticità scultorea, i due pianoforti ora dialogano ora si scambiano i ruoli in una scrittura estremamente virtuosistica.
In questo concerto, la scrittura pianistica presenta un’evoluzione tecnica per la presenza di ottave, di blocchi di seste e ottave eseguite rapidamente quasi in tremolo e con la rotazione dell’avambraccio; proprio in questo punto Mozart sembra aver accolto la lezione del pianista tedesco Ignaz von Beecke con il quale era entrato in competizione qualche tempo prima ad Augusta.