Verona, Teatro Filarmonico: “Il parlatore eterno” & “Il Tabarro”

Verona, Teatro Filarmonico, Stagione Lirica 2021
“Il PARLATORE ETERNO”
Scherzo comico in un atto di Antonio Ghislanzoni.
Musica di Amilcare Ponchielli
Lelio Cinguetta BIAGIO PIZZUTI
Susetta GRAZIA MONTANARI
Dottor Nespola MAURIZIO PANTÒ
Aspasia TAMARA ZANDONÀ
Sandrina SONIA BIANCHETTI
Egidio SALVATORE SCHIANO DI COLA
Un Caporale dei gendarmi FRANCESCO AZZOLINI
Nuovo allestimento della Fondazione Arena di Verona
Regia Stefano Trespidi
Scene Filippo Tonon
Luci Paolo Mazzon
“IL TABARRO”
Opera in un atto di Giacomo Puccini, su libretto di Giuseppe Adami tratto da La houppelande di Didier Gold.
Musica  Giacomo Puccini
Michele ELIA FABBIAN
Luigi SAMUELE SIMONCINI
Il Tinca FRANCESCO PITTARI
Il Talpa DAVIDE PROCACCINI
Giorgetta MARIA JOSÉ SIRI
La Frugola ROSSANA RINALDI
Un venditore di canzonette / Secondo amante RICCARDO RADOS
Primo amante / Voce di sopranino GRAZIA MONTANARI
Voce di tenorino DARIO RIGHETTI
Allestimento della Fondazione Arena di Verona
Orchestra e Coro della Fondazione Arena di Verona
Direttore Daniel Oren
Maestro del Coro Vito Lombardi
Regia Paolo Gavazzeni e Piero Maranghi
Scene Leila Fteita
Costumi Silvia Bonetti
Luci Paolo Mazzon
Anteprima  streaming del 28 Febbraio 2021
Nell’affrontare questa inedita  accoppiata Ponchielli/Puccini abbiamo cercato invano un collegamento  artistico o musicale, fra i due titoli.  Ci siamo dovuti rassegnare ai più stupidamente banali: i cognomi dei due autori hanno la P iniziale; l’uno, Ponchielli, in conservatorio, fu maestro dell’altro; il protagonista di ambedue è un baritono; sono due atti unici ed economicamente accessibili. Se c’è altro….francamente ci è sfuggito. Nel Parlatore Eterno” Ponchielli (per le note storiche vi rimandiamo al programma di sala qui allegato) mette in musica un testo (si fatica a chiamarlo libretto) di Antonio Ghislanzoni –  il mitico librettista delle “foreste imbalsamate” di Aida – che racconta di un giovane amoroso, decisamente troppo ciarliero che, con le chiacchere,  cerca di sfinire i futuri suoceri per ottenere il consenso alle nozze con Susetta, fanciulla più che disponibile. D’obbligo il lieto fine. L’operina musicalmente  guarda alla tradizione comica di Rossini e Donizetti, è tutta sulle spalle dell’unico protagonista cui si richiedono doti di autentico mattatore. La regia di Stefano Trespidi, le scene di Filippo Tonon e le luci di Paolo Mazzon, estraggono dal nulla del soggetto, tutto quanto è possibile per farci passare, divertendoci, i poco più di 20′ di durata. La grande scritta LECCO 18 X 1873, ci ricorda luogo e data della prima esecuzione. La parte musicale è efficacemente esaltata dal tocco leggero  di  Daniel Oren che sfruttando la lunga consuetudine con l’Orchestra e il Coro dell’arena di Verona, può valorizza al meglio le qualità di questi complessi. Protagonista assoluto è  (il rimanente del cast son mimi e comparse, il baritono Biagio Pizzuti (già apprezzato Elviro nel Serse del 2019 dei Teatri Emiliani), con voce educata e chiara, dizione perfetta e totalmente intellegibile, unita a una indubbia presenza scenica, riesce a sostenere il ruolo di  Lelio Cinguetta con disinvoltura anche se ci è parso maggiormente a proprio agio negli squarci più squisitamente cantabili. Scenicamente efficaci le figure di Grazia Montanari (Susetta),  Maurizio Pantò (Il dottor Nespolo), Tamara Zandonà (Aspasia), Sonia Bianchetti (Sandrina), Salvatore Schiano di Cola (Egidio), Francesco Azzolini (Un caporale dei gendarmi).

È la volta de Il Tabarro, opera quant’altre mai aspra e cruda. Il programma di sala insiste sul termine verista che, forse errando, non condividiamo. Il Puccini del Tabarro non è un rude compositore di maniera, ma un pittore di sfumature, di luci ed ombre. C’è l’efferato omicidio ma ci sono pure le affettuosità degli amanti, i sogni di Giorgetta, la simpatia umana di Frugola e la nostalgia idealizzata delle banlieue parigine. È l’opera pucciniana più amata dallo scrivente perché, mentre vi colgo un’umanità più condivisa, sento emarginato il cinismo dalla lacrima facile. Nessun personaggio è, a prescindere, buono o cattivo; tutti cercano in qualche modo di sopravvivere e meritano comprensione e compassione. Paolo Gavazzeni e Piero Maranghi (regia), Leila Fteita (scene), Silvia Bonetti (costumi) e Paolo Mazzon (luci), hanno dato vita a uno spettacolo essenziale: una grande chiatta su un fiume. Sullo sfondo  un tramonto alla Turner, caliginoso grigiastro, rosso, violaceo. La suggestione scenica, gli efficaci costumi, le luci, ci coinvolgono pienamente nell’azione teatrale. L’orchestra, sempre diretta da  Daniel Oren, disegna magnificamente il brumoso ed umido lungosenna e, pur compressa dalla ripresa audio, sostiene e sottolinea, senza mai sopraffare il canto e l’azione. Il direttore israeliano, in questo repertorio, è nel proprio terreno naturale. Il cast è dominato dalla Giorgetta di Maria José Siri. Il personaggio le calza perfettamente, per vocalità e presenza interpretativa. La voce, di bel colore,  è sicura,  calda e omogenea. Il fraseggio è correttamente sfumato e caratterizzato. Samuele Simoncini, è un Luigi con animo ribelle. Il timbro bronzeo mentre ne accentua la virilità, ne smorza il lato amoroso che necessita di una maggior luminosità tenorile. Gli acuti sono sicuri e sufficientemente timbrati. Elia Fabbian è un Michele quasi schiacciato dalla personalità travolgente di questa Giorgetta, appare  quasi timido e assoggettato. In quest’ottica, l’unica via d’uscita è eliminare il rivale per riprendere il suo ruolo. Una vocalità contenuta, molto controllata è espressione di questo tormento interiore che porta allo sfogo incontrollato: la tipicità dell’omicidio passionale, qui magistralmente illustrata da Adami e Puccini. Tra le parti di fianco  si fanno apprezzare il brillante Tinca di  Francesco Pittari; La Frugola brillantemente chiacchierona e querula  di Rossana Rinaldi; la domestica acquiescenza del Talpa Davide Procaccini. Completano il cast, con pregevoli interventi: Riccardo Rados, Grazia Montanari e Dario Righetti.  Sempre professionale la prova  Coro della Fondazione Arena di Verona, preparato da Vito Lombardi. Foto Ennevi per Fondazione Arena