Robert Alexander Schumann ( 1810 – 1856): Sinfonia n. 2 in do maggiore op. 61

Robert Alexander Schumann (Zwickau 1810 – Endenich, Bonn, 1856)
Sinfonia n. 2 in do maggiore op. 61
Sostenuto assai, Allegro ma non troppo-Scherzo: Allegro vivace con Trio I e Trio II-Adagio espressivo-Allegro molto vivace
“Tamburi, trombe in do stavano squillando nella mia testa”.
Queste enigmatiche parole, scritte da Schumann nel 1845 in una lettera indirizzata a Mendelssohn, si riferiscono molto probabilmente al motto iniziale della Seconda sinfonia in do maggiore affidato ai corni, alle trombe e ai tromboni. È questo il primo accenno alla suddetta sinfonia, composta in un periodo particolarmente difficile per Schumann a causa della malattia mentale che si era manifestata poco tempo prima e che lo avrebbe condotto lentamente alla prematura morte. Nel mese di agosto del 1844 la moglie Clara aveva scritto, infatti, nel suo diario: «Robert non riusciva a dormire una sola notte. La sua immaginazione gli dipingeva le immagini più terribili». Questo stato piuttosto fragile della sua salute mentale aveva anche ridotto di gran lunga le capacità creative di Schumann che, in una lettera indirizzata a Mendelssohn nel settembre del 1845, scrisse:
“Tutto lo scrivere è un duro sforzo per me… Io ho prurito e spasimi ogni giorno in un centinaio di luoghi diversi. Un misterioso lamento – ogni volta che il medico cerca di mettere il dito nella piaga – sembra prendere le ali. Ma tempi migliori torneranno; e guardare mia moglie e i bambini è una grande gioia”.
Tempi migliori tornarono presto e nella seconda settimana di dicembre del 1845  Schumann iniziò a comporre la Seconda sinfonia la cui stesura pianistica fu completata nel breve volgere di tre settimane. L’orchestrazione, iniziata il 12 febbraio del 1846, fu completata soltanto dieci mesi dopo a causa del ripresentarsi delle fobie e di un terribile e insopportabile suono all’orecchio che non gli dava tregua; non fu salutare nemmeno un breve soggiorno a Maxen, dove, recatosi con la famiglia nel tentativo di riacquistare la salute perduta, fu colpito da nuove e terribili fobie, come la paura della cecità, della morte e di essere avvelenato, alle quali si aggiunse anche la preoccupazione che il pubblico avrebbe trovato delle tracce di questo periodo ottenebrato da tante nevrosi nella musica della Seconda sinfonia.  Nonostante le oggettive difficoltà, l’orchestrazione fu presto completata e la Sinfonia fu eseguita per la prima volta il 5 novembre del 1846 al Gewandhaus di Lipsia sotto la direzione di Mendelssohn. Secondo le affermazioni del musicologo Anthony Newcomb, la Seconda sinfonia è stata concepita come una sorta di romanzo di formazione novecentesco soprattutto per la struttura formale fortemente coesa con alcuni elementi tematici che ritornano nei quattro movimenti conferendo all’intero lavoro una straordinaria unità. Così il motto iniziale, affidato agli ottoni, ritorna nella coda dell’ultimo movimento e nello Scherzo, mentre il Finale riassume alcuni elementi tematici tratti dal primo movimento e dall’Adagio.


Il primo movimento si apre con un’introduzione lenta, Sostenuto assai, che si impone immediatamente non solo per il motto iniziale, costituito da una suggestiva fanfara il cui suono sembra provenire da lontano, ma anche per una straordinaria perizia contrappuntistica acquisita grazie allo studio, insieme alla moglie Clara, del Cours de contrapoint di Luigi Cherubini. A questa introduzione segue l’Allegro ma non troppo che presenta un contenuto autobiografico come lo stesso compositore affermò: «Riflette la resistenza dello spirito contro le mie condizioni fisiche. Il primo movimento è pieno di questa lotta e del suo carattere capriccioso e ostinato». Protagonisti del secondo movimento, Scherzo (Allegro vivace), sono gli archi e, in particolar modo, i primi violini che si esibiscono in una sorta di moto perpetuo; i due Trii presentano un carattere contrastante in quanto al primo sognante si contrappone il secondo fortemente caratterizzato in senso contrappuntistico. In questo secondo Trio figura un tema strutturato nella forma dell’acrostico del nome di Bach costituito dalle quattro note: si bemolle, la, do, si naturale che nella tradizione musicale anglosassone sono indicate con le lettere dell’alfabeto del nome di Bach al quale Schumann ha voluto così rendere omaggio. Carattere malinconico presenta il terzo movimento, Adagio espressivo, con i violini, prima, e gli oboi, dopo, che espongono una melodia che inizia in do minore e si conclude in mi bemolle maggiore; anche in questo movimento il contrappunto ritorna ad essere assoluto protagonista nella sezione centrale che prelude alla ripresa della melodia iniziale conclusa, stavolta, in maggiore. Nel Finale, Allegro molto vivace, insieme alla ripresa di alcuni elementi tematici tratti dal primo e dal terzo movimento, è introdotta, nella parte conclusiva affidata all’oboe, una melodia molto simile a quella del Lied di Beethoven intitolato An die ferne Geliebte già utilizzato da Schumann nella Fantasia op. 17.