Richard Strauss (Monaco di Baviera, 1864 – Garmisch-Partenkirchen, 1949)
Concerto in re maggiore per oboe e piccola orchestra
Allegro moderato-Andante-Rondò finale. Vivace
Negli ultimi mesi della Seconda Guerra Mondiale e, in particolar modo, nella primavera del 1945, John de Lancie, un giovane oboista della Philharmonia di Filadelfia, che in quel periodo prestava servizio come soldato nell’esercito americano di stanza a Garmisch, chiese a Strauss di scrivere per lui un pezzo, se non proprio un concerto. Nacque così il Concerto in re maggiore per oboe e orchestra, il quale, completato il 25 ottobre 1945, non ebbe come suo primo interprete il soldato americano, ma Marcel Saillet che lo eseguì per la prima volta il 26 febbraio 1946 con l’orchestra della Tonhalle di Zurigo diretta da Volkmar Andreae. Nonostante fosse vecchio, malato e forse anche un po’ amareggiato dalle critiche alle quali due anni prima di morire aveva risposto causticamente: «Io sono l’unico compositore vivente che oggi ha una cattiva stampa; per questo la mia musica è tanto migliore», Strauss sembra ritrovare in questo suo lavoro una vena idillica e melodica che si avverte già nel primo movimento, Allegro moderato. In esso il classico contrasto tematico che caratterizza la forma-sonata si stempera in una lunghissima melodia fiorita di circa 56 battute che costituisce il lirico primo tema; del pari intriso di intenso lirismo è il dolcissimo secondo tema, mentre un cambio di andamento, Lebhat (vivo), marca l’inizio del breve sviluppo che può essere diviso in due sezioni delle quali la prima, affidata all’orchestra, è costituita da elementi motivici del primo tema, mentre nella seconda ritorna il secondo tema in tonalità minore. Una brevissima cadenza conduce alla ripresa nella quale il secondo tema ritorna in re maggiore. Legato al primo movimento senza soluzione di continuità è il secondo, Andante, dalla struttura tripartita A-B-A, nella cui prima sezione emerge la melodia di intenso lirismo dell’oboe, mentre in quella centrale, Etwas bewegter (Un poco più mosso), l’orchestra rielabora elementi motivici del primo e del secondo tema, per lasciare il testimone all’oboe che, alla fine, riprende il tema iniziale. Una breve cadenza del solista, all’interno della quale intervengono gli archi con accordi in pizzicato, conduce all’ultimo movimento, Vivace, un Rondò che si segnala per la ricchezza tematica e anche per la vena giocosa di Strauss, evidente nell’utilizzo del registro acuto dell’oboe a proposito del quale si legge nel Traité d’instrumentation di Berlioz che fu aggiornato da Strauss nel 1905:
“Con il suo tagliente e penetrante registro acuto, l’oboe risulta particolarmente adatto agli effetti umoristici e caricaturali. Esso può essere stridente, cantare o gemere in maniera nobile e casta, così come può scherzare e fischiettare in modo gaio e infantile”.