Pëtr Il’ič Čajkovskij (Votkinsk, Urali, 1840 – Pietroburgo 1893)
Sinfonia n. 5 in mi minore op. 64
Andante, Allegro con anima-Andante cantabile con alcuna licenza, Moderato con anima, Tempo I, Andante mosso, Allegro non troppo, Tempo I -Valse (Allegro moderato)-Finale (Andante maestoso, Allegro vivace, Molto vivace, Moderato assai e molto maestoso)
Composta tra il 30 maggio e il 26 agosto 1888 a distanza di undici anni dalla Quarta, la Quinta sinfonia di Čajkovskij costituisce il secondo atto della cosiddetta trilogia del destino e si pone in relazione con la precedente che ne rappresenta il primo e con la Sesta, la celebre Patetica, che corrisponde all’atto conclusivo. Il destino è, infatti, il tema conduttore di queste tre sinfonie e, se la Quarta fu composta dopo la grave crisi matrimoniale che si concluse con la separazione dalla giovane e innamoratissima moglie Antonina Ivanovna Miljakova, eventi dolorosi, come la morte dell’amico Nikolaj Rubinstein nel 1881, già fonte ispiratrice del celebre Trio, e l’aggravarsi del disagio esistenziale ispirarono questa sinfonia il cui programma interiore, contenuto in una nota diaristica del compositore, recita:
“Programma del primo movimento: Introduzione. Intera sottomissione al Destino o, ciò che è lo stesso, alle volontà insondabili della Provvidenza”.
Il Destino, protagonista indiscusso con la sua ineluttabilità di questa sinfonia la permea con il suo tema sempre variato che è accolto in essa come un’idée fixe di berlioziana memoria, anche se la sua presenza non può far dimenticare che l’opera è il risultato di un discorso musicale in cui l’elemento extramusicale non costituisce l’unica chiave interpretativa.
Il primo movimento, in forma-sonata, si apre con un Andante che realizza perfettamente le parole del programma grazie al celeberrimo tema del Destino, esposto dai clarinetti nel registro grave, la cui struttura mostra un’evidente origine russa soprattutto nel disegno discendente. L’atmosfera funerea di questo esordio sembra modificata nell’Allegro con anima, nel quale, secondo il programma già citato, il compositore cercò di rappresentare Mormorii, dubbio, lamenti, rimprovero contro XXX (nel testo sono indicate tre croci); ciò si realizza nella prima idea tematica dove il tema del destino è variato con disegni ascendenti che intendono mostrare una forma di reazione alla sua inesorabilità, ma una seconda idea tematica dolente, che ricorda lontanamente la seconda frase del tema dello Scherzo della Quinta di Beethoven, considerata anch’essa sinfonia del destino, riconduce l’ascoltatore alla situazione iniziale. Tutta l’esposizione di questo primo movimento si snoda dialetticamente attraverso il contrasto tra il destino e i timidi tentativi di opporsi ad esso che si materializzano in brevi episodi più gai, come quello segnalato nella partitura dall’andamento Un pochettino più animato, e in una terza idea tematica che, nel suo incedere sincopato, non rivela soltanto, come è stato notato dalla critica, la mano del compositore di balletti, ma mostra anche una certa ansia del tutto priva di momenti di quiete. Questo contrasto tra il destino ed i tentativi di opposizione trova la sua più compiuta espressione nello sviluppo dove si fronteggiano il motivo gaio, già esposto nella sezione Un pochettino più animato, ed il primo tema. In questo primo movimento, inoltre, tale dialettica tematica, così forte e marcata, è espressa attraverso una varietà agogica, ritmica e motivica che denota uno stato d’animo tormentato incapace di trovare pace.
È possibile trovare la pace nella fede? Questo è l’interrogativo che il compositore si pone nel secondo movimento Andante cantabile, con alcuna licenza, come si evince anche dalla nota diaristica in cui si legge: Devo gettarmi nella fede??? Un programma superbo, se solo fossi capace di realizzarlo. La grande libertà agogica e ritmica, che aveva contraddistinto il primo movimento, caratterizza anche questo Andante in cui il compositore cerca nella fede, alla quale non riesce o non sa aggrapparsi, una ragione di vita destinata a rivelarsi illusoria; se nella prima sezione del movimento la fede sembra garantire un momento di serenità, nella seconda parte l’irruzione del tema del destino, declamato con forza dagli ottoni, ne sancisce lo scacco.
Per quanto illusoria la possibilità di una fuga dal destino incombente e terribile sembra l’unica ancora di salvezza per il compositore che nel terzo movimento, Valse (Allegro moderato), si affida alla danza, suo genere musicale preferito, ma ecco che di nuovo il tema del destino, esposto dai clarinetti e dai fagotti, si insinua e turba l’apparente serenità del valzer che, poco incline al sorriso, tende a ricoprirsi di un sia pur tenue velo di tristezza. Quest’apparente serenità, nel quarto movimento, viene definitivamente sopraffatta dal crudele destino con il suo tema che apre e chiude questo Finale dai toni drammatici e, al tempo stesso, rabbiosi. Il doloroso Andante maestoso introduttivo è dominato dal tema del destino che in un drammatico crescendo finisce per coinvolgere tutte le sezioni dell’orchestra, dagli archi ai legni e agli ottoni, assumendo ora toni dolenti con i primi, ora drammatici con gli ultimi. Nel primo tema del successivo Allegro vivace al dramma si unisce la rabbia ben espressa dai violenti accordi strappati degli archi, la cui “ferocia” sembra mitigata dal dolce secondo tema affidato ai legni in un continuo contrasto che caratterizza tutta la sinfonia e che conduce alla definitiva vittoria del destino. Tale vittoria è sancita dalla travolgente stretta finale, dove appare il primo tema del primo movimento che, privo di ogni maschera seduttrice ed ingannatrice, rivela la sua forza tragica, nonostante il tema del destino avesse precedentemente assunto un’insolita veste in maggiore che sembrava, in modo ingannevole, far intravedere all’ascoltatore una sua possibile sconfitta.
Il destino ha vinto e Čajkovskij non può far altro che prenderne atto con una rabbia che, alla fine, esplode con tutta la sua forza.