Johann Sebastian Bach (Eisenach 1685 – Lipsia 1750)
Suites per orchestra
Suite (Ouverture) n. 1 in do maggiore per orchestra BWV 1066 (Ouverture-Courante-Gavotte I/II-Forlane-Menuet I/II-Bourrée I/II -Passepied I/II)
Suite n. 2 in si minore per orchestra BWV 1067
(Ouverture-Rondeau-Sarabanda-Bourrée I/II-Polonaise-Menuet-Badinerie)
Suite n. 3 in re maggiore per orchestra BWV 1068
(Ouverture-Air-Gavotte I/II- Bourrée- Gigue)
Suite n. 4 in re maggiore per orchestra BWV 1069
(Ouverture-Bourrée I/II-Gavotte-Menuet I/II-Réjouissance)
Chiamate anche Ouvertures, le quattro Suites per orchestra furono composte a distanza di tempo, dal momento che le prime due appartengono al periodo di Köthen, mentre la terza e la quarta furono scritte tra il 1727 e il 1736. Sono opere d’occasione e di consumo che rispondono alla passione, divenuta una vera e propria moda presso l’aristocrazia tedesca, per i raffinati costumi francesi e per la danza. Nonostante il carattere occasionale di questa musica di intrattenimento, nelle Suites che Bach poteva scrivere senza eccessivo impegno, si nota la tipica curiosità bachiana per la sperimentazione di nuove forme all’interno di convenzioni consolidate dalla tradizione, alle quali egli rimase, in alcuni punti, fedele. Ogni Suite, pur iniziando, infatti, con un’ouverture che segue il classico schema lulliano con due movimenti lenti separati da una veloce fuga, presenta delle importanti differenze nel numero e nella distribuzione delle danze, nell’organico strumentale e nelle scelte compositive di Bach.
Come accennato in precedenza, non è certa la data di composizione della Suite n. 1 in do maggiore, della quale non è stata ritrovata la partitura autografa ricostruita grazie alla scoperta delle parti che probabilmente furono copiate intorno al 1724. Per questa Suite, che è certamente una delle prime opere profane, se non la prima in assoluto, scritte da Bach a Lipsia, il compositore scelse le danze più antiche di tradizione aulica eccezion fatta per la Forlana del XVII sec. di origine friulana. Una scrittura orchestrale molto complessa caratterizza l’ouverture nella quale l’organico è impiegato nella sua interezza, mentre nelle altre danze vengono sperimentate da Bach altre soluzioni strumentali, come nel raffinato Menuet II, le cui preziose sonorità sono ottenute con tre archi e il basso continuo, nella Gavotte II, caratterizzata da una strana fanfara degli archi a cui si aggiungono gli oboi. Moderno è l’uso del fagotto che nella parte fugata dell’Ouverture e nella Bourrée II assume una funzione concertante, a differenza di altri passi nei quali raddoppia semplicemente il continuo.
Più omogenea rispetto alla Prima suite per quanto attiene all’organico strumentale costituito dagli archi a cui si aggiunge un flauto, la Seconda suite si apre con un’ouverture in perfetto stile francese per il carattere pomposo che nella sezione fugata dà vita ad episodi solistici nei quali assume una grande importanza il flauto al quale sono affidati passi virtuosistici come nella Bourrée II, nella Badinerie e nel Double della Polonaise, la ripetizione ornata della danza, nella quale si assiste a un duetto tra il flauto e il basso continuo.
Pur presentando il minor numero di danze, la celeberrima Terza suite ha un’estensione simile alle altre soprattutto per la lunghezza dei suoi movimenti. La Suite, che si segnala anche per un organico orchestrale molto ricco nel quale figurano anche i timpani e le trombe, aveva sicuramente una destinazione cerimoniale, come si può notare nella solenne ouverture iniziale e nella giga finale. Nelle altre danze Bach sperimentò altre soluzioni strumentali che raggiungono vette poetiche nella famosa e patetica Aria sulla quarta corda, affidata ai soli archi e al continuo.
Un organico altrettanto ricco contraddistingue la Quarta suite nella quale si assiste ad una calibrata alternanza tra parti in cui questo è sfruttato in tutte le sue potenzialità e altre nelle quali, invece, sono sperimentate diverse soluzioni strumentali. Ciò appare evidente già nell’ouverture nella cui sezione in stile fugato si assiste a due episodi concertanti nei quali sono impegnati rispettivamente tre oboi e un fagotto e due violini, una viola e il basso. Gli oboi e il fagotto, insieme agli archi, sono i protagonisti della pagina più raffinata della partitura, la Bourrée II, nella quale il fagotto si produce in un ampio disegno melodico. L’organico orchestrale è sfruttato nella sua interezza nelle altre danze e nel festoso finale, chiamato alla francese Rèjouissance (giubilo).