Melodramma in tre atti su libretto di Francesco Maria Piave, dal dramma “Le roi s’amuse” di Victor Hugo. Prima rappresentazione: Venezia, Teatro La Fenice, 11 marzo 1851.
Primi interpreti:
Raffaele Mirate (Il Duca di Mantova)
Felice Varesi (Rigoletto)
Teresa Brambilla (Gilda)
Annetta Casaloni (Maddalena)
Paolo Damini (Sparafucile)
Feliciano Ponz (Monterone)
A pochi mesi dalla prima di Stiffelio, la direzione del Teatro La Fenice chiede a Verdi un nuovo lavoro per inaugurare la nuova stagione. Il musicista accetta e con Francesco Maria Piave si mette alla ricerca di un soggetto adeguato. In un primo momento il maestro è attratto da un lavoro di Alexandre Dumas padre, Kean, un dramma sulla vita dell’attore inglese Edmund Kean. Scartata quest’ipotesi, Verdi invita Piave a lavorare su una riduzione del dramma Le roi s’amuse di Victor Hugo, per cui aveva già mostrato in precedenza un certo interesse con Salvatore Cammarano. Piave accetta e, ingenuamente, rassicura Verdi riguardo alla censura austriaca che sicuramente non avrebbe avuto nulla da obiettare nei confronti di questo soggetto. Verdi e Piave si mettono al lavoro ma, a soli tre mesi dalla prima, prevista per il febbraio del 1851, la censura blocca tutto. Verdi, a Busseto, attende che Piave sblocchi la situazione a Venezia. Frattanto il maestro difende il suo operato, rifiutando ogni accomodamento. È un momento particolarmente difficile per Verdi! Si ritrova come prigioniero tra due fuochi. Da un lato i censori veneziani, dall’altro i benpensanti cittadini di Busseto, che sempre di più hanno da ridire sullo scandalosa convivenza del musicista con la Strepponi.
Alla fine Verdi si trova costretto a accedere: Francesco I, il re libertino e amorale del romanzo di Victor Hugo, deve trasformarsi in un anonimo Duca di Mantova. Bisogna poi cambiare il titolo stesso dell’opera: La Maledizione è troppo immorale. L’opera prende quindi il nome del protagonista Rigoletto, anche se non è l’originale si chiamava Triboletto. Superati questi e un’altra serie di interminabili intromissioni censorie, il Rigoletto va finalmente in porto, la sera dell’ 11 marzo 1851, con un con successo incondizionato, assoluto. Un consenso che si ripete, subito dopo, nel nei maggiori teatri italiani, anche se l’opera viene ulteriormente censurata, diventando di volta in volta Viscardello, Clara di Perth o Lionello. in Rigoletto appare subito evidente la rivoluzionaria scelta del personaggio: non si tratta di non aristocratico, un cavaliere, un condottiero o altro, si tratta di un buffone e questa volta per giusto per giunta gobbo. Una psicologia complessa, umana, nella quale convivono malvagità, sete di vendetta, ma anche l’amore di un padre. Si rompe in tal modo lo schema che vede il tiranno cattivo e la vittima buona. Anche gli altri protagonisti sembra mostrare dei lati quantomeno ambigui, pur se in apparenza possono sembrare quasi banali. Il duca appare bello, ma in realtà è corrotto e amorale. La stessa Gilda si mostra pericolosamente in bilico tra amore e virtù, mentre Sparafucile presenta una un inusitata nobiltà nel suo essere sicario.
Va messa in luce, infine, la sempre più manifesta attenzione del musicista per la “parola scenica”, evidenziata da una “urgenza” teatrale, o meglio nel bisogno di sfuggire a convenienze musicale: unire arie, recitativi, duetti, quartetti e altro per fare in modo che il dramma non perda in unitarietà, ritmo e tensione. Figurini di Alfredo Edel (1880) – Archivio Storico Ricordi