Giuseppe Verdi (1813-1901): “La Traviata” (1853)

Melodramma in tre atti su libretto di Francesco Maria Piave, tratto dal romanzo “La dame aux camélias” di Alexandre Dumas figlio. Prima rappresentazione: Venezia, Teatro La Fenice, 6 marzo 1853.
Primi interpreti:
Fanny Salvini-Donzelli (Violetta Valery)
Lodovico Graziani (Alfredo Germont)
Felice Varesi (Giorgio Germont).
Verdi lascia Roma per far ritorno a Busseto dopo la terza rappresentazione del Trovatore. Pochi mesi dopo sarebbe andato in scena a Venezia La Traviata. Un periodo così breve divide queste due opere così diametralmente opposte, per argomento e atmosfera. Francesco Maria Piave lavora sul libretto di quel soggetto che il maestro definisce “semplice, affettuoso” e, che altri non è se non una riduzione del dramma “La dame aux camélias”  di Alexandre Dumas figlio. Piave e Verdi lavorano alacremente, ma anche con le dovute cautele, al libretto. Sono certamente coscienti che si tratta di un soggetto “scottante”: Si parla di una prostituta, sia pure d’alto bordo, ma sempre una virgolette “mondana “, come vengono chiamate allora e non di una dama aristocratica, figlia di sovrani o altro. L’epoca poi e contemporanea. Bisogna quindi riuscire a dribblare il più possibile gli strali dei censori, per non ripetere l’esperienza del Rigoletto.
Il musicista e il librettista con grande accortezza eliminano ogni elemento verbale che possa in qualche modo a far trapelare il reale mestieri di Violetta, così come è importante non offrire riferimenti troppo evidenti alla sua malattia. D’altro lato viene evidenziata l’ambientazione “borghese”, soprattutto attraverso l’elemento del denaro che percorre tutta l’opera. Nel secondo atto questo aspetto risulta del tutto evidente, nel dialogo tra Alfredo è Annina, all’inizio del duetto tra Germont e Violetta, con quel “Pur tanto lusso”, fino a quello che è il momento culminante, “Qui pagata io l’ho” di Alfredo, unica concessione marcatamente realistica, nella quale emerge anche il” mestieri di Violetta. Solamente alla fine, quando la nostra eroina morente, ordine ad Annina  di portare parte di quel poco denaro che le è rimasto, la frase: “Oh mi sarà bastante” suona quanto mai emblematica, venata di una triste ironia. Della sua vita, vissuta quantificandosi  in denaro, non restano che “dieci luigi: ora è quello il suo valore.
Basterebbe questo particolare a fare di Violetta una delle figure più belle della storia del melodramma, per la sua complessa psicologia e commovente umanità.
Una storia è una protagonista troppo “a forte” e “moderna” per poter essere subito capita. Così, trasportata, contro la volontà di Verdi in una Parigi settecentesca, e con degli interpreti non adeguati, la sera del 6 marzo 1853, l’opera cade. Dopo Il fiasco Verdi  scrive a Muzio: “La Traviata, ieri sera” fiasco. La colpa è mia o dei cantanti?… Il tempo giudicherà “. E ad Angelo Mariani: “La Traviata ha fatto un fiasco o peggio, hanno riso. Eppure, che vuoi? Non sono turbato. Ho torto io o hanno torto loro? Per me credo che l’ultima parola sulla Traviata non sia quella di ieri sera. La rivedranno e vedremo. Intanto, caro Mariani, registra Il fiasco”. E il tempo ha ampiamente giudicato la grandezza della Traviata, una delle opere più amate ed eseguite del repertorio lirico di tutti i tempi. (Foto Chris Becker)