Franz Schubert (Liechtenthal 1797 – Vienna 1828)
Ouverture “nello stile italiano” in do maggiore op. 170 D. 591
Adagio, Allegro
Il 1817 fu un anno importante per Schubert che ebbe l’opportunità di fare nuove conoscenze utili al fine di riscuotere apprezzamenti sempre più lusinghieri per la sua musica; ricordiamo, infatti, il famoso cantante dell’Opera di Vienna Johann Michele Vogl, il quale, quando capì che la sua collaborazione di esteta e di cantante sarebbe stata preziosa e determinante per la nascita e la diffusione dei Lieder di Schubert, abbandonò le scene per interpretarli personalmente. Il 1817 fu anche un anno fecondo di opere, in quanto Schubert, libero da ogni legame con la famiglia e con la scuola, poté dedicarsi totalmente all’attività compositiva raggiungendo alti livelli nel campo liederistico con il Gruppo al Tartaro, la cui musica sembra assumere le dimensioni maestose di una scultura a bassorilievo, e, su versi di Goethe, con Ganimede in cui la perfetta fusione di poesia e musica esprime in modo eccellente l’ascesa all’Olimpo del protagonista portato dagli artigli dell’aquila che lo ha rapito.
Nonostante la sua predilezione per la musica vocale, in questo stesso anno Schubert compose alcune sonatine per violino e pianoforte, un trio per archi, alcune famose sonate per pianoforte e due Ouvertures definite, probabilmente dal fratello Ferdinand, nello stile italiano per gli evidenti riferimenti a Rossini che in quel periodo trionfava a Vienna. Le due Ouvertures, una in re maggiore D. 590, e l’altra in do maggiore D. 591 possono essere considerate piuttosto delle caricature dello stile italiano dal momento che in esse sono molto enfatizzati gli effetti del crescendo. La prima, che contiene anche una citazione del Tancredi di Rossini, fu composta al rientro del compositore da una matinée dove era stato rappresentato il Tancredi; secondo uno dei suoi biografi Schubert avrebbe composto questa ouverture per una scommessa e, cioè, per dimostrare ad un amico, che aveva tessuto grandi elogi della musica del compositore italiano, che anche lui avrebbe potuto comporre con facilità e in brevissimo tempo ouvertures simili a quello stile. Questa composizione, prima fra le opere di Schubert ad essere eseguita in pubblico con discreto successo il primo marzo 1818 nella sala All’imperatore romano, suscitò anche il consenso della critica come si evince da quanto scrisse il «Giornale Teatrale Viennese»:
“La seconda parte ebbe inizio con una magnifica ouverture di un giovane musicista chiamato Franz Schubert. Questi, allievo del celebre Salieri, sa già fin d’ora scuotere e commuovere ogni cuore. Sebbene il tema sia notevolmente semplice pure l’autore da esso sviluppa una piena dei più sorprendenti ed amabili pensieri”.
A differenza di quella in re maggiore, l’Ouverture in do maggiore D. 591 non contiene citazioni rossiniane, ma rimanda allo stile del compositore pesarese per lo spirito e la vitalità che la pervade tutta con una marcata, anche se garbata, ironia. L’ouverture si apre con un Adagio iniziale, sereno e di carattere pastorale che conduce all’Allegro, estremamente conciso nel quale l’influenza rossiniana appare evidente nell’uso solistico nei legni, nella presenza del crescendo e nella struttura dei temi.