Wolfgang Amadeus Mozart (Salisburgo 1756 – Vienna 1791)
Concerto in la maggiore per clarinetto e orchestra K. 622
Allegro-Adagio-Rondò
Composto in appena 10 giorni nell’ottobre del 1791, pochi mesi prima della morte che avrebbe colto Mozart la notte del 5 dicembre dello stesso anno, il Concerto in la maggiore per clarinetto e orchestra K. 622 è uno dei suoi ultimi lavori scritti in un periodo di febbrile attività durante il quale aveva composto i suoi due capolavori teatrali, La clemenza di Tito e Il flauto magico. Il Concerto fu scritto per il clarinettista Anton Stadler, suo grande amico e coetaneo, per il quale aveva già composto il Trio K. 498, il Quintetto K. 581 e i due obbligati per clarinetto della Clemenza di Tito. Anton Stadler era un virtuoso di un nuovo strumento, il Klarinett mit Abnderung, oggi noto con il nome di clarinetto di bassetto, inventato nel 1788, che, oltre ad avere un’estensione maggiore verso i suoni più gravi, era molto più difficile da suonare rispetto al normale clarinetto. Il Concerto fu eseguito dallo stesso Stadler per la prima volta in questa versione originale il 16 ottobre del 1891 a Praga, città tradizionalmente favorevole a Mozart, con un discreto successo che si ripeté anche in successive esecuzioni; Stadler eseguì, infatti, il Concerto in altre città europee e la stampa, in particolar modo, non mancò di esaltare il suo virtuosismo, come si evince da un articolo pubblicato nel mese di gennaio del 1792 sul «Berlin Musikalisches Wochenblatt» nel quale si legge: «Herr Stadler, un clarinettista di Vienna. Un uomo di grande talento e riconosciuto come tale nella corte… Il suo modo di suonare è brillante e rappresenta una testimonianza della sua sicurezza».
Essendo andato perduto l’autografo, non è possibile conoscere la versione originale del Concerto, pubblicato postumo dall’editore André nel 1801 in una forma adattata per il tradizionale clarinetto in la. In questa forma il Concerto ebbe un grande successo per tutto l’Ottocento determinando anche la fortuna dello strumento durante il Romanticismo. Soltanto nel Novecento si è cercato di ricostruire la versione originale e addirittura sono stati costruiti appositamente, per l’esecuzione di questo concerto, alcuni clarinetti di bassetto modellati sugli esemplari settecenteschi. La destinazione originaria della composizione è tradita dalla scrittura della parte solistica che anche in questa versione adattata mostra una particolare predilezione per i suoni gravi i quali contribuiscono a dare alla composizione un tono malinconico evidente già nel primo movimento, Allegro, in forma-sonata. Dopo una breve introduzione orchestrale il clarinetto, esaurita l’esposizione dell’elegante primo tema, intona, nella transizione, una melodia malinconica alla quale se ne contrappone un’altra di carattere sereno. Una scrittura virtuosistica informa, invece, il secondo tema nel quale il solista può mettere in mostra tutte le sue capacità esecutive. Il secondo movimento, Adagio, formalmente strutturato in tre parti con un’esposizione, una parte centrale e una ripresa, è caratterizzato da un tema estremamente espressivo, tipicamente mozartiano, di straordinaria semplicità al quale si contrappone, nella sezione centrale, un motivo quasi implorante. Il terzo movimento, Allegro, è, infine, un brillante Rondò nel quale il solista può esibire tutte le sue doti virtuosistiche.