Igor Stravinskij (Oranienbaum, Pietroburgo, 1882 – New York 1971)
“Pulcinella”
Sinfonia (Ouverture): Allegro moderato- Serenata: Larghetto, Mentre l’erbetta (tenore)-Scherzino: Allegro-Allegro-Andantino-Allegro-Ancora poco meno: Contento forse vivere (soprano)-Allegro assai-Allegro- alla breve: Con queste paroline (basso)-Andante: Sento dire no’ncè pace (soprano, tenore e basso)-Allegro: Ncè sta quaccuna po (soprano e tenore)-Presto: Una falan zemprece (tenore)-Allegro: – Alla breve-Tarantella-Andantino: se tu m’ami (soprano)-Allegro-Gavotta con due variazioni-Vivo-Tempo di minuetto: Pupillette, fiammette d’amore (soprano, tenore e basso)-Finale: Allegro assai
Composto tra il 1919 e il 1920 ed eseguito per la prima volta il 15 maggio 1920 a Parigi sotto la direzione di Ernest Ansermet con le coreografie del ballerino Léonide Massine e i costumi e le scene di Pablo Picasso, il balletto Pulcinella, il cui vero titolo recita «Ballet avec chant» Pulchinella (Musique d’aprés Pergolesi), è la prima opera che contraddistingue il periodo della cosiddetta virata neoclassica di Stravinskij. Come altri importanti balletti di Stravinskij tra cui La sagra della primavera, Petruška e L’uccello di fuoco, anche Pulcinella fu commissionato da Sergej Diaghilev, impresario teatrale e fondatore della famosa compagnia dei Balletti russi, che, nella sua ventennale attività, si avvalse della collaborazione di grandi musicisti quali Debussy e Ravel, di grandi coreografi quali Fokine e Nijinskij e, infine, di grandi pittori quali Pablo Picasso e Giorgio De Chirico che curarono i costumi e le scene. A suggerire a Stravinskij il soggetto del balletto fu proprio Diaghilev, il quale, desideroso di rinnovare il successo ottenuto due anni prima con Le donne di buon umore di Vincenzo Tommasini, che trasse il materiale tematico da alcune sonate di Domenico Scarlatti, volle sfruttare questo filone proponendo contemporaneamente al compositore russo di rielaborare alcune musiche di Pergolesi e ad Ottorino Respighi quelle tratte dall’opera Le astuzie femminili di Domenico Cimarosa. Lo stesso Diaghilev fornì a Stravinskij le musiche da utilizzare nel balletto, forte di alcuni interessanti ritrovamenti di tre opere allora sconosciute, come Lo frate ‘nnamorato (1732), Adriano in Siria e il Flaminio (1735), e delle 12 Sonate a tre per due violini e basso continuo attribuite a Pergolesi e conservate, rispettivamente, presso la biblioteca del Conservatorio di Napoli e presso il British Museum di Londra.
L’idea di Diaghilev conquistò immediatamente Stravinskij, affascinato dalla musica del Settecento napoletano dalla quale era attratto per il suo carattere popolare e il suo esotismo spagnolo, come egli ebbe modo di scrivere nella sua autobiografia Cronache della mia vita. Non meno forte era l’amore di Stravinskij per la musica di Pergolesi di cui è testimonianza un’altra interessante pagina della sua autobiografia:
“Io dovevo trovare una risposta a una domanda della più grande importanza. La mia linea d’azione riguardo a Pergolesi avrebbe dovuto essere dominata dal mio amore o dal mio rispetto per la sua musica? È amore o rispetto che ci spinge a possedere una donna? Non è solo con l’amore che abbiamo successo nel penetrare la vera essenza di un essere? Ma, allora, l’amore diminuisce il rispetto? Il rispetto solo rimane arido e non può mai servire come un fattore produttivo o creativo”.
L’argomento del balletto trae ispirazione da un manoscritto napoletano del 1700 ed ha per oggetto un episodio che ha per protagonista l’eponima maschera napoletana; il soggetto narra di due giovani gelosi, Florindo e Cloviello, che stanno facendo una serenata alle loro innamorate Prudenza e Rosetta senza riuscire ad ottenere l’effetto sperato. Le due donne, infastidite, gettano dell’acqua sui loro innamorati e il padre di Prudenza, un dottore, li caccia via in malo modo.
Finalmente entra in scena Pulcinella che bacia Rosetta, la quale, in precedenza, aveva ballato per lui; suscita così le gelosie sia di Pimpinella, sua innamorata, sia di Florindo e Cloviello i quali, sopraggiunti e travestiti loro stessi da Pulcinella, lo bastonano e tentano di ucciderlo. L’astuto Pulcinella, però, si era fatto rimpiazzare da un sosia di nome Furbo, che simula di morire sotto i colpi dei due giovani; alla fine, quando tutti credono che sia morto, Pulcinella riappare e si prodiga, riuscendovi, a ricomporre tutte le coppie. Egli stesso può coronare felicemente il suo sogno d’amore sposando la sua amata Pimpinella.
Dal punto di vista formale il balletto, il cui organico prevede la presenza delle voci che sono collocate nell’orchestra, è articolato in otto scene precedute da un’ouverture che trae il suo materiale tematico dalla Prima Sonata a tre ritenuta erroneamente di Pergolesi, come altre pagine del balletto, ma che, secondo quanto affermato dal professore Helmut Hucke, è in realtà opera di Domenico Gallo, compositore veneziano del Settecento; sicuramente di Pergolesi è la melodia della Serenata che è tratta dall’Aria di Polidoro contenuta nel primo atto del Flaminio. Le Sonate a tre di Domenico Gallo e, in particolar modo, alcuni movimenti della Seconda e della Settima sonata, costituiscono la fonte d’ispirazione dello Scherzino, dell’Allegro e dell’Andantino che concludono la prima scena del balletto.
La seconda scena si compone di un Allegretto per soprano tratto dall’Adriano in Siria, di un Allegro, tratto dall’Aria di Vanella del primo atto de Lo Frate ‘nnamorato, entrambi di Pergolesi, e di un Allegro, il cui materiale tematico trae spunto dal terzo movimento della Terza sonata a tre, quest’ultima sempre di Domenico Gallo.
La melodia di un’aria per basso del primo atto del Flaminio è utilizzata nella scena terza, mentre la quarta e, in particolar modo, il Largo iniziale, l’Andante per tenore, l’Allegro per tenore e soprano, il Presto per tenore e, infine, la breve ripresa del Largo iniziale, traggono quasi tutto il loro materiale tematico da Lo frate ‘nnamorato eccezion fatta per l’Allegro alla breve, ispirato alla XII Suite per archi di Domenico Gallo e per la conclusiva Tarantella il cui materiale tematico è tratto da due composizioni diverse: il secondo dei Concerti armonici, erroneamente attribuiti nell’Ottocento dal musicologo polacco François Lessel a Pergolesi, del conte Urico Wilhelm van Wassenaer, diplomatico olandese e musicista dilettante, e il Sesto concertino di Fortunato Chelleri.
Meno complessa appare la quinta scena, aperta da un Andantino tratto dalla canzona Se tu m’ami che rappresenta un vero e proprio caso di falsificazione musicale. Composta da Alessandro Parisotti nello stile del Settecento napoletano, questa canzona fu inserita dal compositore stesso in una delle sue raccolte sotto il nome di Pergolesi. Il secondo e ultimo brano della scena, Allegro, è tratto dalla Suite n. 1 per clavicembalo del compositore milanese Carlo Monza.
Altrettanto semplici, per quanto attiene alla struttura, sono la sesta scena, costituita da una Gavotta con due variazioni tratta dalla Terza suite per clavicembalo di Carlo Monza, e la settima, il cui unico brano, Vivo, è sicuramente pergolesiano in quanto tratto da una sua Sinfonia per violoncello e contrabbasso.
Nell’ottava scena, infine, le tre voci cantano insieme nel Tempo di minuetto tratto dall’Aria di Don Pietro de Lo Frate ‘nnamorato; un brillante Allegro assai, che corrisponde al finale della XII Sonata a tre di Domenico Gallo, conclude il balletto.
Nell’elaborare la musica falsamente ritenuta esclusivamente di Pergolesi, ma in realtà opera di Gallo, Monza, Chelleri, Wassenaer e Parisotti, Stravinskij mantenne inalterata sia la linea melodica che quella del basso costruendo però una nuova atmosfera armonica grazie ad una scrittura poliarmonica ottenuta con la sovrapposizione dell’accordo di dominante e quello della tonica. Molto originale è anche il modo in cui Stravinskij trattò questo materiale musicale che in alcuni casi viene totalmente riplasmato e sviluppato in modo originale.
Si è molto discusso sul carattere neoclassico o meno di questa composizione, come di molte altre opere di Stravinskij, fino al punto da indurre Robert Craft, suo amico e confidente, a sostenere che non si debba parlare di neoclassicismo per questa ed altre opere del compositore russo:
“In nessun senso, esse non sono neoclassiche, niente più che una modernizzazione dei classici. È così sbagliato vedervi delle parodie o dei pasticci nella tradizione dell’Arlecchino di Busoni, per esempio. Esse sono alcune volte ciò e anche molto più; alcune volte esse non sono niente di ciò. Esse interpretano; e, in questo caso, le interpretazioni sono così abili, esse vanno ad una tale profondità che lo si prende per invenzione di Stravinskij ciò che è in realtà del puro Pergolesi, del puro Čajkovskij o del puro Bach. Ciò che bisogna osservare in esse non è tanto l’abilità di Stravinskij ad imitare gli altri compositori, ma ciò che egli dispiega per ottenere che essi gli somiglino. Il solo sincopato del contrabbasso verso la fine del duo per trombone e contrabbasso in Pulcinella e la quarta variazione di Vom Himmel-Hoch strumentata da Stravinskij, sono delle scoperte di Stravinskij in Pergolesi e Bach”.