Opéra-Comique in tre atti su libretto di Eugène Scribe liberamente tratto dal romanzo di Antoine François Prévost, “Histoire du Chevalier Des Grieux et de Manon Lescaut” (1731). Prima rappresentazione: Parigi, Opéra-Comique, 23 febbraio 1856
È questa la prima opera scritta sul romanzo dell’Abate Prévost da un compositore di chiara fama come era Auber. Va subito detto che i punti deboli del libretto di Scribe sono più che evidenti. Non si tratta di un adattamento dal romanzo di Prevost bensì di un totale rimaneggiamento ad uso del pubblico dell’ Opéra-Comique del secondo Impero. Sopravvivono soltanto, più per i loro nomi che per i loro caratteri, i due personaggi principali, Manon e il cavaliere Des Grieux e Lescaut (anche qui come in Massenet , cugino di Manon e non fratello come nel romanzo e nell’opera di Puccin). Il Marchese d’Hérigny, ben più che il Geronte della Manon Lescaut di Puccini è un personaggio composito. Il personaggio di Margherita può sembrare una lontana e femminile trasposizione del Tiberge di Prevost (eliminato nelle opere di Massenet e Puccini). Invano si cercherebbero nel romanzo di Prevost gli altri personaggi dell’opera di Auber, nati direttamente dall’immaginazione di Scribe. Per quanto riguarda la storia, niente a che fare con la diligenza di Amiens, con i nidi d’amore, con il padre oltraggiato, con gli ospizi o i monasteri-prigione; invece è la vita della Parigi e una Louisiana alla Dounaier Rousseau che alcune famiglie di Fenouillard avrebbero in seguito colonizzato.
Eppure le versioni dei librettisti di Massenet e di Puccini, sebbene più vicine in apparenza il romanzo di Prevost, non alterano forse se non proprio in maggior misura, Il senso profondo? Poiché il soggetto del romanzo non è lo studio di un “carattere femminile”, ma quello di un rapporto d’amore che nessuna vicessitudine potrà mai spezzare. La fedeltà fondamentale di Manon verso Des Grieux, al di là di tutti i compromessi dettati dagli avvenimenti, era molto più evidente nell’opera di Prévost che nelle due celebri opere liriche della fine del XIX secolo. Semplificata, magnificata, gonfiato a dismisura dalle coscienze benpensanti del Secondo Impero, questa fedeltà è la molla principale del libretto di Scribe., e se costui, epurando la storia della sua sensualità e purgandola dalla sua sessualità, l’ha esageratamente edulcorata e manifestamente ridimensionata e, non si può dire che, fondamentalmente, l’abbia tradita.
E poi, soprattutto, c’è la musica di Auber. Auber, nato dieci anni prima di Rossini è morto due anni dopo di Berlioz., Auber la cui produzione lirica si è distribuita per più di sessanta anni, cosa che fa di lui, oltre a uno dei principali attori, il principale testimone della vita lirica francese per circa tre quarti del XIX secolo.
Ci sono, indubbiamente, parecchi punti deboli nella Manon Lescaut di Auber: non dimentichiamo che si tratta dell’opera di un uomo di settantaquattro anni. Ma, in compenso, quante sorprese ci riserva questa partitura!
Tutto ciò che Scribe aveva imbevuto di poesia, di tenerezza e di vera passione, Auber ce lo restituisce nella sua musica. Già dal primo assolo del corno nell’overture, seguito dai quattro accordi pizzicati, si capisce che non si tratta di un’opera indifferente. La semplicità delle linee melodiche e delle strutture armoniche non è né semplicismo ne povertà, ma soltanto economia ed elegante discrezione. Auber rappresenta qui il continuatore dell’arte melodica francese che, dalle canzoni popolari alle pastorali del secolo XVII e XVIII e dai primi maestri del Opéra-Comique francese, come i Monsigny, i Philidor i Grétry, si perpetuerà ben oltre lui stesso.
Per esempio, nulla di più semplice, ma anche di più perfetto, dei couplets del Marchese, “Je veux qu’ici vous soyez reine”, dell’aria di Manon , “Plus de rēve qui m’enivre”. Ma anche, combinando economia e semplicità e contrastando con le stesse, quanti inattesi e sorprendenti trovate armoniche, quale ampio respiro in numerosi disegni melodici. Assai rappresentativo sotto questo aspetto è il grande duetto fra Manon e il Marchese, “A vous les dons qui savent plaire”.
E poi quella vera e propria sinfonia drammatica che hai la scena della morte di Manon e che Henry Malherbe considerava, a ragione, una “pagina unica nel opere di Auber per la sua semplice grandezza e la sua reale a mozione”. Più di un effetto orchestrale fa pensare a Berlioz la cui opera non era del tutto indifferente a Auber. Infine, ad amalgamare il tutto interviene tutte la vivacità, tutta la gaiezza e, tutta l’energia vitale con cui Auber ha segnato non soltanto la sua opera ma anche la sua lunga vita. Ed ecco il Galop dell’overture, i brillanti allegro dei vocalizzi vertiginosi (il celebre “éclat de rire”), tutta la potenza drammatica del finale del secondo atto. Non si può citare tutto, ma ascoltiamo la Manon Lescaut di Auber e giudichiamo personalmente se non merita di essere maggiormente valorizzata. (estratto da “Manon Lescaut” di Jean-Pierre Marty, Parigi, 1975)