Wolfgang Amadeus Mozart (1756 – 1791): “Sinfonia n. 41 “Jupiter” in do maggiore K. 551” (1788)

Wolfgang Amadeus Mozart (Salisburgo 1756 – Vienna 1791)
Sinfonia n. 41 “Jupiter” in do maggiore K. 551
Allegro vivace-Andante cantabile-Menuetto (Allegretto)-Molto allegro

“La sinfonia Jupiter di Mozart è l’opera più bella che io abbia mai ascoltato”.
È impossibile non sottoscrivere queste parole espresse da Richard Strauss a proposito di quest’ultimo lavoro sinfonico di Mozart che, per la grandiosità dei suoi temi e della sua architettura musicale, fu soprannominata dall’impresario londinese Peter Salomon, in un’edizione postuma di una trascrizione pianistica, Jupiter. Completata il 10 agosto del 1788, la Jupiter chiude un bimestre prodigioso e straordinariamente creativo per Mozart che in brevissimo tempo scrisse i suoi tre ultimi capolavori sinfonici come si evince dalle date di composizione di questi tre lavori che furono completati nell’ordine: la Sinfonia n. 39 in mi bemolle maggiore K. 543 il 26 giugno e la Sinfonia in sol minore il 25 luglio 1788, meno di un mese prima della Jupiter. Il 1788 non fu un anno favorevole per il compositore che, sebbene particolarmente ispirato, non aveva visto ripetersi, per il suo Don Giovanni, nella rappresentazione viennese del 7 maggio di quell’anno al Burgtheater, il successo ottenuto a Praga e che non si trovava in floride condizioni economiche nonostante i 225 fiorini percepiti per la sfortunata rappresentazione nella capitale imperiale. Di questa situazione economica poco favorevole lo stesso Mozart si lamentò in alcune lettere indirizzate a Puchberg nei mesi di giugno e luglio, proprio nel periodo in cui compose i tre capolavori sinfonici. Per far fronte alle difficoltà economiche Mozart fu costretto ad intensificare la sua attività con la composizione di nuovi brani destinati o all’insegnamento o ad occasioni contingenti. Molto probabilmente anche le tre sinfonie furono scritte per alcuni concerti per sottoscrizione che dovevano tenersi a giugno, ma che non ebbero mai luogo.
Il 1788 fu, dunque, per Mozart un anno di grandi delusioni le cui tracce sono rinvenibili nella patetica precedente Sinfonia in sol minore e sono del tutto dissipate nella successiva Jupiter. Queste due sinfonie, pur così vicine dal punto di vista cronologico, sono sostanzialmente diverse sia per la tonalità, che nella Jupiter è costituita dal solare e perentorio do maggiore, sia per l’organico orchestrale che prevede l’inserimento delle trombe e dei timpani conferendo al brano un carattere marziale.


L’affermazione trionfale e perentoria della regalità, che molto probabilmente indusse Salomon a soprannominare la sinfonia Jupiter, è racchiusa già nella semifrase iniziale del primo tema del primo movimento (Allegro vivace) che ricorda da vicino l’incipit dell’ouverture dell’Idomeneo con le terzine di semicrome che risolvono sulla tonica. A questa semifrase, così perentoria, risponde una seconda dotata quasi di una serenità olimpica e maestosa nell’elegante canto dei primi violini. Il carattere marziale del movimento è confermato nell’esposizione di questo primo tema soprattutto nei ritmi puntati affidati a legni e ottoni, mentre il secondo tema si evidenzia per una scrittura più distesa che trasfigura in modo elegante il ritmo puntato. Nella coda dell’esposizione viene introdotta infine un terza idea tematica, vera e propria protagonista dello sviluppo e tratta dall’arietta Un bacio di mano composta tre mesi prima. Il secondo movimento Andante cantabile è una pagina di straordinario lirismo che contrasta con il primo movimento anche per l’utilizzo di un organico orchestrale ridotto per la mancanza dei timpani e delle trombe; questo movimento, estremamente libero dal punto di vista formale con un’esposizione ben marcata in cui sono presentate tre diverse idee tematiche, un breve sviluppo, ed una ripresa con il primo tema che ritorna nella parte conclusiva quasi in eco, si evidenzia per una carattere disteso, ma al tempo stesso pensoso solo appena turbato dalla seconda idea tematica dall’andamento angosciante nella scrittura sincopata degli archi. Con il successivo Menuetto ogni tipo di angoscia appare fugata e il clima festoso del primo movimento si afferma con una straordinaria eleganza che coinvolge anche il Trio diviso in due sezioni, delle quali la prima è strutturata in un dialogo tra flauti, fagotti e corni da una parte e oboe e archi dall’altra, mentre la seconda espone il motivo di quattro suoni su cui si fonda l’ultimo movimento. L’ultimo movimento, Molto allegro, è, infine, una mirabile sintesi tra scrittura contrappuntistica e forma-sonata configurandosi come un testamento sinfonico di altissimo valore;  il primo tema, costituito da appena quattro suoni (do-re-fa-mi), è immediatamente riesposto nella forma di uno stretto di fuga a cinque parti e lascia il posto ad una nuova idea civettuola che svolge la funzione di transizione al secondo tema di carattere lirico. Nello sviluppo emerge la grande perizia contrappuntistica di Mozart attraverso un gioco imitativo che trova la sua espressione più completa nella coda del movimento dove, in un poderoso fugato, appaiono tutti i motivi di questo Finale amalgamato in una straordinaria e suggestiva sintes