Wolfgang Amadeus Mozart (1756 – 1791): “Le nozze di Figaro, ouverture KV 492” (1789)

Wolfgang Amadeus Mozart (Salisburgo 1756 – Vienna 1791
“Le nozze di Figaro”, ouverture KV 492
Presto
La prima rappresentazione di Le mariage de Figaro ou la folle journée di Beaumarchais, avvenuta il 27 aprile 1784 a Parigi alla Comédie Française, era stata salutata da un successo senza precedenti come testimoniato dalle ben 68 repliche della commedia. Ad attirare la curiosità del pubblico era stata molto probabilmente l’iniziale censura da parte di Luigi XVI che, dopo aver letto il manoscritto nel 1781, aveva decretato: cela est détestable, cela ne sera jamais joué. La proibizione del sovrano era stata determinata dal carattere rivoluzionario del testo nel quale non mancavano scene di aperta satira politica; l’astuto Beaumarchais, però, dopo una complessa battaglia condotta da abile stratega, ottenne dal re il permesso per una rappresentazione privata nel castello di Gennevilliers in presenza dei nobili il 27 settembre 1783 e, poi, per una pubblica che suscitò tanto scalpore. Se in Francia Le mariage de Figaro ebbe così la sua prima rappresentazione, diverso fu il suo destino negli altri paesi europei; nell’Austria degli Asburgo, per esempio, ne era stata proibita la rappresentazione dall’imperatore Giuseppe II che aveva intravisto nel testo elementi tali da attizzare l’odio sociale. La prima opera firmata da Mozart e Da Ponte nasceva, quindi, tra tante difficoltà come ricordato dallo stesso librettista nelle sue memorie:
“io mi misi serenamente a pensar a’ drammi, che doveva fare pe’ miei due cari amici Mozzart [sic] e Martini. Quanto al primo, io concepii facilmente che la immensità del suo genio domandava un soggetto esteso, multiforme, sublime. Conversando un giorno con lui su questa materia, mi chiese se potrei facilmente ridurre a dramma la commedia di Beaumarchais, intitolata Le nozze di Figaro. Mi piacque assai la proposizione e gliela promisi. Ma v’era una difficoltà grandissima da superare. Vietato aveva pochi dì prima l’imperadore alla compagnia del teatro tedesco di rappresentare quella commedia, che scritta era, diceva egli, troppo liberamente per un costumato uditorio: or come proporgliela per un dramma? Il baron Vetzlar offriva con bella generosità di darmi un prezzo assai ragionevole per le parole, e far poi rappresentare quell’opera a Londra od in Francia, se non si poteva a Vienna; ma io rifiutai le sue offerte e proposi di scriver le parole e la musica secretamente, e d’aspettar un’opportunità favorevole da esibirla a’ direttori teatrali o all’imperadore, del che coraggiosamente osai incaricarmi. Martini fu il solo che seppe da me il bell’arcano, ed egli assai liberamente, per la stima ch’avea di Mozzart, consentì che io ritardassi a scriver per lui, finché avessi terminato il dramma di Figaro. Mi misi dunque all’impresa, e, di mano in mano ch’io scrivea le parole, ei ne faceva la musica. In sei settimane tutto era all’ordine. La buona fortuna di Mozzart volle che mancassero spartiti al teatro. Colta però l’occasione, andai, senza parlare con chi che sia, ad offrir il Figaro all’imperadore medesimo. «Come!» diss’egli. «Sapete che Mozzart, bravissimo per l’istrumentale, non ha mai scritto che un dramma vocale, e questo non era gran cosa!» «Nemmen io,» replicai sommessamente, «senza la clemenza della Maestà Vostra non avrei scritto che un dramma a Vienna.» «È vero,» replicò egli; «ma queste Nozze di Figaro io le ho proibite alla truppa tedesca.» «Sì,»soggiunsi io; «ma, avendo composto un dramma per musica e non una commedia, ho dovuto ommettere molte scene e assai più raccorciarne, ed ho ommesso e raccorciato quello che poteva offendere la delicatezza e decenza d’uno spettacolo, a cui la Maestà sovrana presiede. Quanto alla musica poi, per quanto io posso giudicare, parmi d’una bellezza maravigliosa.» «Bene: quand’è così, mi fido del vostro gusto quanto alla musica e della vostra prudenza quanto al costume. Fate dar lo spartito al copista.» Corsi subito”.
Il racconto di Da Ponte non è del tutto attendibile, in quanto studi recenti hanno dimostrato come l’imperatore, desideroso di dare di sé un’immagine di sovrano illuminato, non solo non abbia ostacolato la rappresentazione, ma abbia preso parte attiva alla realizzazione dell’opera dalla quale fece, però, espungere le scene più rivoluzionarie.


Composta dopo la stesura dell’intera partitura, l’ouverture sembra ispirata, come notato da Otto Jahn, uno dei primi biografi di Mozart, al sottotitolo della commedia francese La folle journée; è, infatti, una pagina brillante, in forma-sonata senza sviluppo, che introduce perfettamente il vortice degli eventi grazie anche alla scelta di Mozart di eliminare dalla versione definitiva un Andante inserito nell’originale prima della ripresa del primo tema dopo un improvviso arresto sull’armonia della dominante. Al primo serpeggiante tema esposto in pianissimo dagli archi e dei fagotti, i quali con il loro timbro danno ad esso un garbato e raffinato tocco di ironia, fa da pendant il secondo pomposo e altrettanto ironico tema introdotto da una cadenza imperfetta (IV-I) frequente nei lavori di Johann Christian Bach, compositore particolarmente ammirato da Mozart.