Richard Wagner (1813-1883): “Der fliegende Holländer” (1843)

Opera romantica in tre atti su libretto proprio, da “Memoires der Herrn von Schnabelewopski” di Heinrich Heine. Prima rappresentazione: Dresda, königlsches Sachsisches Hoftheater, 2 gennaio 1843.
“Questo olandese volante, che ripetutamente e con tanta forza di attrazione emerse dalle paludi e dei flutti della mia vita, fu il  primo poema del popolo che mi penetrò profondamente nel cuore e mi sollecitaò come artista, a interpretarlo e a dargli forma di opera d’arte “.  In queste parole Wagner traccia la genesi  del poema dell’olandese volante che nella prima stesura del testo letterario era intitolato Il vascello fantasma. Nel modo in cui Wagner parla del suo poema si vuole cogliere  un riferimento autobiografico, quasi che egli volesse nell’Olandese volante un’immagine di se stesso. Questo ha una importanza relativa, perché, in poesia e musica, il caso individuale è superato dall’universalità che il mitico personaggio racchiude in sé. Il Il dramma dell’Olandese non è il dramma di un singolo isolato in se stesso, ma il dramma di un momento della natura umana travolta nei vortici dell’esistenza. È  il dramma dell’eterno vagare dell’uomo alla disperata ricerca di pace. E l’estensione interminabile in cui si compie il suo volo veloce come il vento è il mare che Wagner chiama il suolo della vita:disperata visione dell’insolubili mistero del destino umano destino. In questo senso il vascello fantasma potrebbe dirsi il poema del mare, nel grandioso e tempestoso estendersi verso  limiti sconosciuti che l’uomo vuole  scoprire nel suo irrefrenabile desiderio di conoscenza. E non è solo, il navigatore disperato raffigurato nell’Olandese, ma è circondato da un equipaggio di spettri in cui si proietta la sua coscienza tormentata. E veramente è un fantasma Il vascello che lo porta e fantastico e il suo volo.

Un navigatore audace aveva osato giurare, con insolente protervia, che avrebbe superato i limiti estremi della terra, segnati dal mare e toccati dall’uomo, si era espresso con tracotanza, come una sfida all’eternità. Lo attendeva terribile una punizione: essere condannato a vagare eternamente in un affannoso inappagato desiderio di pace. Sarà come un ebreo errante del mare. Nell’opera di Wagner questo protagonista della disperazione si presenta subito con un monologo che è come una confessione della sua tragedia interiore. Qui si rivela l’originale concezione wagneriana del compenetrarsi di poesia e musica, di recitazione cantata e sinfonia su un tappeto tematico. Egli potrà trovare la salvezza e la pace solo nell’amore di una donna che gli sarà fedele. Ma non esiste più fedeltà sulla terra. Non gli resta che attendere il giorno del giudizio. Quando tutti i morti risorgeranno allora egli si perderà nel nulla. Ma l’incontro con Senta, così piena di affetto e pietà, gli dà conforto e speranza. È lei che lo porterà alla salvezza.
Senta è una figura di donna psicologicamente complessa più di quello che Wagner non intendesse in un commento posteriore del poema. Preoccupato potesse apparire come una sciocca sentimentale, la definisce creatura semplice “ingenua e spontanea”. Ma in realtà, nella rappresentazione poetica e musicale, Senta  risulta di una femminilità piena, fantasiosa ed anche un po’ morbosa.   Ella si esalta davanti a un ritratto che raffigura un essere immaginario ma esistente e ne fa oggetto di un sentimento profondo. È un presentimento che diventa sentimento. E si espande tutto nella ballata che è la lirica della sua vita interiore e in quella musica la sua anima  si riversa e si configura. Ingenua e spontanea, come la descrisse Wagner, creatura schietta e senza infingimenti retorici, ma di una ingenuità che sfocia nel tragico e di una spontaneità che è espressione della sua natura insoddisfatta, assetata di redenzione.
La ballata di Senta è veramente come la voleva Wagner una ballata drammatica: il suo inconfondibile motivo si intreccia, con quello dell’Olandese, la trama musicale dell’opera. Erik appare come un pallido tenore da “lied” salvo quando inconsapevole strumento del destino, provoca la catastrofe finale e diventa un tenore d’opera vecchio stile. Innamorato di Senta, vedendola attratta da un altro uomo, tenta di richiamarla al suo amore, ma L’Olandese che ha ascoltato, non visto, si crede tradito. Tutto crolla, deve partire. E Senta lo seguirà, e mentre la suo nave si allontana si getta in mare. Il vascello dell’olandese, più fantasma che mai, affonda col suo equipaggio, e nella luce di un’alba radiosa L’Olandese e Senta appaiono trasfigurati in una unione di redenzione. Riguardo alla musica l’Olandese volante presenta ancora tratti convenzionali “vecchio stile”, ma questi vengono superati da momenti di grande lirismo in cui si annuncia la nascita della personalità wagneriana. Opera e dramma non sono più, come in teoria, termini antitetici ma si conciliano in un insieme armonico.