Georges Bizet (1838 – 1875): “Sinfonia in do maggiore” (1855)

Georges Bizet (Parigi 1838 – Bugival 1875)
Sinfonia in do maggiore
Allegro vivo-Andante-Scherzo-Finale
La Sinfonia in do maggiore, composta dal diciassettenne Bizet in poco più di un mese tra la fine di ottobre e la fine di novembre del 1855, fu conosciuta ed apprezzata dal pubblico soltanto ottant’anni dopo la sua composizione quando il direttore Felix Weingartner, sollecitato da D. C. Parker, biografo inglese di Bizet, decise di strapparla al lungo oblio eseguendola a Basilea il 26 febbraio 1935, decretandone, così, il trionfo; da quel momento, infatti, l’opera entrò a far parte stabilmente del repertorio sinfonico. Ma quale fu la causa di tanto oblio? Probabilmente le sue affinità con la Sinfonia in re maggiore di Gounod eseguita, per la prima volta, nei primi mesi del 1855 e trascritta da Bizet per pianoforte a quattro mani, indussero quest’ultimo a non considerarla tanto da non fare mai riferimento ad essa nelle sue lettere. Effettivamente l’uso delle fanfare, le veloci figure affidate agli archi, il fugato del movimento lento sono anche caratteri del lavoro di Gounod la cui tecnica Bizet ben conosceva dal momento che Gounod era stato spesso il sostituto di Joseph Guillaume Zimmermann, insegnante di composizione di Bizet al Conservatorio di Parigi. Alla sua morte la vedova Geneviève, non comprendendo l’importanza dei manoscritti del marito e dimostrando totale indifferenza ad una loro eventuale esecuzione per aver dedicato la sua vita al suo salotto e alla sua salute, come da affermazione del biografo Winton Dean, regalò il manoscritto della Sinfonia, insieme ad altri, tra cui quella della Jolie Fille de Perth, al suo intimo amico Reynaldo Hahn il quale, considerandolo privo d’interesse, lo affidò in deposito al Conservatorio di Parigi.
Il manoscritto fu riscoperto nel 1933 da Jean Chantavoine che lo analizzò nel suo primo articolo scritto per «Le Ménestrel» e cercò inutilmente d’interessare la Radio Francese e alcune orchestre. Riuscì in questo scopo, stimolato dagli articoli di Chantavoine, il biografo inglese di Bizet Parker che comunicò il suo entusiasmo, come già detto, al direttore Weingartner il quale inserì la Sinfonia in un suo concerto.
Oltre alle affinità con la Sinfonia di Gounod, ne sono state rilevate altre con le prime sinfonie di Schubert e, soprattutto, influenze mozartiane e beethoveniane. Per quanto riguarda Schubert è significativo quanto scrisse Winton Dean:
“Ascoltando la Sinfonia in do maggiore io avevo sempre immaginato Bizet come un ragazzo che suonava duetti di Schubert con sua madre, brava pianista”,
puntualizzando, poi:
“Ciò deve essere del tutto fortuito (i lavori strumentali di Schubert non erano allora conosciuti a Parigi e Bizet, sebbene più tardi acquistasse alcuni lavori di Schubert come canzoni e gli arrangiamenti per pianoforte di tre ouvertures, non lo nomina mai nelle sue lettere). È un’affinità di genio”.
L’influenza mozartiana è ammessa dallo stesso Bizet che ebbe modo di affermare:
“Io ho il coraggio di preferire Raffaello a Michelangelo, Mozart a Beethoven, Rossini a Meyerbeer”.
Così, pur essendo Gounod il modello principale, i due temi contrastanti del primo movimento hanno il primo carattere beethoveniano e il secondo mozartiano, mentre l’Adagio richiama Rossini e, nell’orchestrazione, Mendelssohn. Le affinità a livello spirituale con Schubert risaltano, invece, nell’estensione della melodia, nella fugace incursione al relativo minore che caratterizza il secondo tema del primo movimento, nella realizzazione delle modulazioni del corrispondente tema del Finale, nel fluire delle melodie cantabili, nella ripetizione del materiale in tonalità contrastanti e, infine, nella vivacità dei ritmi.


Il primo movimento, Allegro vivo, scritto in forma-sonata evidenzia la sua ispirazione classica nel contrasto tra i due temi, dei quali il primo è costruito su un arpeggio ascendente dell’accordo tonale, anche se non mancano, in alcuni passaggi, delle anticipazioni al mondo musicale di opere più mature come Jeux d’enfants e L’Arlésianne. Nel secondo movimento, Adagio, si nota la progressiva affermazione di alcuni elementi tipici della scrittura di Bizet, riscontrabili, soprattutto, nel tema, affidato all’oboe, che appare dopo una breve introduzione. La sua melodia richiama atmosfere e colori esotici che, da una parte, possono rivelare l’influenza di alcuni lavori francesi contemporanei, come Le Désert di David, dall’altra, anticipa alcuni esiti che Bizet avrebbe raggiunto nei Pêcheurs de perles e nell’Arlésianne. La sezione centrale del movimento, occupata da una fuga, è stata definita accademica dalla critica, ma la ripresa della melodia affidata all’oboe riporta l’ascoltatore all’incantesimo iniziale. Il terzo movimento, Scherzo, è estremamente vivace nel tema iniziale dotato di quella vitalità tipica della musica di Bizet, che, oltre ad essere utilizzato nella deliziosa melodia affidata, in seguito, agli archi, informa anche il materiale melodico del Trio. Il Finale è il movimento che presenta maggiori anticipazioni dei futuri capolavori di Bizet, come è possibile rilevare già nel primo tema, che preannuncia la musica della Corrida nella Carmen, e nel ponte modulante, il cui tema presenta una struttura ritmica di marcia prefigurante il coro dei monelli della stessa opera. Di straordinaria eleganza è il secondo tema, mentre lo sviluppo si limita a ripresentare i temi in tonalità diverse senza svilupparli adeguatamente