Franz Joseph Haydn (1732 – 1809): “Sinfonia n. 88 in sol maggiore” (1787)

Franz Joseph Haydn (Rohrau 1732 – Vienna 1809)
Sinfonia n. 88 in sol maggiore  Hob. 1:88

Adagio, Allegro-Largo-Menuetto. Allegretto-Finale. Allegro con spirito
Nel 1787 reduce dai successi ottenuti con la serie delle 6 Sinfonie parigine, Haydn pensava certamente al mercato editoriale molto ricettivo della capitale francese per pubblicare alcune sue nuove composizioni. Fu in virtù di questa intenzione di collocare presso un editore parigino alcune sue nuove composizioni che Haydn consegnò questa sinfonia a Johann Peter Tost, primo dei secondi violini dell’orchestra di Esterháza, insieme alla n. 89 e ai sei quartetti per archi op. 54/55, perché la portasse a Parigi ai fini di un’eventuale pubblicazione. Proprio questa particolare destinazione influì sulla composizione di queste sinfonie che, come notato dal musicologo statunitense Robbins London, il più importante biografo di Haydn del XX sec.:
“non sono sinfonie cortigiane o monastiche, da eseguirsi per il piacere di un pugno di spettatori, ma sono lavori grandiosi, composti per una grande orchestra e destinati ad un pubblico di massa. La vita concertistica pubblica a Vienna negli anni Ottanta era in ritardo rispetto a quella di Londra e Parigi e non si ha notizia che le sinfonie di Haydn venissero eseguite in quelle città. L’incoraggiamento all’attività creatrice proveniva esclusivamente dai racconti dei musicisti che si erano recati in città lontane. Il risultato furono alcune sinfonie che costituiscono un vertice per l’evoluzione del genere”.
Tost, però, una volta a Parigi, speculò sulle partiture di Haydn e le due sinfonie a lui affidate furono al centro di una controversia che vide su fronti opposti anche due editori.

Il primo movimento si apre con una serena introduzione lenta, Adagio, caratterizzata da una scrittura accordale dalla quale non scaturisce un vero e proprio tema, mentre un tema gagliardo, esposto in pianissimo nelle prime due battute dai violini primi e secondi, informa l’intero Allegro in forma-sonata, nel quale si manifesta la capacità di Haydn di trasformare un unico semplice motivo tematico facendolo passare anche attraverso tonalità lontane. Una scrittura intrisa di dolce lirismo caratterizza il secondo movimento, Largo, interamente percorso da un tema esposto dal violoncello solista raddoppiato spesso dall’oboe e ornato in modo sempre diverso dagli altri strumenti che eseguono variazioni ed eleganti florilegi. In questo secondo movimento, inoltre, appaiono nei momenti più drammatici timpani e trombe che non erano stati impegnati nel primo movimento. Al lirismo del secondo movimento si contrappone l’energico Menuetto, nel cui Trio si può apprezzare un effetto che ricorda il suono della cornamusa ottenuto grazie alla melodia cantilenante dei violini in ottava, raddoppiati dagli oboi e dai flauti, sostenuti dalle quinte vuote delle viole, raddoppiate dai fagotti e dai corni. Di straordinaria inventiva è il Finale che dal punto di vista formale è una magistrale sintesi della forma-sonata e di quella del rondò. In questo movimento Haydn non solo mostra tutta la sua maestria nel contrappunto svolgendo lo spumeggiante tema iniziale in un canone stretto di circa trenta battute, ma non rinunzia nemmeno a sorprendere il suo pubblico inserendo nella parte conclusiva delle strappate che sembrano arrestare la musica e rendono ancor più travolgente la brillantissima coda.