Antonín Dvořák (Nelahozeves 1841 – Praga 1904)
Sinfonia n. 7 in re minore (del tempo torbido), Op. 70, B. 141
Allegro maestoso-Poco adagio-Scherzo: Vivace – Poco meno mosso-Finale: Allegro
“Il primo tema della mia nuova sinfonia mi balenò in mente all’arrivo del treno in festa che portava i nostri compatrioti da Pest”.
Così lo stesso Dvořák ricordò la genesi del primo tema della Settima sinfonia, che appare ispirata dalle lotte per l’indipendenza della nazione ceca. Quel treno, infatti, portava molti compatrioti che avrebbero partecipato al Teatro Nazionale di Praga ad una serata in supporto di queste lotte politiche. Avendo ottenuto una certa notorietà internazionale ed essendo molto apprezzato a Londra dove erano state eseguite con successo la sua Sesta sinfonia (la Prima ad essere pubblicata) e lo Stabat Mater, Dvořák aveva ricevuto dalla Società Filarmonica di Londra un’importante commissione per una nuova sinfonia. Inizialmente sembrò che la composizione della sinfonia, iniziata il 13 dicembre 1884, scorresse abbastanza agevolmente. Dvořák, che abbozzò il primo movimento in appena cinque giorni e il secondo dieci giorni dopo, sembrava preso da un intenso fervore creativo, come si intuisce da una lettera indirizzata ad un suo amico:
“Adesso io sono impegnato nella composizione di questa sinfonia per Londra, e dovunque io mi trovi non riesco a pensare a nient’altro. Dio conceda a questa musica ceca di commuovere il mondo”.
In realtà, come si evince da altre lettere dopo questo fervore iniziale, la composizione della sinfonia, che reca il sottotitolo del tempo torbido per il suo carattere austero, ma anche per le tensioni romantiche che la attraversano, procedette più lentamente e fu completata il 17 marzo 1885. Molti furono i ripensamenti che coinvolsero soprattutto il secondo movimento della sinfonia, nella quale si possono rilevare anche le influenze della Terza sinfonia di Brahms.
Il primo movimento, Allegro Maestoso, nella classica forma-sonata con un’ampia sezione di sviluppo, vive del contrasto tra il primo tema appassionato e misterioso affidato alle viole e ai violoncelli e il secondo, in si bemolle maggiore, intriso di una malinconica cantabilità alla quale non sono estranei echi brahmsiani. Di struttura tripartita il secondo movimento, Poco adagio, vive del contrasto tra la serena e calma tranquillità della parte iniziale e finale e i momenti di accesa passione che contraddistinguono la sezione centrale. Il terzo movimento, Scherzo, è in realtà un brillante furiant caratterizzato dalla sovrapposizione di due temi dalla struttura ritmica contrastante, 6/4 e 3/2, che persiste anche nel Trio. Di carattere eroico è il Finale la cui struttura si ricollega a quella del primo movimento quasi a stabilire una forma di simmetria. Dopo un inizio tenebroso la tensione si stempera in un tema struggente affidato ai violoncelli che mostra evidenti echi brahmsiani.