Dramma in quattro atti su libretto di Luigi Illica, dal romanzo “Die Geyer-Wally” (1875, versione drammatica 1880) di Willemine von Hillern. Prima rappresentazione: Milano, Teatro alla Scala, 20 gennaio 1892.
È la quinta è la migliore opera del compositore. Si tratta anche dell’ultima poiché fu scritta l’anno precedente la morte. L’idea di questo soggetto venne a Catalani leggendo un romanzo d’appendice nel giornale milanese “La Perseveranza”, tradotto dal tedesco con il titolo “La Wally dell’avvoltoio”. Il lavoro fu ultimato in pochi mesi. Nella Wally conferma lo stile del compositore, fatto di melodramma tradizionale italiano, di una autentica velatura di poesia, di romanticismo e di influenze wagneriane e francesi. Wally è rappresentata nelle diverse sfumature del suo animo di donna: ora dolce, ora accecata di gelosia, o vendicativa o passionale, pronta a sacrificarsi per l’uomo amato. Sempre in primo piano senso drammatico del sentimento d’amore che, in questo caso, porta la protagonista a una situazione di solitudine, di isolamento, di desolazione, per poi culminare nell’epilogo della morte. Altrettanto importante è la raffigurazione del mistero della natura, l’ineluttabilità del destino, il sentimento sublime della morte, espressi in una raffinata ricerca armonica. La celebre aria di Wally, “Ebben, ne andrò lontana” è tratta da “La chanson Goelandaise” (1878) su versi di Jules Verne è un bellissima unione di canto e declamazione. Su questa linea si svolge l’ultimo atto, estremamente intimistico: Wally e Hagenbach, in solitudine, tra i monti ricoperti di neve, il bianco del paesaggio circostante fanno da sfondo a un’armonia rarefatta, intrisa di passaggi che fanno della Wally uno dei lavori più interessanti e moderni del teatro musicale italiano dell’800. Toscanini, che era un grande ammiratore di Catalani e della Wally, impose questo nome a una sua figlia.
In allegato il libretto dell’opera