«Le sequenze di pas de caractère creavano un cambio di stato d’anima o di livello energetico che prestava varietà ad una produzione, mentre i ritmi e i temi musicali funzionavano per il pubblico europeo come ulteriori segnali di esotismo» (Madison U. e Debra H. Sowell, Il balletto romantico: tesori della Collezione Sowell, L’Epos, Palermo 2007). Le danze di carattere appartengono a un genere nato dalla tradizione popolare, con elementi d’invenzione folclorica. Dopo la caduta dell’impero napoleonico e il periodo della Restaurazione, le danze nazionali acquistano maggiore visibilità, segno dell’interesse per quel tipo di identità e per le tradizioni popolari, che è prerogativa anche del movimento romantico. Gli accenni della definizione di questo genere di danza teatrale si intuiscono già nelle discussioni teoriche del 1773 di due grandi maestri della danza, l’italiano Gasparo Angiolini e il francese Jean-Georges Noverre. Anche Carlo Blasis nei celebri capolavori didattici pubblicati a partire dagli anni Venti dell’Ottocento parla distesamente delle danze teatrali e le classifica in tre generi, facendo notare l’importanza e la notorietà di quelle di carattere per la storia del teatro musicale quale fonte della cultura coreutica dei diversi popoli. Il balletto romantico dei primi decenni dell’Ottocento è formato da due elementi: il divertissement e la danse noble; le danze di carattere vengono inserite nella parte del divertissement all’interno di scene che si traducono in ricevimenti a palazzo, conviti popolari o altre feste locali, in titoli come: La Tarentule (coreografia di Jean Coralli e musica di Casimir Gide, 1839) o La Gipsy (coreografia da Joseph Mazilier, 1839). In ogni caso, bisogna attendere la seconda metà del secolo per trovare documentata un’autentica consapevolezza nel recupero delle tradizioni locali delle singoli nazioni a partire dalla musica e con la trasformazione del folclore in un genere nuovo. Questo fenomeno investe soprattutto il balletto: nella scuola russa di fine Ottocento la musica di Tchaikovsky incontra il genio di Marius Petipa ed è quello il punto iniziale in cui si opera la fusione di classico e popolare a grande scala; ad ogni produzione di La Bayadère, Il lago dei cigni, Don Chisciotte, La Source, o Coppélia le danze di carattere diventano il naturale contrappunto degli elementi formali accademici. Danze come la Polka, la Tarantella, la Lituana, la Czarda, il Bolero, la Polonaise, la Mazurka, la Ruskaia, la Cracovienne e tante altre di provenienza orientale, greche, cosacche, abbondano nelle tematiche esotiche dei balletti romantici più conosciuti. Petipa (1822-1910) è tra i coreografi che ricoprono un posto preminente in questo sviluppo culturale: ballerino, coreografo e maestro di ballo francese, aveva vissuto alcuni anni in Spagna, ingaggiato dal Teatro del Circo di Madrid (1844-1847), e aveva studiato con speciale interesse le danze popolari iberiche. Grazie alle nuove conoscenze etnico-musicali e al contatto diretto con la cultura spagnola, in Petipa rimase viva per tutta la vita una predilezione per le danze spagnole, che inserì nelle sue coreografie posteriori. Nelle memorie autobiografiche è egli stesso a raccontare che mentre viaggiava per la Spagna studiava appassionatamente la cultura musicale del paese, alla ricerca dei migliori esempi di arte popolare, imparando a suonare le nacchere e praticando il ballo con i migliori maestri andalusi. Le coreografie che testimoniano questa fase della sua formazione e la massiccia presenza della danza di carattere spagnola sono La perle de Séville (1845), Carmen et son toréro (1845), La fleur de Granade (1846) e molti altri. Anche Lev Ivanov (1834-1901) creò una serie di interessanti danze di carattere per Lo Schiaccianoci; Serghei Diaghilev (1872-1929), direttore dei Balletti Russi, nelle stagioni parigine degli anni 1909-1911 propose una serie di rappresentazioni in cui l’influenza delle danze tipiche di varie nazioni era notevole e costituiva l’esito di uno studio coreografico analitico. Tale attenzione non ha cessato di manifestarsi nei coreografi della seconda metà del Novecento, che nella danza di carattere hanno ricercato un possibile campo di innovazione: Maurice Bèjart (1927-2007) ha segnato questa tendenza con le Sette Danze Greche, ma si potrebbe anche ricordare l’intreccio tra la tecnica della danza classica accademica e le danze popolari cinesi, di cui i lettori di «GBopera» hanno avuto notizia in una cronaca madrilena (El destacamento rojo de mujeres, 2018). Attualmente, ogni compagnia di balletto annovera nella sua formazione un maître, un gruppo di primi ballerini, ballerini solisti, corpo di ballo e primi ballerini di carattere, giacché le danze di carattere sono parte integrante del repertorio del balletto classico. Il paese che ha contribuito di più allo studio e alla valorizzazione delle danze di carattere è senza dubbio la Russia; tuttavia, anche altri paesi vantano un’importante tradizione di studio dei repertori nazionali: Australia, Cuba, Repubblica Ceca, Ungheria, Regno Unito studiano le danze di carattere come una materia importante, necessaria per la formazione di un ballerino completo.
Fra le danze di carattere che meglio si conoscono e che più stimolano la fantasia e producono emozione c’è la Mazurka, a cui vogliamo dedicare un’analisi centrata sulla struttura ritmica e un ricordo dell’impronta lasciata in alcuni indimenticabili balletti classici. La Mazurka è una danza di origine polacca; stabilire una data di nascita precisa è molto difficile ma secondo alcuni studiosi si potrebbe individuare intorno ai primi decenni del XIV secolo; tuttavia, è solo con il XVIII secolo che entra a far parte delle abitudini e dei costumi del popolo, stabilizzandosi con un tempo ternario, un ritmo intenso e con pause scandite con chiarezza. Durante il secolo XIX l’attenzione dei compositori determinò una serie di varianti formali, per cui la mazurka cessò di essere soltanto un ballo popolare e, diffondendosi in tutta Europa, il suo termine poteva indicare danze molto diverse: ballo di corte della nobiltà, ballo di sala dell’epoca napoleonica, danza popolare polacca; ognuna di queste varianti corrisponde a caratteristiche socio-storiche ben definite, che a loro volta influenzano scelte musicali e coreografiche. Esistono infatti anche la polca-mazurka, il valzer-mazurka e la quadriglia-mazurka, nelle cui strutture musicali non sempre si fondono le componenti tipiche di ciascuno dei ritmi popolari originali, come si potrebbe pensare. Per esempio, la polca-mazurka è un’interpretazione nuova delle precedenti strutture, poiché il ritmo è pungente e irregolare, pone l’accento sul secondo o terzo tempo della battuta, concedendo molto spazio all’improvvisazione (sia dei musicisti sia dei danzatori). Il valzer-mazurka (o mazurka colta) ha un ritmo moderato-veloce, con un metro musicale di 3/4 o 3/8, un incedere maestoso e si distingue per la congiunzione di energia e allegria. Comunque sia, non è possibile ricostruire la popolarità della mazurka e la diffusione delle sue varianti senza parlare del contributo determinante di Frédéric Chopin (1810-1849). All’interno di una vasta produzione di mazurke e polonaise (più di cinquanta pezzi concepiti per il pianoforte), Chopin seppe dotare questo genere musicale di una brillantezza e raffinatezza formali che prima gli erano sconosciute. La fama del compositore e il successo dei suoi concerti in tutta Europa introdussero in tutti i saloni di ballo questa musica particolare, che conserva il tratto ritmico della melodia popolare, arricchito però di poesia raffinata, malinconia e lirismo. Attraverso la mazurka Chopin riesce a trasportare l’ascoltatore a differenti paesaggi, lasciandogli sempre una sensazione di leggerezza e di mistero. È naturale che, in seguito a tanta fortuna, anche altri compositori (non solo polacchi) si siano dedicati alla scrittura della mazurka e all’esplorazione delle sue poliedriche potenzialità: Michail Glinka innestò la mazurka nella scuola nazionale russa, seguito da Aleksandr Glazunov (1865-1936), Modest Mussorgsky e, naturalmente, Piotr Tchaikovsky. Nell’Europa mediterranea compositori come Léo Delibes, Cesare Pugni e Ricardo Drigo hanno emozionato i teatri del mondo intero con le loro personali riscritture della mazurka. Per rendersi conto della duttilità strutturale di questa danza sarà sufficiente richiamare quattro esempi storici e fondamentali: uno di carattere archetipico, su musica originale di Chopin ma approdato all’ambito coreutico solo posteriormente, e tre provenienti da balletti entrati nel repertorio internazionali. Il brano di Chopin fu orchestrato da Glazunov e destinato alla raccolta Chopiniana nel 1893 insieme ad altri quattro pezzi: Polonaise in la maggiore, op. 40 n. 1, Nocturne in fa maggiore, op. 15 n. 1, Mazurka in do diesis minore (risalente al 1832), op. 50 n. 3, Waltz in do diesis minore, op. 64 e Tarantella in la bemolle maggiore, op. 43; è importante ricordare che tale versione sarebbe poi stata scelta dal coreografo russo Michail Fokine (1880-1942) per il balletto Les Sylphides (1907), di ispirazione musicale tutta chopiniana. La dolcezza della melodia e il carattere romantico insieme alla variabilità ritmica differenziano la mazurka di Chopin da tutte quelle che successivamente si scrissero come numero di balletto; infatti, nelle Sylphides tale mazurka non è ballata come una danza di carattere popolare, bensì come un pezzo classico sorretto da una melodia di dolcissima vitalità.
Lo stile musicale della mazurka impiegata all’interno di un balletto può essere molto differente: da un incedere aristocratico e solenne a un tipo più semplice, quasi minimalista; a determinare la differenza è soprattutto la ricchezza dell’orchestrazione. La danza non perde mai un carattere di nobiltà, e al tempo stesso di libertà compositiva: a differenza del valzer, infatti, i temi melodici e le cellule ritmiche della mazurka sono distribuiti secondo una struttura non rigidamente predeterminata, ma libera di articolarsi secondo l’ispirazione del compositore. Pertanto, il carattere complessivo di una mazurka dipende soprattutto dalla funzionalità espressiva e drammaturgica relativa al momento narrativo in cui è inserita.
(La mazurka di Paquita con la coreografia di Petipa per la versione del 1881)
Il caso di Coppelia è forse il più emblematico sul piano strutturale: la mazurka composta da Delibes è così gioiosa, così rappresentativa di una festa nazionale – insieme eroico-cavalleresca e popolare, con uno spazio per il ripiegamento malinconico – insomma, così riassuntiva di tutte le temperature emotive del balletto, che il compositore decise di collocarla anche nel preludio, in modo che il suo tema iniziale si fissasse nella memoria dell’ascoltatore a livello puramente strumentale, per poi tradursi in coreografia nella scena IV del I atto, pochi minuti dopo l’apertura del sipario.
(La mazurka di Coppelia con la coreografia di Arthur Saint Leon, 1870)
La mazurka del Lago dei cigni si riassume nella cifra unica dell’eleganza; prima di tutto rientra nella categoria del valzer-mazurka, dalla struttura molto semplice, funzionale all’atmosfera sognante della festa al palazzo reale; l’originalità musicale consiste nel piglio ascendente del tema principale, una manifestazione di ardore e passione, che caratterizza anche molte altre danze di carattere dello stesso balletto.
(La mazurka del Lago dei cigni con la coreografia originale di Julius Wenzel Reisinger, 1877)
La piccola antologia si può concludere con Raimonda di Glazunov (1898), un balletto composto e rappresentato ormai alle soglie del Novecento, quando il genere classico sembrava tramontato, superato dai fermenti di avanguardia musicale. Di fatto, Raimonda rende omaggio al Lago dei cigni sia nella struttura sia nella ripartizione di numerose danze di carattere tra II e III atto. Eppure, il sigillo della riflessione sulla mazurka è impresso nel suo compositore, proprio quel Glazunov appassionato studioso di Chopin e responsabile del trapasso-adattamento della mazurka pianistica alle scene del balletto. La mazurka di Raimonda, inserita in un carosello di numeri nazionali, ha una musica dal carattere dolce, funzionale a rappresentare una festa campestre: al suo interno si apprezza la presenza di un valzer-mazurka (o mazurka colta), ricco nella melodia, nell’uso del legato, sorretto da un’orchestrazione basata sugli strumenti a fiato, senza alcun pizzato degli archi, insomma un ulteriore omaggio alla tradizione più classica, ormai giunta all’apogeo. Considerata la ricchezza coreografica che la mazurka apporta ai balletti classici e la facilità con cui le sue melodie si imprimono nella memoria (certamente superiore rispetto alla czarda o altri tipi nazionali o regionali), non è fuori luogo definirla la “regina delle danze di carattere”.
(La mazurka di Raimonda con la coreografia di Petipa, al minuto 1:40:45)