Beethoven 2020 – 250 anni della nascita del compositore
CD 1: Sonata n.1 in fa maggiore Op. 5, Sonata n. 2 in sol minore Op. 5; Sonata n. 3 in la maggiore Op. 69.
CD 2: Sonata No. 4 in do Maggiore Op. 102, n.1; Sonata N. 5 in re Maggiore Op. 102, n.2; 12 Variazioni in sol maggiore WoO 45su un tema dall’Orotario di Händel “Judas Maccabäus“; 12 Variazioni in fa maggiore op. 66 su “Ein Mädchen oder Weibchen“dal Flauto Magico di Mozart; Sette variazioni in mi bemolle maggiore su “Bei Männern, welche Liebe fühlen“,dal Flauto Magico di Mozart. Julius Berger (violoncello). Margarita Höhenrieder (pianoforte). Registrazione: 2018/2019 presso il Bietigheim-Bissingen Kronenzentrum. T. Time: 74′ 03″ (CD 1), 63′ 31″ (CD 2). 2 CD Solo Music SM 338
Pur non essendo molto cospicua, la produzione per violoncello e pianoforte di Beethoven costituisce comunque una pietra miliare nella storia di questo particolare repertorio strumentale e, per certi aspetti, una testimonianza dell’evoluzione stilistica del compositore dal momento che abbraccia un arco di tempo che va dalla fase giovanile a quella che Wilhelm von Lenz chiamò, con una definizione non da tutti accettata, il terzo stile. Prima di Beethoven, infatti, altri compositori, come Boccherini e Duport, avevano composto dei lavori per violoncello accompagnato dal pianoforte, ma mai si erano spinti fino all’elaborazione della forma-sonata evidente già nelle due giovanili sonate dell’Op. 5, composte nel 1796 per il re Federico Guglielmo II di Prussia e fino ad una scrittura in cui i due strumenti si integrassero perfettamente. Appassionato di musica e violoncellista dilettante, il re prussiano si era circondato dei migliori violoncellisti dell’epoca tra cui Boccherini e Duport con il quale Beethoven eseguì queste due sonate dalla struttura formale piuttosto particolare. Ad un Adagio introduttivo seguono un Allegro in forma-sonata e un Rondò in una scrittura che vede prevalere il pianoforte, strumento nel quale Beethoven era un virtuoso, sul violoncello la cui parte non mostra particolari difficoltà tecniche. Composta nel 1808, la Sonata in la maggiore op. 69 è, invece, più matura dal momento che mostra evidenti elementi in comune con la coeva produzione sinfonica costituita da due capolavori come la Quinta e la Sesta soprattutto a livello macroformale con la scansione in quattro movimenti, Allegro in forma-sonata, Scherzo, Adagio cantabile e Allegro vivace. In questo lavoro anche la parte del violoncello mostra una scrittura maggiormente elaborata in senso virtuosistico. Alla terza fase dell’evoluzione stilistica di Beethoven appartengono le Sonate op. 102 nelle quali si nota la volontà da parte del compositore di introdurre la polifonia nello stile classico. Estremamente originale appare dal punto di vista formale la Sonata n.4 in do maggiore che, apparentemente, ricorda le due giovanili sonate dell’Op. 5, ma differisce da questa per la scelta di Beethoven di assemblare in una struttura unica i tre movimenti classici della sonata tradizionale. Aperto da un’introduzione lenta, Andante teneramente, caratterizzata da una scrittura polifonica, questo lavoro prosegue con uno stringatissimo Allegro Vivace in forma-sonata, un Adagio, in cui figurazioni ornamentali assumono un valore espressivo, e un brillante Allegro vivace bitematico e tripartito. Più tradizionale, a livello macro-formale, è la Sonata n. 5 in re maggiore essendo costituita da tre movimenti, dei quali il primo appare in una stringata forma-sonata, il secondo è un Adagio estremamente espressivo, mentre il terzo è un Allegro fugato. Completano il programma le 12 Variazioni in sol maggiore sul tema del coro “See the conqu’ring hero comes” tratto dall’oratorio Judas Maccabaeus di Händel, composte nel 1796 e dedicate alla Principessa Christiane von Lichnowsky, moglie del Principe Karl von Lichnowsky, le 12 Variazioni sul temadella famosa aria di Papageno, “Ein Mädchen oder Weibchen”, del Flauto magico di Mozart, composte nel 1798 e, infine, le Sette variazioni in mi bemolle maggiore Wo0 46 sul tema del duetto tra Pamina e Papageno, Bei Männern, welche Liebe fühlen, risalenti al 1801.
Splendida l’esecuzione di questi lavori di Beethoven da parte del violoncellista Julius Berger e della pianista Margarita Höhenrieder che si integrano perfettamente senza perdere l’autonomia che contraddistingue le loro parti. Il pianoforte, in particolar modo, non accompagna semplicemente la parte del violoncello, ma dialoga con esso senza mai soverchiarlo e lo stesso avviene per il violoncello quando puntella i temi affidati al pianoforte. I due artisti, che, dotati di un’ottima tecnica, affrontano con disinvoltura i passi virtuosistici, mostrano grande cura per il fraseggio che presenta caratteri di intenso lirismo nei movimenti lenti e trova anche un’adeguata leggerezza nelle brillanti variazioni sui temi tratti dal Flauto magico di Mozart.