Franz Schubert (Liechtenthal 1797 – Vienna 1828)
Sinfonia n. 8 “Incompiuta” in si minore D. 759
Allegro moderato – Andante con moto
Un alone di mistero avvolge ancora la genesi e la composizione del capolavoro sinfonico di Schubert, la Sinfonia n. 8 “Incompiuta”, chiamata così perché priva degli ultimi due movimenti rispetto ai quattro complessivi che tradizionalmente costituivano, nel periodo classico, questa forma. L’unica certezza è la data di composizione, 30 ottobre 1822, apposta da Schubert sull’autografo che egli stesso inviò all’amico Hans Hüttenbrenner, esponente della Società Musicale Stiriana di Graz, in segno di gratitudine per la nomina a membro onorario. Su questa sinfonia, eseguita per la prima volta postuma ben 43 anni dopo la sua composizione, il 17 dicembre 1865 a Vienna sotto la direzione di Johann Herbeck, che, per l’occasione, aggiunse come Finale l’ultimo movimento della Terza sinfonia dello stesso Schubert, sono state formulate diverse ipotesi, delle quali alcune, per quanto suggestive, sono del tutto destituite di fondamento. La tesi, sostenuta, tra gli altri, dall’autorevole musicologo Alfred Einstein, secondo il quale Schubert avrebbe considerato la sinfonia un lavoro perfettamente compiuto soltanto con due movimenti, è smentita dall’esistenza della versione pianistica quasi completa di uno Scherzo, del quale il compositore portò a termine l’orchestrazione delle prime due pagine; non è, inoltre, verificabile l’ipotesi secondo cui l’intermezzo in si minore, tratto dalle musiche di scena per il dramma, Rosamunde, Fürstin von Cypern (Rosamunda, principessa di Cipro), di Helmina von Chézy, sia stato originariamente concepito come ultimo movimento di questa sinfonia, come è stato affermato da alcuni musicologi, tra cui gli inglesi Gerald Abraham e Brian Newbould che hanno tentato di completarla. Non si conoscono le ragioni per cui Schubert decise di non completare la sinfonia, ma è plausibile l’ipotesi che l’insistenza su uno stesso metro, il 3/4 del primo movimento, il 3/8 del secondo e, nuovamente, il 3/4 dell’incompiuto scherzo, mai attuata in nessuna delle sinfonie del periodo classico, abbia potuto indurre, molto probabilmente, il compositore a non ultimarla. Anche la scelta della tonalità di si minore, mai utilizzata da Haydn, Mozart e Beethoven, oltre a costituire uno strappo con il classicismo, apre le porte alla temperie romantica e permette a Schubert di esprimere gli angosciosi tormenti del suo animo tra immagini di morte e momenti sognanti che hanno nella memoria la loro origine.
Sul primo movimento, Allegro moderato, che della forma-sonata conserva solo l’apparenza esteriore, dal momento che i due temi si sviluppano in modo libero, il critico musicale Eduard Hanslick così si è espresso:
“Quando dopo le battute di introduzione, il clarinetto e l’oboe all’unisono elevano il loro dolce canto [primo tema] sul quieto mormorare dei violini, anche un bambino sente di quale compositore si tratta e la sala intera sussurra il nome: Schubert! Non è ancora entrato ma è come lo si conoscesse al passo, al suo modo di aprire la serratura. Su quella modulazione in minore contrasta il tema in sol maggiore del violoncello [secondo tema], un magnifico canto di Lied di piacevolezza quasi agreste, e allora ogni cuore ha un palpito come se Schubert dopo una lunga assenza comparisse in persona in mezzo a noi. Tutta questa parte è un dolce torrente di melodie chiaro come cristallo che lascia vedere ogni pietruzza sul fondo. E dappertutto un raggio di sole caldo, dorato filtra attraverso il fogliame!”
Non si può non condividere il commento di Hanslick su questo primo movimento che, aperto da una breve introduzione la cui sonorità grave, secondo il direttore d’orchestra austriaco Felix Paul Weingartner, sembra uscire dalle profondità dell’Averno, si svolge con una scrittura melodica di straordinaria purezza che qualche volta cede, nello sviluppo, il posto a momenti drammatici e si conclude con una ripresa del motivo introduttivo che, esposto da tutte le famiglie orchestrali, riporta sulla scena i fantasmi iniziali. La stessa purezza melodica contraddistingue il secondo movimento, Andante con moto, che, dal punto di vista formale, è strutturato con la giustapposizione di due episodi dei quali il primo presenta un carattere pastorale venato da una certa tristezza, mentre il secondo è pieno di pathos nella melodia esposta dal clarinetto su un accompagnamento sincopato dei violini e delle viole. Anche il percorso armonico è più tortuoso con modulazioni continue che esprimono perfettamente l’inquietudine tipica del Romanticismo. Altrettanto fine e acuto è il commento su questo secondo movimento di Eduard Hanslick che, nella parte conclusiva, non risparmia una pungente allusione a Wagner, suo bersaglio preferito:
“Più largamente e maestosamente si svolge l’Andante. Tristezze ed inquietudini affondano in questo canto pieno di intimità e di calma felicità. In tutte e due le parti la sonorità miracolosa; isolando qualche battuta di corno e qualche breve a solo di clarinetto o di oboe sullo sfondo semplice e naturale dell’orchestra Schubert ottiene degli effetti di sonorità che nessuna raffinatezza di orchestrazione wagneriana sa raggiungere”.