Brescia, Teatro Grande, Stagione lirica 2020
“WERTHER”
Dramma lirico in quattro atti su libretto di Édouard Blau, Paul Milliet e Georges Hartmann da “Die Leiden des jungen Werthers” di Johann Wolfgang von Goethe
Musica di Jules Massenet
Werther GUILLEN MUNGUÌA
Le Bailli ALBERTO COMES
Charlotte KARINA DEMUROVA
Albert GUIDO DAZZINI
Sophie MARIA RITA COMBATTELLI
Schmidt NICOLA DI FILIPPO
Johann FILIPPO ROTONDO
Brühlmann ANDREA GERVASONI
Kätchen LUISA BERTOLI
Orchestra i Pomeriggi Musicali
Coro di voci bianche del Teatro Sociale di Como
Direttore Francesco Pasqualetti
Maestro del coro Lidia Basterretxea
Regia Stefano Vizioli
Scene Emanuele Sinisi
Costumi Anna Maria Heinreich
Luci Vincenzo Raponi
Proiezioni Imaginarium Creative Studio
Nuova produzione
Brescia, 09 novembre 2020 – diretta streaming
I tempi che viviamo sono cupi e nubi ancora più minacciose si addensano all’orizzonte. Le attività culturali sono quelle che più stanno soffrendo della situazione attuale, in questa realtà molte istituzioni cercano con immensi sforzi di evitare che anche l’ultima fiammella di speranza si spenga. Il circuito lirico lombardo ha deciso di non fermare completamente la stagione e di proseguire con una programmazione destinata alla trasmissione in streaming. Si tratta di una soluzione molto dolorosa, nulla può compensare l’ascolto teatrale, così come l’assenza di pubblico agisce inevitabilmente sulla prova degli artisti che sicuramente traggono energie dalla chimica che si crea si crea tra sala e palcoscenico. Questo è però un male necessario per non far spegnere totalmente la musica e per mantenere attive le maestranze teatrali.
Dal Teatro Grande di Brescia è stata così trasmessa questa nuova produzione del “Werther” forse la più amata tra le opere di Massenet che con gioia si vede tornare sui nostri palcoscenici. Opera un tempo popolarissima anche qui in Italia, ora assai meno. La sua presenza si è molto diradata, così come l’interesse per l’opera francese si limita a pochissimi titoli.
La compagnia di canto è stata scelta in gran parte tra i vincitori del concorso AsLiCo, quindi una compagnia di giovani il che non è un fatto negativo per un’opera come questa. Fin dalla sua pubblicazione il romanzo di Goethe divenne una sorta di manifesto della nuova generazione romantica e nonostante l’imborghesimento che caratterizza l’opera di Massenet quell’ardore giovale continua a promanare da questa vicenda. Čajkovškij aveva previsto per il suo “Evgenij Onegin” una destinazione esclusiva agli studenti di conservatorio negandola ai teatri imperiali, per certi versi “Werther” appartiene alla stessa temperie espressiva e trova nuova linfa quando è affidata alle fresche energie della gioventù anche a scapito di una maggior tornitura vocale e di un maggior approfondimento che solo possono venire dall’esperienza. Purtroppo la particolarità della situazione non ha certo giovato ad artisti ancora poveri di esperienza e di queste componenti bisogna necessariamente tener conto nella valutazione del risultato.
Fatte salve queste premesse è innegabile che quella messa in campo è una compagnia fornata non solo da voci estremamente promettenti ma preparata con una cura non sempre così comune anche in più blasonate situazioni.
Gillen Munguìa è un Werther tormentato e passionale. Il materiale vocale è di prim’ordine, voce chiara ma robusta, sonora e – dall’ascolto fatto – di buona proiezione. Il colore è piacevole, giustamente luminoso e si apprezza un buon controllo dell’emissione con mezze voci precise ed eleganti. Di contro nel settore acuto si nota qualche sforzo forse dovuto alla tendenza a cercare una drammaticità non necessaria. Fraseggio e interpretazione possono essere migliorati ma questo rientra nella natura delle cose.
Più matura anche sul versante espressivo la Charlotte di Karina Demurova. Mezzosoprano dal timbro chiaro, quasi sopranile, dal canto musicale ed elegante unito ad un’emissione morbida e rotonda. Sul piano interpretativo tratteggia una Charlotte introversa, chiusa nel proprio senso di dedizione e sacrificio che solo a tratti sembra cedere sotto le pulsioni di un’anima troppo repressa. La presenza scenica della cantante completa perfettamente il personaggio.
Maria Rita Combattelli è una Sophie spumeggiante, dal timbro cristallino e dal canto facile e naturale ma non priva di una giusta tenerezza, dai toni quasi infantili, nei momenti più lirici. Guido Dazzini è un Albert nobile nel canto e dalla notevole presenza scenica; Alberto Comes affronta il Bailli con una voce calda e robusta e con accento di bonaria autorevolezza. Molto positive tutte le parti di fianco e da apprezzare l’attento lavoro sulla gestualità svolto su tutti gli interpreti.
Francesco Pasqualetti ha il non facile compito di gestire la parte orchestrale con una formazione ridotta in modo significativo per le esigenze sanitarie. Il direttore concerta con attenzione avendo sempre ben presenti i rapporti tra buca e palcoscenico, Pasqualetti evidenzia con cura i motivi conduttori dei vari personaggi che emergono nella scrittura orchestrale, uno dei tratti più significativi della profonda influenza wagneriana sempre sottesa allo stile compositivo di Massenet. Sul piano interpretativo opta per sonorità ampie e distese in linea con il carattere visionario e anti-naturalistico della regia. L’Orchestra I Pomeriggi Musicali svolge egregiamente il proprio compito così come più che positiva è la prova del Coro voci bianche del Teatro Sociale di Como.
La parte scenica è stata affidata a Stefano Vizioli con le scene di Emanuele Sinisi, i costumi di Anna Maria Heinreich e le proiezioni del gruppo Imaginarium Creative Studio. Il regista è costretto a montare uno spettacolo che escluda il più possibile il contatto fisico tra gli interpreti, sfida non facile ma che si può considerare sostanzialmente vinta. Vizioli legge “Werther” proustianamente come flusso di ricordi di Charlotte ormai anziana. La vediamo nel prologo su una sedia a rotelle, vestita di scuri abiti senili che guarda come persa il palcoscenico vuoto e qui i suoi ricordi ricreano la sua vita o meglio quell’unico lampo di autentica vita in un’esistenza sacrificata alle convenzioni della morale borghese. L’impossibilità di contatto fisico è quindi sfruttata dal registra per evidenziare visivamente la solitudine e l’impossibilità relazionale tra i personaggi. Dove imprescindibile il contatto fisico è in parte risolto dal gioco delle proiezioni, si veda la scena del III atto con il bacio intenso e disperato tra Charlotte e Werther qui resa con una proiezione particolarmente poetica di ombre cinesi. Punto di arrivo della concezione registica è il IV atto dove Charlotte – che rivediamo come anziana – assiste impotente alla morte di Werther separata da lui da una parete in tessuto che crea un effetto di sbiadita distanza tra il presente e un ricordo di un qualche cosa che ormai sopravvive solo nella nostalgia e nel rimpianto.
Essenziale l’allestimento scenico, pochi elementi – le pareti della casa in legno bianco, pochi arredi, prospettive stilizzate di abitazioni in lontananza nella scena en plain air del II atto – che le proiezioni animano di delicati effetti visivi. Molto belli i costumi di rigorosa fedeltà storica e di ammirevole cura anche nei dettagli.