XXIX Edizione delle Settimane Musicali al Teatro Olimpico, Beethoven Festival – Palazzo Chiericati
Pianoforte Luca Chiandotto, Claudio Bonfiglio
Ludwig van Beethoven: Sonate per pianoforte Op. 101 e 109
Vicenza, 17 ottobre 2020
Nonostante il momento orribile che l’arte performativa sta attraversando (l’ultima stretta arriva nel momento stesso in cui scrivo queste righe), qualcuno si ricorda ancora che questo 2020 è l’anno beethoveniano e non manca di rendere omaggio al genio di Bohn a 250 anni dalla sua nascita, come si fa alle Settimane Musicali al Teatro Olimpico di Vicenza. Che in questi tempi di assoluta precarietà , l’arte e la musica vengano chiamate beni non essenziali, è segno certo di decadimento: che si valuti pure l’opportunità di sospendere quelle attività sociali che comportino un qualche rischio di contagi, ma – per carità – smettiamola di chiamarle “non essenziali”. Se è vero che questo difficile momento è transitorio, l’arte e la virtù, colonne del sentire beethoveniano, sono invece al di fuori del tempo, e stanno lì nelle note di Ludwig e di molti altri, ancore di salvezza contro il senso d’impotenza e lo sconforto. Altro che non essenziali!
Il longevo festival vicentino, presieduto da Federico Pupo e diretto dalla violinista Sonig Tchakerian, si articola in un trittico di appuntamenti: alle estremità nomi pianistici di chiara fama, quali Andrea Lucchesini e Maurizio Baglini, alle prese rispettivamente con la Sonata “A Kreutzer “ (assieme alla già citata Tchakerian), e la monumentale trascrizione lisztiana dell’ultima Sinfonia (repertorio nel quale il M° Baglini è ormai un esperto indiscusso). Al centro, una maratona pianistica che raccoglie invece artisti più giovani e talentuosi, tutti vincitori del Premio Lamberto Brunelli di Vicenza, alcuni di loro emergenti, altri già impegnati in una carriera internazionale: Stefano Andreatta, Claudio Bonfiglio, Elia Cecino, Luca Chiandotto, Marco Rizzello. La maratona di Sonate beethoveniane al Palazzo Montanari , chiamata “B&B” non perché comprensiva di pernottamento e prima colazione ma in riferimento alla B di Beethoven e a quella appunto del Concorso Brunelli, vede riunite alcune opere rappresentative di quel genere e riassuntive della sua lunghissima evoluzione. Quelle a cui abbiamo potuto assistere, a chiusura della giornata tastieristica, sono le mirabili Opere 101 in la maggiore e 109 in mi maggiore. Sonate ultime, metafisiche, come le descrive bene Cesare Galla in apertura del concerto (su un rumoroso sottofondo di convettori sputanti aria calda), nelle quali, complice la sordità di B., l’attenzione creativa si sposta dal suono al concetto filosofico, e la spiazzante modernità coincide con un ritorno all’origine, ossia a quelle pagine contrappuntistiche che il giovane Ludwig trovava sul leggio del maestro Karl Neffe: il Clavicembalo ben temperato di Bach in primis, assieme ad opere di Carl Philip Emanuel.
Il pianista ventenne Luca Chiandotto, vincitore dell’edizione 2018 del Premio Brunelli, suona l’Op. 101 e ci offre una lettura incantata del primo movimento, dalle sonorità delicatissime e talvolta ai limiti dell’udibile, testimoniando un raffinato senso fraseologico e un pensiero musicale ricercato (non ci stupisce che si sia diplomato con lode e menzione d’onore suonando l’Offerta Musicale di Bach). Il secondo movimento col suo slancio schumanniano dà pienamente ragione a chi reputava Beethoven un romantico, ma Chiandotto lo restituisce in maniera più composta, forse non con grande impeto ma con un ritmo puntato molto energico, conferendo un che di monumentale alla sua andatura marziale. Chiandotto qui è anche molto accurato nei lunghi pedali beethoveniani, decisamente curiosi per chi non conosca lo spartito, indizi di quella folgorante immaginazione uditiva. Dopo il Lansgam und Sensuchtsvoll (adagio e denso di nostalgia), tempo lento nel quale in un misto di esitazione e lirismo sembra di assistere al disgregazione della forma stessa, irrompe la fuga, con la sorpresa e l’esaltazione di chi trova una soluzione all’enigma (o s’accorge di averla sempre conosciuta). Qui l’interpretazione di Chiandotto, seppure sempre mentalmente condotta, ha mancato di reale efficacia sonora, essendo sicuramente molto sfavorita dall’acustica sovrabbondante della sala: forse, qualche tacca di metronomo in meno avrebbe giovato alla comprensibilità generale di questo arditissimo finale.
Claudio Bonfiglio, trentenne pianista pluripremiato ed impegnato sia sul fronte classico che contemporaneo, possiede un pianismo decisamente più estroverso, dotato di una tecnica ammirevole, ma nei confronti di questa Sonata, secondo noi, un po’ troppo sbrigativa. La 109 è anch’essa un enigma formale, apparentemente in tre tempi, è piuttosto da ritenersi una Sonata in due parti, ove l’introduzione (sorta di variazione su corale) in mi maggiore e il successivo prestissimo in minore, solo se presi assieme possono bilanciare l’esteso Tema e variazioni che gli succede (le variazioni sono anch’esse un ponte che servirà a Beethoven ad attraversare il baratro generato dai crolli della forma). Bonfiglio ci propone una lettura molto esplicita e diretta della Sonata, senza allusioni, senza troppi indugi, da un lato potremmo dirla onesta, dall’altro quasi ci sembra di non aver avuto tempo (interiore) per avvertirne le profondità. Il suono molto levigato di Bonfiglio nel Vivace ma non troppo iniziale, si è trasformato in una zampata decisamente troppo aggressiva nel successivo Prestissimo, nel quale, come per l’esecuzione della fuga della Sonata precedente, il metronomo andava calcolato più strategicamente in relazione al riverbero esagerato della sala (e a quei benedetti convettori!). Assai scorrevole il tempo del Tema e variazioni, ma corretto e rispettato con convinzione nelle variazioni immediatamente successive, i problemi riscontrati prima nel Prestissimo (attacco del suono molto percussivo ed aggressivo, tempi metronomici al di sopra della comprensibilità) si ripresentano invece nelle variazioni veloci, la N. 3 e la N. 5, quel bellissimo fugato, che purtroppo fugge via pazzescamente (Allegro ma non troppo, dice lo spartito) e con qualche contusione, come chi fugge da una rissa. Un po’ esausta ma rientrando nei ranghi del bel suono e di una più musicale pulsazione, Bonfiglio conclude la Sonata con quel ritorno miracoloso del Tema, commovente congedo.
I due artisti, convintamente applauditi, e gli altri impegnati in questa giornata densa di bellezza, sono stati anche protagonisti del progetto Ricreazioni Musicali, serie di attività, interviste ed incontri intesa al coinvolgimento delle scuola secondarie superiori e che testimonia della grande sensibilità del Festival Settimane Musicali al Teatro Olimpico alla valorizzazione dei giovani, musicisti e non.