Venezia, Palazzetto Bru Zane, Festival “Camille Saint-Saëns, l’uomo-orchestra”, 26 settembre-8 novembre 2020
“LA MÉLODIE COME EVASIONE”
Duo Contraste
Tenore Cyrille Dubois
Pianoforte Tristan Raës
Gabriel Fauré: Cinq Mélodies de Venise op. 58; Reynaldo Hahn: “Venezia”; Théodore Dubois: Musiques sur l’eau; Camille Saint-Saëns: Mélodies persanes op. 26
Venezia, 15 ottobre 2020
Ancora la mélodie francese, ovvero – semplificando – l’equivalente del Lied tedesco in terra di Francia, era l’argomento del recente concerto svoltosi al Palazzetto Bru Zane, nell’ambito del festival dedicato a Camille Saint-Saëns. Lanciato da Gounod et Berlioz, questo genere musicale si diffonde sia tra i conservatori, come Dubois, Massé, Delibes, Paladilhe, Hahn, sia tra gli innovatori, come Chausson, Debussy, Ravel et Poulenc, ai quali va aggiunto il maestro indiscusso in tal materia: Gabriel Fauré. Nel periodo della Belle Époque la mélodie domina nei grandi salotti parigini, costituendo una buona fonte di guadagno per autori ed editori. Essa costituisce, tra l’altro, un esempio di arte non impegnata – in base al concetto di “Art pour l’art”, codificato da Théophile Gautier e adottato dai Parnassiani – presentandosi come un genere d’evasione che, allontanando il pubblico dal tumulto della vita moderna, lo trasporta in una natura idealizzata o nel cuore di una città leggendaria. Interpreti ideali delle pagine in programma erano Cyrille Dubois e Tristan Raës, raffinati conoscitori di tale repertorio, non solo in ambito francese – affrontano, infatti, anche i grandi cicli liederistici tedeschi e le mélodies di altri autori contemporanei –, che ci hanno fatto rivivere con grande piacere questa “evasione” in forma di mélodie.
Il timbro puro e squillante, il fraseggio scolpito, l’ampia gamma di colori, che hanno caratterizzato l’interpretazione di Cyrille Dubois – raro esempio di tecnica magistrale totalmente funzionale allo stile –, sempre sapientemente sostenuta dal pianismo ricco di inflessioni, dolce e deciso, languido e scattante di Tristan Raës, hanno consegnato al pubblico, attento e partecipe, un magnifico florilegio di mélodies, di cui è pienamente emerso il carattere raffinato, ravvisabile soprattutto nel culto della parola poetica e della nuance sonora. Uno dei temi della serata – oltre a quello amoroso e a quello della natura, diffusamente presenti nei pezzi in programma – era Venezia: ci riferiamo, non tanto alle Cinq Mélodies de Venise di Gabriel Fauré, su testi di Verlaine – in cui Venezia è solo il luogo in cui alcune di esse sono state composte – quanto alla raccolta Venezia di Reynaldo Hahn, i cui testi di vari poeti originalmente in dialetto veneziano, erano presentati nella traduzione in francese di Maurice Léna. Altri temi erano quello dell’acqua – Musiques sur l’eau di Théodore Dubois – e quello dell’esotismo rappresentato da Mélodies persanes di Camille Saint-Saëns. Particolarmente espressiva è risultata l’interpretazione di En sourdine, Green e C’est l’extase appartenenti alla raccolta di Fauré, nelle quali l’estasi amorosa si coniuga all’unione panica con la natura. Grande verve si è colta in generale nelle mélodies veneziane di Hahn, tra cui spiccavano La barcheta (La petite barque) con la sua coloratura sull’esclamazione “ah!”, La primavera (Le printemps), suggellata da uno sfavillante sopracuto e ovviamente l’irresistibile Che pecà! (Quel dommage!). Raffinatezza e gusto per le sfumature si sono pienamente goduti nelle mélodies di Dubois, lodate dalla critica per la loro “modernità”, abbastanza sorprendente in un musicista annoverato tra i conservatori. Quanto al ciclo persiano di Saint-Saëns, esso è stato offerto in tutto il suo fascino e nelle sue varie sfaccettature espressive: tumultuosa Sabre en main, che presenta andamenti di marcia e vocalizzi avvincenti, oltre a una lunga coda pianistica, utile al cantante per prepararsi al tranquillo ritmo sostenuto di Au cimetière, in cui la linea vocale procede tra accordi regolari come una fila di cippi funerari; vorticosa Tournoiement, che evoca un folgorante alzarsi in volo a conclusione della raccolta. Successo entusiastico. Due fuoriprogramma nel nome di Fauré, tra cui la Chanson du pêcheur.