Opera tedesca in due atti, su libretto di Emanuel Schikaneder. Prima rappresentazione: Vienna, Theater auf der Wieden, 30 settembre 1791.
Nel mettere in musica questo libretto, Mozart riuscì a trovare soluzioni che riflettevano mirabilmente i differenti piani di lettura. Troviamo dunque la stratificazione e la compresenza di differenti stili musicali primo in primo luogo, molti numeri musicali seguono la strada della canzone popolare; a questo tipo rispondono tutte le arie e le pagine di Papageno. La vena caratteristica del cantante-attore Schikaneder si traduce nella scelta di melodie facili e cantabili, e della forma strofica per le arie principali del personaggio; il duetto del finale II fra Papageno e Papagena deve agli spunti onomatopeici, ma anche il perfetto equilibrio fra le voci, la sua grande fortuna.Al personaggio di Papageno sono poi legate anche particolari strumenti, come la siringa che l’uccellatore suona più volte e i campanelli magici, affidati al glockenspiel (spesso realizzato oggi dalla celeste). La stessa vena e semplice e ingenua è quella dei duettini fra Pamina e Papageno, che indicano agli uomini la strada della felicità attraverso la pace la bontà. Spunti popolari poi sono anche quelli del moro Monostatos.
Alla tradizione del lied spirituale si rifanno invece le pagine d’ispirazione misterica, nelle quale coesistono aspirazione sublime livello popolare. Si tratta di quelle legate al personaggio di Sarastro e i sacerdoti. La semplicità della linea melodica è supportata d’armonia essenziali nelle due arie di Sarastro; in particolare la prima, “O Isis und Osiris”, vede l’ultima frase delle due strofe riprese dal coro, secondo il procedimento responsoriale tipico della musica massonica. È invece personaggi dei due giovani eroi, Tamino e Pamina, che Mozart riserva le linee melodiche più eleganti e levigate, impiegando forme complesse che si sollevano nettamente rispetto il carattere popolare della musica di Papageno. Così e per la prima aria di Tamino “Dies Bildnis”; mentre a Pamina il compositore offre una dele sue mirabili pagine in sol minore, l’aria “Ach ich fühl’s”, immagine profonda del dolore. Il regno del male, quello della Regina della notte e delle sue Dame, è rappresentato invece dall’opera italiana e dei suoi mirabolanti virtuosismi, ambito in cui rientrano le due difficili arie scritte per la perfida regina. In entrambe le arie Mozart chiese a superare e toccare il fa sovracuto; e i vocalizzi “picchiettati” della seconda aria restituiscono mirabilmente il furore del personaggio.
Ma la finezza di Mozart la si vede anche nel coniugare alla prevalente intonazione popolare una complessità di scrittura. Rientrano nella musica, intanto, simbologie massoniche: il ricorrere del numero tre ( come i tre accordi che aprono l’ouverture, e che si ripresentano all’inizio del secondo atto, per annunciare i rituali iniziatici), i particolari impasti di fiati alla ricerca di sonorità oscure. Vi è poi un uso della tecnica più raffinata, ed esoterica, quella del contrappunto, che innerva l’ouverture e connota anche la prova iniziatica più temibile: la scena dei due uomini armati, e su questo complesso ho contrappunto innestano la severità di un corale luterano. Nell’uso del contrappunto, come anche nelle intonazione solenne grandiosa di molte pagine e, riconosciamo nettissima l’impronta di Haendel, un elemento che viene a sommarsi ai tanti stili musicali della partitura.
Ovvio che i momenti di maggiore complessità della partitura consistono nei due grandi finali d’atto, in cui Mozart si impegna ad allineare tutti i differenti stili impiegati, all’interno di unità strutturali perfettamente calibrate, riuscendo nell’impresa di mantenere chiaramente distinguibile ciascuno dei diversi stili e nell’insieme di negare qualsiasi frammentarietà, anzi di imprimere con la propria peculiare scrittura un’impronta unitaria a questi due enormi archi musicali.
Die Zauberflöte, insomma, è un’opera insieme popolare è iniziatica, musicalmente semplice e complessa. Non stupisce che, con questa sintesi di livelli stilistici e profili musicali, Mozart abbia di fatto creato un nuovo genere, quello dell’opera tedesca, che proprio da quest’opera prenderà il volo nel corso dell’Ottocento. Il desiderio di fondare un teatro musicale autenticamente tedesco era stato l’aspirazione di Mozart film degli anni giovanili; e proprio in questa direzione e gli aveva scritto a Vienna Die entfuhrung aus dem serail. Ma quell’opera era nata nell’ambito dei teatri di corte, per grandi cantanti, e per un pubblico aristocratico che aveva guardato con ammirazione ma anche con scetticismo all’esperimento. Il tentativo arenatosi nell’alta società doveva invece riuscire nei ceti medio-bassi, cioè nel teatro di periferie e piccolo borghese verso il quale Mozart era stato spinto dall’ansia della sperimentazione e dell’ostilità che lo aveva quasi isolato nel mondo dell’aristocrazia viennese.
In sostanza, per riferirsi all’incidenza di Mozart sulla musica dei posteri, se un’opera seria come La clemenza di Tito avrà un enorme fortuna ma nell’arco di tempo limitato del Neoclassicismo; se i grandi capolavori buffi italiani- Le nozze di Figaro e Don Giovanni – si imporranno il primo come grande modello di commedia musicale ( a cui guarderà poi compiutamente Richard Strauss) il secondo come presentimento del demoniaco romantico (visione certamente lontana dalle originarie intenzioni dell’autore); è però probabilmente con Die Zauberflöte che Mozart lascio la sua impronta più incisiva e duratura nel campo del teatro musicale, arrivando a porre le radici profonde dell’Opera tedesca, quale si sarebbe rigogliosamente sviluppata nel nuovo secolo. (Illustrazione di Jonathan Burton)