Operetta in un atto su libretto di Alfred Delacour e Léon Morand. Matteo Mezzaro (Florestan Ducroquet), Marina Ogii (Suzanne), Francesca Benitez (Rosita), Patrizio La Placa (Henri Martel). Orchestra del Maggio musicale fiorentino, Valerio Galli (direttore), Luigi di Gangi e Ugo Giacomazzi (regia), Federica Parolini (scene), Agnese Rabatti (costumi), Luigi Biondi (Luci). Registrazione: Firenze: Teatro del Maggio musicale fiorentino, febbraio 2019. 1 DVD e BluRay Dynamic
Lo sterminato catalogo delle operette di Offenbach è pressoché sconosciuto in Italia e persino i titoli più noti sono ormai di rarissima esecuzione. Ogni nuovo allestimento riesce quindi a catalizzare l’interesse, ancor più se il titolo proposto è praticamente la ricostruzione di un lavoro rimasto incompleto. Di “Un mari à la porte” composto da Offenbach nel 1859 si conservano solo due versioni per canto e pianoforte. Da queste Luigi G. Logi, archivista dell’Orchestra del Maggio, ha provveduto a scrivere ex-novo l’orchestrazione, con un ottimo esito per stile e atmosfera.
Il breve lavoro si affida alla leggerezza del libretto di Alfred Delacour e Léon Morand che costruiscono un intreccio essenziale, ricco di colpi di scena – il musicista Florestan, in fuga sui tetti da un marito geloso, si rifugia in casa della sposina Suzanne e dell’amica Rosita. Suzanne, è furente, ha appena scoperto che il suo sposo ha un carattere terribile e decide quindi di lasciarlo fuori casa, scatenando tutta una serie di divertenti complicazioni che portano all’inevitabile lieto fine. Floestan riesce a lasciare la casa, non prima di aver chiesto a Rosita di sposarlo, mentre Henri riesce finalmente a entrare in casa.
Questo è uno dei primi lavori di Offenbach – la cui carriera parigina era cominciata solo con “Ba-ta-clan” del 1855 – e ancora non troviamo in essa quella satira politica e sociale che caratterizzerà in modo sempre più marcato i lavori degli anni 60. Prevale ancora uno svago disimpegnato e leggero che sembra anticipare il gusto piccolo borghese, che successivamente troverà il suo interprete d’elezione in Georges Feydeau. Anche musicalmente si nota la precocità del lavoro in cui, se gli schemi formali dell’Offenbach maturo appaiono già, sopravvivono ancora i ricordi di quel gusto “comique”, che da Auber si collegava alla radice rossiniana, ancora riconoscibile.
L’allestimento fiorentino, parte di un insolito dittico con “Cavalleria rusticana” di Mascagni, scelta insolita e forse dovuta alla volontà di dare due letture antitetiche del tema della gelosia. L’associazione a Mascagni è forse alla base della scelta di un direttore “verista” come Valerio Galli che mostra in ogni caso un tocco leggero, offrendo una lettura elegante e frizzante, molto attenta ad evidenziarne le componenti ritmiche.
La coppia degli sposi Suzanne e Henri, non presenta scritture vocali particolarmente complesse e, nel caso di Henri, anche molto breve e poco caratterizzata. Marina Ogii (Suzanne) e Patrizio La Placa (Henri Martel) mostrano buone doti sceniche vocali, pur nei limiti della non grande caratterizzazione dei ruoli. il personaggio di Florestan, come quello di Suzanne, non ha arie, ma è impegnato nei vari pezzi d’insieme. Matteo Mezzaro è un Florestan di bello squillo tenorile, con il giusto atteggiamento per tratteggiare questo musicista squattrinato.
La vera protagonista dell’opera è Rosita, ruolo più impegnativo vocalmente e alla quale Offenbach affida l’unica aria solistica. Francesca Benitez ha temperamento da autentica commediante, di innegabile simpatia. A ciò si aggiunge un bel colore vocale, brunito nel settore centrale, e una sicurezza nelle impegnative escursioni nel settore acuto e sopracuto.
La regia di Luigi di Gangi e Ugo Giacomazzi rinuncia ad ogni volontà “storica” immergendo tutto in una coloratissimo mondo “cartoon”, con scene colorate e trionfi di piume e pailletes (perfettamente in linea i coloratissimi costumi di Agnese Rabatti). La recitazione è molto curata e tutti i cantanti hanno ottime qualità attoriali.