Giacomo Puccini (1858 – 1924). “Le Willis” (prima versione 1884)

Opera in un atto su libretto di Federico Fontana. Ermonela Jaho (Anna), Arsen Soghomonyan (Roberto), Brian Mulligan (Guglielmo Wulff). Opera Rara Chorus, Eeamon Dougman (Maestro del coro), London Philarmonic Orchestra, Sir Mark Elder (direttore d’orchestra). Registrazione: London, South Bank Centre, novembre 2018. 1 CD Opera Rara ORC 59.

L’etichetta britannica Opera Rara a partire dagli anni 70 ha svolto un ruolo fondamentale nella riscoperta dell’opera belcantista italiana e nello sviluppo di un approccio filologico a questo repertorio. Nel corso degli anni gli interessi si sono ampliati e da ultimo una particolare attenzione è stata rivolta ai titoli della “Giovane scuola” cercando di portarvi quel rigoroso approccio formale che da sempre caratterizza la casa londinese prezioso in un ambito dove molto resta da recuperare e si è ai primi vagiti di una più profonda sensibilità filologica.
L’esecuzione in forma concertante presso il South Bank Centre di Londra e la connessa registrazione discografica di “Le Willis” rientrano in questo più ampio progetto. La registrazione è di particolare interessante perché testimonia la prima prova del giovane Puccini con il teatro musicale. L’atto unico composto nel 1883 era stato presentato al concorso indetto da Sonzogno per i primi mesi del 1884 dove però non ebbe sucesso venendo subito scartato. Su quella dura esclusione si sono sempre nutrite perplessità e Martin Deasy – in occasione della presentazione dell’edizione critica qui utilizzata – ipotizza al riguardo una precisa strategia di Ricordi per il quale il fallimento del giovane protetto era una carta da sfruttare per attirare interessa e simpatia per quella nuova versione in due atti – con il titolo “Le Villi” – su cui già si stava lavorando e che avrebbe visto la luce il 31 maggio 1884 al Teatro Dal Verme di Milano. Si ricordi che molti dei giurati da Ponchielli a Faccio erano strettamente legati a Ricordi.
La vicenda – di un gusto ancora vicino al romanticismo weberiano – era tratta da un racconto di Alphonse Karr (1852) ispirato al balletto “Giselle” di Adolphe Adam (1851) con al centro l’infelice destino di Anna, una fanciulla morta di dolore per il tradimento dell’amato e trasformato in una Villi, figura derivata dalla mitologia slava in cui i tratti della ninfa si fondono con quello dello spettro vendicatore.
L’ascolto rivela un giovane talento ancora alla ricerca della propria strada. La formazione scapigliata è palese, gli echi di Ponchielli e di Boito si ritrovano in tutta la partitura così come più che evidente è l’ammirazione per Verdi cui Puccini guarda sia sul piano musicale sia su quello degli snodi drammatici con soluzioni che sono al limite della citazione. Dove Puccini mostra già una più spiccata personalità e nella scrittura sinfonica, il lungo interludio – in cu di fatto si compie la vicenda che per il resto è più raccontata che vissuta – mostra una particolare sensibilità nella scrittura strumentale, una raffinatezza di orchestratore che sempre sarà la sua dote migliore. Qui manca ancora il giusto equilibrio tra sinfonismo e vocalità, con ancora una troppa marcata prevalenza del primo.
L’opera è nota soprattutto per la definitiva versione in due atti di cui disponibile un’insuperabile edizione con Domingo, Scotto e Nucci. Il confronto tra le due versioni gioca a favore della definitiva più organica ed equilibrata. L’aggiunta di due grandi arie solistiche per i protagonisti ricostruisce in modo più equilibrato le geometrie tra i personaggi nella prima versione troppo sbilanciate a favore del padre di Anna Guglielmo che si trovava ad essere quasi suo malgrado protagonista assoluto sul piano vocale inoltre i rapporti tra parti sinfoniche e vocali appare più armonico e meno sbilanciato.
Queste registrazioni si scontano in parte con un problema. Se i nostri tempi sono ricchi di ottimi interpreti belcantistici ma ben più parchi di cantanti adatti alle scritture drammatiche del tardo Ottocento e del primo Novecento e la presente non fa al riguardo eccezione.
Splende la protagonista. Ermonela Jaho è un’Anna di radiosa purezza. La voce di tersa purezza – splendide le filature – si unisce a un fraseggio appassionato e drammatico e un accento vario e mutevole che coglie tutte le sfumature del personaggio e che nella ripresa finale del tema dell’amore trova accenti autenticamente spettrali.
Gli uomini non sono purtroppo al suo livello. Passato di recente dalla corda di baritono a quella di tenore Arsen Soghomonyan ha voce scura, ancora dai connotati baritonali, potente, sicura e con acuti robusti e squillanti. Una voce interessante, anche se, per adesso appare poco incline a un  canto di conversazione, a una musicalità più intima e raffinata. Una prova complessivamente professionale. Punto debole dell’esecuzione il Guglielmo di Brian Mulligan,  spiace considerando la rilevanza che il ruolo ha in questa versione. Questa figura paterna di carattere ancora tutto verdiano richiederebbe una voce di maggior spessore e una linea di canto nobile e varia. Mulligan è esattamente il contrario: voce molto chiara – spesso risulta più leggero di Soghomonyan – aspra, poco piacevole e con una tendenza a un fraseggio plateale,  totalmente improprio per il personaggio.
A reggere il tutto è la mano ferma e sensibile di Mark Elder, direttore di grande esperienza ed ecclettismo ma che qui trova un terreno particolarmente favorevole. Il maestro inglese evita con intelligenza di leggere l’opera in chiave verista e ne esalta invece i forti legami con la tradizione. L’orchestra è nitida, leggera, carezzevole – come nella bellissima scena di commiato – ma che non teme di assecondare anche certi eccessi espressivi cui il giovane Puccini tendeva a lasciarsi andare seppur qui in modo più contenuto che nel successivo “Edgar”. Lo splendore sonoro della London Philarmonic Orchestra esalta la qualità della scrittura sinfonica pucciniana.
L’esecuzione presentata è quella originale in un atto ma in appendice sono aggiunte le due arie soliste di Anna e Roberto (“Se come voi piccina” e “Torna ai felici dì”) aggiunte per la versione in due atti e stabilmente inserite in partitura solo dopo la terza versione dell’opera andata in scena a Torino nel dicembre del 1884.