Prime rappresentazione: Bayreuth, Festspielhaus, 16 e 17 agosto 1876.
Seconda “giornata” del ciclo wagneriano: Siegfried. La composizione musicale dell’opera fu iniziata da Wagner e settembre del 1856, alcuni mesi dopo il completamento di Walkure (alla quale il musicista vi lavorava dal 1854). La gestazione subisce un arresto nel 1857 allorché Wagner lascia il suo eroe “addormentato sotto il tiglio”, come egli scrise a Liszt del punto riprende in mano la partitura il 27 settembre 1864 a Monaco, e incomincia a comporre La seconda scena del secondo atto: del punto in cui l’eroe disteso sotto un albero sente intorno a sé fremere le fronde, cantare gli uccelli in, e partecipa alla “vita crescente della foresta”, in una perfetta, incantata comunione con la natura. “Tre momenti culminanti”, scrive il musicologo Guido Pannain “nel primo atto, quando il giovane eroe salda i frammenti della spada paterna infranta.
Al secondo atto, nella scena della foresta, quando l’uccellino canoro, tra gli incantesimi della natura, gli rivela il mistero della vita e lo guida sulla via dell’amore. Nel terzo atto quando, superata la barriera di fuoco, Siegfried rimane estatico dinanzi a Brunnhilde dormiente, e la sveglia alla realtà della vita. Il duetto che ne segue è una pagina grandiosa, tra le più vive e geniali uscite da fantasia di musicista. È questo uno dei punti culminanti dell’opera wagneriana “. Certo è che in questa “seconda giornata”, il grande dramma di Wotan – tema principale della tetralogia – e sopraffatto dalla bellezza del mito di Sigfrido, il travaglio del dio è vinto dalla gioiosa inconsapevolezza dell’uomo. Anche su Sigfrido scenderà presto Il crepuscolo: ma ora, in questa partitura che molti hanno posto sopre le altre del monumentale ciclo, l’eroe è scolpito mentre corre felice nella foresta, in una brezza ugualmente lontana dalle leggi e dalla violazione di esse.
Con Il Götterdämmerung (Il Crepuscolo degli Dei) si chiude la grandiosa vicenda drammatico-musicale in cui Richard Wagner riunì il mondo degli “Asen”, i luminosi abitatori del Walhalla, il mondo sotterraneo dei Nibelunghi, e quello dei semidei, eroi, uomini. Una scena di fuoco – i bagliori che illuminano a tratti l’alta rupe delle Walkirie su cui le Norne tessono i destini che condurranno alla catastrofe finale catastrofe – apre la terza e ultima “giornata” del ciclo L’Anello del Nibelungo; il fuoco la conclude, nella rovina di un universo colpevole e nel preannuncio di una futura vita innocente. Apocalittica, la didascalia finale del dramma poetico con le sue ultimi parole: “Dalle macerie della reggia crollata, uomini e donne, al colmo dell’angoscia, guardano il bagliore del fuoco che va crescendo sul cielo. Quando questo riduce finalmente al massimo del suo chiarore, vi si scorge dentro la sala del Walhalla, in cui dei e eroi seggono raccolti, proprio secondo la descrizione di Waltraute nel primo atto. Chiara fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Nel momento in cui gli dèi appaiono interamente avvolti dalle fiamme, cala la tela”.
Il Crepuscolo degli Dei, per ciò che riguarda la parte poetica, è il primo dramma in ordine cronologico e, per giudizio degli esegeti wagneriani, il meno compatto e valido della Tetralogia, nonostante vi siano scene di straordinaria forza, prima fra tutte quella, citata, delle Norne. Il perido di composizione della partitura copre un arco di tempo che va dal 1850 al 1874: un quarto di secolo, all’incirca, in una gestazione faticosa, rallentata da un lunga interruzione. Il 21 novembre 1874, dopo minuziose revisioni, Richard Wagner apporrà la parola “fine” alla monumentale tetralogia.
I “leitmotive” del Crepuscolo sono in massima parte gli stessi delle tre opere precedenti: ma elaborati, intrecciati e carichi di nuovi significati, a congiungere uomini e cose nello svolgimento della narrazione. Ecco per esempio il motivo delle Onde, ecco i motivi del Drago, e di Freia, già apparsi nel Prologo. Ed ecco ancora, i motivi delle Walkirie, dell’eroismo dei Wälsidi, enunciati invece nella “Walkiria”; e quindi dell'”eroismo di Sigfrido”, del “corno di Sigfrido”, della “decisione d’amore”, della “libertà”, del “saluto d’amore” presenti nel Sigfried. Ma, accanto a questi e molti altri, ecco un gruppo, sia pur minore di numero, di nuovi “leitmotive”: citiamo a caso il motivo di Hagen, il motivo di Gutrune, il motivo del “patto di fratellanza”, dell'”assassinio”, della “follia di vendetta”, e il nuovo motivo delle figlie del Reno. Tra le pagine di spicco, nonostante la loro inscindibilità dal contesto dell’opera (difesa con intensa convinzione da Wagner), il “Viaggio di Sigfrido sul Reno “, lo splendido intermezzo in cui compaiono in una potente sintesi “i motivi metafisici e morali, cosmici e umani che reggono l’intero ciclo ” , come scrive Pannain, e la famosa, non meno splendida, “Marcia funebre”, uno dei vertici wagneriani.