Opera seria in un atto e un intermezzo su libretto di Wystan Hugh Auden e Chester Kallmann, liberamente tratto da “Le Baccanti” di Euripide. Prima rappresentazione: Salisburgo, Großes Festspielhaus, 6 agosto 1966.
Primo movimento Presso Tebe, il profeta cieco Tiresia (tenore) parentesi si unisce il popolo, che sul monte Citerone rende omaggio al Dio Dioniso di cui si divulga la notizia dell’arrivo imminente. Dal palazzo reale esce il capitano delle guardie (baritono) annunciando che Penteo (baritono), nuovo re di Tebe dopo che Cadmo (baritono) ha abdicato in suo favore, ha proibito il culto di Semele, madre di Dioniso. Entra in scena il sovrano in persona che spegne la fiamma sacra a Semele e annuncia che chiunque la riaccenderà o tributerà onori a Dioniso sarà condannato a morte.
Secondo movimento. Penteo che ha precedentemente rivelato alla sua nutrice Beroe (mezzosoprano) di essere convertito all’unico dio universale incarica il capitano di arrestare coloro che sono riuniti sul Citerone. Tra i prigionieri, avanzano Tiresia, Agave (mezzosoprano), madre di Penteo, la sorella di lei, Autonoè (soprano) e uno straniero (tenore) di cui cerca invano di scoprire l’identità
Terzo movimento. Terrorizzati da un terremoto che sconvolge Tebe i prigionieri fuggono sul Citerone; resta soltanto lo straniero che propone al re di rivelargli attraverso lo specchioi i segreti del culto di Dionisio. Penteo accetta.
Intermezzo: in un atmosfera sensuale e decadente i personaggi della mitologia si contendono il bellissimo Adone (il capitano). Benché dovrebbe essere il giudizio della Musa Calliope (Tiresia) a decidere di chi debba essere il cuore, Venere (Agave), innamorata del giovane, riesci a conquistarlo., ma per breve tempo: interviene Marte che, geloso del suo fascino, lo uccide. Di notte, sul monte Citerone, dove si è recato ad assistere di persona e riti dionisiaci, Penteo è circondato da Menadi e Bassaridi, fra cui Agave, che lo ucciderò senza pietà.
Quarto movimento A Tebe Agave apprende da Cadmo che la notte precedente, in preda al potere di Dioniso, ha ucciso con le sue stesse mani, senza averne al momento consapevolezza, il figlio. Entra in scena lo straniero; rivelando finalmente di essere Dioniso in persona, ordina che il vecchio Cadmo e tutte le sue figlie abbandonino per sempre il regno. Mentre le fiamme divorano la città il dio, Agave, gli ricorda che anche lui scenderà un giorno nel Tartaro. Indi il dio chiama Semele sua madre per farla salire all’Olimpo; infine, ingiunge ai tebani di prostrarsi ad adorarlo.
Un discorso su Hans Werner Henze è tutt’altro che facile. Nato in Westfalia, allievo di René Leibowitz nella Parigi di Sartre e di Merleau-Ponty, egli è stato generalmente considerato un transfuga dell’avanguardia ufficiale. La sua reputazione non è mai stata molto florida negli ambienti del “musica nuova”. D’altra parte, nel suo vivace recupero di uno spazio tonale, Henze dichiarava di non credere più al nuovo per il nuovo, di non accontentarsi di un avanguardismo perentoriamente deliberato. In Die Bassariden presentata nell’agosto del 1966 al festival di Salisburgo (direttore Christoph von Dohnanyi) è evidente questa assidua ricerca di una nuova coerenza del discorso musicale, al di fuori d’ogni esercitazione calligrafica, e di un colloquio con un uditorio più vasto. Una ricerca che doveva incrinare o sovvertire molte certezze che ormai si irrigidiscono in schema, accompagnate da abbondanti enunciazioni teoriche. L’itinerario creativo di Henze è ricco di esperienze interessanti: dalla creazione di una nuova Manon in Boulevard solitude (1951) alla vocalità tradizionale del König Hirsch (1952-55), del barocchismo della cantata Novae de infinito laudes (1962) alla satira di un provincia Biedermeier di Der junge Lord (1964), al clima “italiano” di Muzen Siziliens (1966) alle preziosità cameristiche di Elegie für junge Liebende (1959-61) che tanto piacque al pubblico sofisticato di Schwetzingen e di Glyndebourne.
Il virtuosismo compositivo del musicista tedesco si è sempre più acutizzato senza che alcun accademismo, vecchio o nuovo, lo abbia mai inaridito. Gli autori del libretto di Die Bassariden, Chester Kallman e il poeta inglese W.H.Auden, sono stati fedeli all’ultimo dramma di Euripide, Le Baccanti, solo per alcuni fatti essenziali, ampliando notevolmente i ruoli di Agave, di Cadmo e di Tiresia introducendo nuovi personaggi. Al centro del dramma è sempre la figura di Penteo, assertore del monoteismo e quindi tenace avversario del culto orgiastico di Diòniso.
D’accordo con il musicista, Auden e Kallman hanno realizzato il libretto sullo schema quadripartito di una sinfonia, a parte un “Intermezzo” di carattere del tutto diverso. L’opera di Henze, densa di riferimenti filosofici e religiosi, è caratterizzata da un insolito spessore di scrittura strumentale è da una plastica ricchezza ritmetica, solo in parte di derivazione stravinskyana. Viene quasi sempre abbandonato quel ricorso alle forme chiuse, che si notava in precedenti lavori del musicista. Fra le scene di di maaggiore tensione drammatica è quella della morte di Penteo, ma l’opera non si presta a venire antologizzata. Molto ricco, luminoso, anche tutta la parte corale.Un’opera massiccia, compatta, di non di facile penetrazione, che lascia vedere in filigrana un temperamento autentico di musicista e un “mestiere, che domina ogni risorsa di natura tecnica. Die Bassariden si deve ascoltare senza diffidenza o prevenzione discriminanti: in fondo il tonale l’atonale sono in Henze due mondi che, senza tregua, se richiamano e si respingono.