Orchestra dell’Arena di Verona
Direttore Gustav Kuhn
Soprano Ricarda Merbeth
Richard Wagner: Ouverture–Der fliegende Holländer; Sentas Ballade (Ballata di Senta) | Johohoe!… Traft Ihr das Schiff im Meere an; Ouverture– Die Meistersinger von Nürnberg; Walkürenritt (Cavalcata delle Valchirie) Die Walküre; Isoldes Liebestod | Mild und leise Tristan und Isolde; Ouverture – Tannhäuser
Verona, 8 agosto 2020
Chiariamolo subito: Wagner all’Arena di Verona rappresentava sulla carta una sfida epocale, soprattutto in tempi di ristrettezze laddove invece si cerca di fare cassa al botteghino con programmi sicuri e di cassetta. Il compositore tedesco nell’anfiteatro veronese non è mai stato molto presente: Parsifal (1924), Die Meistersinger von Nürnberg (1931), Tannhäuser (1938), Die Walküre (1950) e Lohengrin (1922, 1933, 1949 e 1963). Fatta eccezione per il poco memorabile Concerto Wagneriano del 1983 diciamo che il compositore di Lipsia mancava al Festival da ben cinquantasette anni. Per il suo ritorno a Verona, in uno dei feudi verdiani, è stato approntato un programma abbastanza classico (e non poteva essere altrimenti) dalla durata contenuta ma con tutti i classici fruibili da un pubblico più ampio possibile. Ecco dunque la scelta di pagine come le ouvertures da Der fliegende Holländer, Die Meistersinger von Nürnberg e Tannhäuser e la celeberrima Walkürenritt, meglio nota in Italia come La cavalcata delle Walkirie.
La direzione del concerto è stata affidata alla bacchetta esperta dell’austriaco Gustav Kuhn, già allievo di Swarowsky, Maderna e Karajan a Vienna e Salisburgo la cui presenza in Arena non rappresentava una novità avendovi già diretto anni fa. Ospite il soprano Ricarda Merbeth, considerata una delle maggiori interpreti di Wagner e Richard Strauss; anche le sue proposte sono andate nella direzione sicura di un programma sostenibile da un pubblico sostanzialmente avvezzo al tradizionale. La sua Sentas Ballade, da Der fliegende Holländer è stata resa con la giusta passionalità di cui è intriso il brano in cui traspare la vibrante (anche se la voce in se non suona gradevolissima a causa di un vibrato alquanto largo) e ferma volontà di redimere il marinaio errante. Il momento tuttavia più intenso della serata, dove il canto del compositore tedesco si è librato nel cielo areniano è stato nel meraviglioso Isoldes Liebestod, sublime infelicità dell’amore più alto e che la Merbeth ha interpretato metabolizzandone la pura essenza. Wagner stesso affermò che “La musica esprime la passione, l’amore e la nostalgia umana”. Le pagine strumentali, pur eseguite bene, non hanno suscitato le medesime emozioni; ovviamente non siamo al cospetto di un’orchestra tedesca e la compagine areniana non ha Wagner nel proprio Dna. L’esecuzione (e qui siamo costretti a ripeterci), pur corretta e con felici momenti sonori, mancava di quel piglio eroico e romantico tipico della scrittura wagneriana. Gustav Kuhn, da parte sua, è apparso assai prudente e preoccupato di condurre in porto una serata musicalmente insolita; la sua direzione era più tesa alla quadratura orchestrale che alla ricerca di sonorità particolari, ammesso che all’aperto si possano trovare. Forse in questo ha concorso anche l’esiguità delle prove che questi brani richiedono e di questo occorre dare atto all’orchestra della Fondazione Arena che sta presentando, in serate uniche, programmi stilisticamente diversi (il prossimo concerto la vedrà alle prese con Vivaldi).
Di bell’effetto i fasci di luce che si irradiavano dai bordi della pedana centrale, a sottolineare i momenti cruciali del programma. Pubblico tutt’altro che numeroso (con molti stranieri) aspetto sintomatico di come l’opera tedesca in terra veronese (e nella città scaligera estivamente “teutonica” sembra quasi un ossimoro) attecchisce ancora poco. Foto Ennevi per Fondazione Arena di Verona