Arena di Verona, Festival d’estate 2020: “Puccini Gala”

Arena di Verona, Festival d’estate 2020
“PUCCINI GALA”
Direttore Andrea Battistoni
Maestro del Coro Vito Lombardi
Soprani Eleonora Buratto,  Hui He, Maria José Siri

Tenori Marcelo Álvarez, Carlo Bosi, Piero Pretti
Baritono Alberto Gazale
Bassi Dario Giorgelè, Gianfranco Montresor

Voce Bianca Marco Bianchi
Orchestra e Coro dell’Arena di Verona
Giacomo Puccini:”Le Villi”: La Tregenda | Coro Evviva i fidanzati!
“La Bohème”: Che gelida manina…Sì. Mi chiamano Mimì… O soave fanciulla
“Madama Butterfly”: Un bel dì vedremo – Coro a bocca chiusa –
Tu, tu piccolo Iddio!
“Manon Lescaut”: Intermezzo | Sola, perduta, abbandonata
“Tosca”:Tre sbirri… una carrozza… Te Deum – Vissi d’arte –
Atto III
Verona, 22 agosto 2020

Dopo Gianni Schicchi, di cui abbiamo già riferito a parte, l’omaggio pucciniano è proseguito con una serata interamente dedicata, come già fatto con i gala per Verdi e Rossini. Un galà, accanto ai brani arcinoti, ha visto risuonare anche le note dell’opera-ballo Le Villi, lavoro che segna l’esordio teatrale del venticinquenne maestro, titolo mai rappresentato in Arena e perciò una chicca per il pubblico dell’anfiteatro. A dirigere l’orchestra e il coro della Fondazione c’era la bacchetta del veronese Andrea Battistoni, ormai di casa al Festival e al Teatro Filarmonico; particolarmente versato nel repertorio pucciniano, ha galvanizzato i complessi areniani infondendo energia e trovando i giusti spiragli di luce sinfonica di cui brilla la scrittura musicale del sor Giacomo. Particolarmente affascinante, e non poteva essere altrimenti, la sua lettura del celebre Intermezzo di Manon Lescaut nel quale ha cercato (ed ottenuto) una tavolozza timbrica raramente ascoltabile in grandi spazi aperti.
In apertura, dicevamo, le Villi con l’intermezzo la Tregenda e il coro Evviva i fidanzati! La prima, che richiama la tarantella in una sorta di fanfara delle vendicatrici, ha elettrizzato il pubblico preparandolo al corposo programma del concerto e il trascinante ritmo di valzer del secondo brano ha rivelato quelle velleità pucciniane meno note e presenti nella concessione operettistica de La Rondine del 1917. Se è vero che molto de Le Villi è stato assorbito da Mascagni, altrettanto palesi sono le influenze d’oltralpe sull’invenzione melodica di Puccini oltretutto pressato dai soffocanti tempi di consegna della partitura che partecipava al primo concorso Sonzogno. A seguire, la delicata parentesi de La bohème con l’incontro tra Rodolfo e Mimì nella gelida soffitta: le due celebri arie erano presentate da Piero Pretti ed Eleonora Buratto che hanno poi concluso la scena col finale del primo atto, O soave fanciulla. Il nuorese Piero Pretti (Rodolfo), ha una bella voce dal timbro smagliante opportunamente controllata nel rendere l’approccio amoroso del timido e sognante poeta squattrinato; il suo acceso lirismo ha condotto in porto con sicurezza Che gelida manina concluso un bel do riproposto nel seguente duetto finale. A condividere il momento con lui vi era il soprano mantovano Eleonora Buratto una garbata, e civetta al punto giusto, Mimì. Hui He è una presenza ormai consolidata a Verona, fin dal 2002, dove ha vestito i panni di Liù, Tosca e Cio Cio San oltre ad alcuni ruoli verdiani. Come Cio Cio San è tornata non deludendo le aspettative del suo pubblico anche se la voce mostra delle disomegeneità nei  registri, ma sempre di straordinaria tensione emotiva: Un bel dì vedremo e Tu, tu piccolo Iddio sono stati due momenti di particolare intensità drammatica con accenti difficili da rendere negli spazi aperti ma risolti, come già detto, con  mestiere. Sorvolando sull’inflazionato Coro a bocca chiusa, sempre suggestivo ma, ahinoi, ai limiti dell’udibilità (non sempre i pianissimi ricercati possono risultare efficaci) e coperto dall’orchestra, la serata è proseguita nel nome di Tosca con il Te Deum conclusivo interpretato dall’ottimo Alberto Gazale, baritono di spiccata intelligenza musicale e dotato di una vocalità di grande impatto sonoro. Peccato solo che la sua esecuzione sia stata disturbata dalle cariche a salve dei cannoni (sembravano più moschetti) esageratamente  forti e fastidiosi. Maria Josè Siri, anch’essa eroina pucciniana (consacrata dalla Butterfly scaligera del 2016) ed interprete raffinata, non è parsa perfettamente in forma. In sola, perduta e abbandonata si è avvertita qualche  disomogeneità prontamente riscattata dal tono intenso del Vissi d’arte nel quale si è avvertita una maggior sicurezza e padronanza del ruolo. A conclusione della serata l’intero terzo atto di Tosca che vedeva, accanto alla Siri come Cavaradossi, Marcelo Álvarez. Il tenore argentino, che in questi anni aveva deliziato il pubblico areniano con prestazioni smaglianti, qui ci è parso decisamente in affanno, non sempre allineato con l’intonazione. A completare i ruoli di questo atto terzo pucciniano: Carlo Bosi, Dario Giorgelé, Gianfranco Montresor e Marco Bianchi. Difficile ancora una volta giudicare la prestazione del coro, costretto ad una disposizione innaturale che ne compromette talvolta la proverbiale puntualità ritmica ma del resto sappiamo quanto possa essere difficile cantare senza sentire le altre sezioni. Non si poteva concludere il Gala Puccini senza bis, concesso con il finale di Turandot: l’apoteosi ha calato il suo sipario ideale su una serata nel complesso positiva, in attesa degli ultimi due appuntamenti di queste arena in tempo di covid. Foto Ennevi © Fondazione Arena