Gaetano Donizetti (1797 – 1848): “L’ange de Nisida” (1839)

Opera in quattro atti su libretto di  Alphonse Royer e Gustave Vaëz. Joyce El Khoury (Contessa Sylvia de Linares), David Junghoon Kim (Leone de Castaldi), Laurent Nouri (Don Gaspar), Vito Priante (Don Fernand d’Aragon), Evgeny Stavinsky (Il monaco/ il padre superiore). Royal Opera Chorus, William Spaulding (maestro del coro), Orchestra of Royal Opera House, Mark Elder (direttore). Registrazione. Londra, 18 luglio 2018. 2 CD OPERA RARA ORC58

Donizetti arriva a Parigi nel 1835 con la speranza di occupare lo spazio lasciato libero da Rossini e con la  benedizione del pesarese ben disposto nei confronti del giovane compositore pronto a rinverdire i fasti italiani sulla prima piazza d’Europa. Il soggiorno francese di Donizetti  non fu però fortunato: dopo il rifacimento, e il buon esito, di alcuni precedenti italiani: “Lucie de Lammermoor” (1839), “Les martyres” (1840), le migliori soddisfazioni si realizzarono all’Opéra Comique (“La Fille du régiment” 1840) e il Théâtre-Italien (“Don Pasquale” 1843) mentre all’Opéra molti dei progetti più interessanti falliron, come “L’ange de Nisida” e “Le Duc d’Albe”. Unico successo su queste scene  “La favorite” in cui andarono a confluire buona parte della musica composta per “L’ange de Nisida
Quest’ultima opera, considerata a lungo perduta,  fino alla riscoperta di una giovane musicologa italiana, Candida Mantica, che partendo dai materiali originali, ha riscostruito la partitura, sulla quale poi si operato il completamento dei recitativi e dell’orchestrazione ad opera di Martin Fitzpatrick.
L’ange de Nisida” ricorda moltissimo “La favorite” e non solo per il travaso di tanta musica. La vicenda è pressochè analoga nelle linee essenziali, si ritrovano gli stessi snodi fondamentali e le  tematiche. Quello che appare totalmente diverso è la “tinta” dell’opera: ne “La favorite” la vicenda assumerà i toni di una tragedia a tinte forti, mentre qui prevalgono atmosfere più patetiche, con venature comiche. A tale proposito il rilievo dato al ruolo dell’intrigante Don Gaspar, molto più presente che nella “Favorite” e qui affidato a un autentico basso buffo. La sua aria di sortita “Ma puissance n’est pas mince” confluirà senza modifiche di sorta nel “Don Pasquale” diventando “Quel fuoco insolito”. Il clima dell’opera è quello  di un’elegante corte cavalleresche. Solo dal IV atto compaiono atmosfere più austere, che sono poi quelle che confluiranno ne “La favorite” ma che comunque qui sono stemperate in sfumature meno cupe.
Registrata in occasione della prima londinese, in forma di concerto, a Londra nel 2018,  questa incisione Opera Rara ci permette di scoprire L’ange de Nisida un titolo che – nonostante le tante somiglianze con la successiva “La favorite” – non manca di qualità e di una propria peculiarità che la rende estremamente godibile, e non  un mero esercizio culturale per comprendere la genesi del lavoro definitivo.
Mark Elder è un direttore di grande esperienza e capace di adattarsi molto bene ai vari autori affrontati nella lunga ed ecclettica carriera.  Qui fornisce una lettura curatissima, molto elegante, perfetta per rendere lo stile aulico e araldico di tante pagine della partitura. Esperto direttore d’opera accompagna con attenzione le voci. Il direttore ha una rodata sintonia con i complessi londinesi la cui buona qualità complessiva contribuisce alla perfetta tenuta dell’insieme.
Il giovane tenore coreano David Junghoon Kim nei panni di Leone de Castaldi – il futuro Fernand – ha forse l’impegno più ostico, la sua parte è musicalmente quasi analoga a quella dell’opera maggiore e i confronti sono ovviamente autentici macigni. Il cantante si impegna,  la voce è nell’insieme piacevole, anche se una certà “leggerezza” del corpo, crea qualche disagio nei momenti più concitati della partitura. A ciò va aggiunta una mancanza di autentica personalità interpretativa: tutto corretto ma senza lasciar segno.
Meglio – seppur non esente da pecche – la Sylvia de Linares di Joyce El Khoury. La parte è  di soprano corto quindi non particolarmente sfogata in acuto. Nonostante questo si nota qualche durezza quando la linea sale e il timbro manca di quella luminosità angelica  di Silvya, il tratto caratterizzante che  la distingue dalla successiva Leonore. La El Khoury conosce però bene questo repertorio e lo affronta con gusto ed eleganza e la si apprezza per l’ottimo controllo del fiato e le belle mezzevoci; si cala poi con convinzione nel personaggio dandone convincente lettura sul piano espressivo.
La parte del Re non prevede qui pagine  solistiche, ed è un vero peccato perché Vito Priante ne sarebbe stato un ottimo interprete:  musicalità impeccabile, una esemplare tornitura del canto espressa da una voce nobile, bella, che ben si adatta alla scrittura donizettiana – specie per un ruolo così nobilmente cavalleresco come questo – e lascia prevedere un luminoso futuro per le parti da grand-seigneur del repertorio verdiano.
Egregio  Laurent Naouri nei panni buffi di Don Gaspar. Ironico, sornione, intrigante, facilissimo nel canto – i sillabati sono sciorinati in modo esemplare. Difficile immaginare interprete migliore per questa reinterpretazione alla francese dello stile buffo italiano. Evgeny Stavinsky ha sia la ieratica autorevolezza del monaco-legato pontificio nella scena della maledizione sia la compassionevole sobrietà del frate superiore nella scena con Leone dell’ultimo atto oltre a sfoggiare una bella voce di autentico basso.